«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno V - n° 7 - 31 Dicembre 1996

 

Consorterie moderate e questione sociale
 

«Un giorno un uomo lo fece entrare in una casa riccamente arredata e gli disse: "Mi raccomando, non sputare per terra". Diogene, che aveva voglia di sputare, gli sputò in faccia, gridandogli che quello era l'unico posto sporco che avesse trovato e dove potesse farlo»

Diogene Laerzio

 

Un giorno, se mai esso verrà... Il giorno in cui l'italiano, messe in disparte le proprie preoccupazioni, spento il televisore, lontano dal quotidiano rullio dei tamburi si fermerà a riflettere e passerà in rassegna gli ultimi cinquant'anni, quali pensieri attraverseranno la sua mente?

Saranno di rabbia o di cadaverica rassegnazione? L'una o l'altra non potranno dare risposte alle sue domande perché egli non sarà in grado di motivarle. L'attitudine a sceverare gli è sconosciuta; infatti, la limitazione tra le concezioni che gli si son poste dinanzi, che lo hanno trasbordato dall'una all'altra sponda, lo hanno ridotto ad oggetto. Sottoposto alla manipolazione di esseri mediocri, ne accetta l'imperio. I potenti favellano di libertà. La loro... Prendono per le mele.

E per dare un esempio di quanto ciò sia vero, basta rileggersi i concetti che un cosiddetto sociologo, Alberoni, ha avuto la faccia (posteriore) di sciorinare su "Il Corriere" (16.12.1996) sotto il titolo: "Libertà è anche poter chiedere gli spaghetti al dente". Scrive: «Ho scoperto la civiltà e la libertà negli alberghi americani che mettono in ogni stanza un termostato con il quale ciascuno sceglie la temperatura che preferisce [.,.] Questo piccolo strumento (il termostato, N.d.R.) è sempre rimasto, ai miei occhi, un aggettivazione della libertà, l'espressione dello spirito di un popolo che ama la libertà».

Ebbene, se un docente di sociologia si mette in cattedra -con "Il Corriere" che ne ospita le «dotte» elucubrazioni- per identificare nel termostato l'«oggettivazione della libertà» fidando nella noncuranza -o insipienza- dei lettori, le mie mucose si infiammano e vomitano. Su quel muso, su questi quotidiani, su queste istituzioni e sugli uomini che le rappresentano.

Elementi che sono l'infimo prodotto di una società di mediocri. Individui la cui unica preoccupazione è la ricerca di accordi trasversali al fine di rafforzare il loro immeritato potere. Questo è, alla fin fine, lo scopo del loro stomachevole e assordante ciarlìo sulle riforme. Al di là delle loro ovattate e dorate bomboniere, il loro sguardo non arriva: non vedono le insane periferie; la spaventosa amplificazione delle diseguaglianze sociali; la povertà che, oltre alle «normali» (per i potentati economici) sacche di emarginazione e disoccupazione, avvolge ormai, nel suo lugubre squallore, anche chi ha una occupazione.

Socialismo? Comunismo? Fascismo? Giustizialismo?

Ogni qualvolta vede la luce un culto per un ideale, immediatamente, i fruitori dei privilegi che possiedono i mezzi, la potenza e la ricchezza riescono, con astuzia, a domare le intransigenze teoriche con il compromesso e la corruzione. E gli ex-rivoluzionari, domata dagli anni e dalle avversità la giovanile fierezza, si acconciano a servire lo stato benpensante, salendo al governo, nulla del passato rinnegando che nulla hanno da rinnegare. La loro psicologia è divenuta quella dei loro avversari: scettici e privi di fede. Sicché l'intrigo, l'individualismo, la brama di capeggiare crescono a dismisura a scapito di quelle virtù e di quei valori che quell'ideale, quel mito -se mai vi hanno creduto- potevano rappresentare.

Se ieri Marx teorizzava la «lotta di classe» che vedeva due classi contrapposte, la borghesia e il proletariato, oggi si profila, anzi, esso è necessario, uno scontro frontale di maggiore violenza: la lotta del lavoro e del sangue contro il potere finanziario e la sua sfrontata arroganza. E il lavoro, ovvero il «governato», può vincere. Purché riesca ad appropriarsi della cultura, del ragionamento bensì, ma senza per questo rinunciare alle decisioni audaci. Anche cruente.

Un giorno, se mai verrà... Il giorno in cui ad ogni angolo di strada delle nostre città, dei nostri borghi, sarà eretta una forca, quel giorno -se verrà- si saranno risvegliate le coscienze.

a.c.

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