«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno V - n° 7 - 31 Dicembre 1996

 

le lettere

Una difesa d'ufficio
 

 

Mio caro Carli,

permettimi di intervenire in quello che mi è sembrato irreale e irrealizzabile, l'allontanamento più o meno consensuale di Vita Errico dalla tua ottima creatura.

Cosa dire? Cosa pensare? Perché? Che adesso Errico sia diventato un tatarellide o un berlusconide, determinando inevitabilmente con ciò il distacco da parte tua? Non può esserci altra spiegazione perché vi è incompatibilità grave, crisi di rigetto quando in un corpo anti liberaldemocratico si vanno ad innestare elementi (virus o butteri, scegli tu) di ceppo pericolosamente democratico e liberale. Non mi pare che Errico abbia fatto questa scelta alla corte del Pinuccio «volemose bene» nazionale o peggio come ingrediente pepato alla insipida cucina di Silvio.

Mi pare, invece, che Errico con grande lealtà e con la chiarezza consueta abbia solo manifestato una certa insofferenza per la retorica, per le declamazioni di principio, per le scelte di campo inconcludenti, per le idee irrealizzabili, per le utopie magari belle ma senza alcun costrutto.

Qual 'è la colpa di Errico o di quanti come lui? Quella di aver espresso attenzione e/o simpatia per Blair? o quella di aver grande rispetto per qualche illustre figlio della sempre perfida, oggi più di ieri, Albione. Beh, piaccia o no, anche Pino Rauti nel corso del I congresso nazionale del MSFT ha fatto lo stesso (apprezzando Blair) e poi dichiarando che la Fiamma non si posizionerà mai a destra ma cerca, disperatamente cerca il confronto a sinistra, preferibilmente con RC. L'ho sentito io con le mie orecchie, e ti assicuro che ci sento benissimo e non sono ancora rincitrullito. Quale può essere altra colpa di Errico?

Quella di aver fatto la scelta più difficile, più ardua, più dura che si possa fare: dare un po' di credito all'Ulivo (alla parte meno demitiana) e cimentarsi con la realtà fuori dagli schemi ortodossi, quelli cioè del conformismo più pavido. Io infatti non avrei il coraggio di farlo, come forse neanche tanti altri tuoi lettori o redattori. E più facile continuare per abbrivio che fermarsi e decidere di cambiare percorso.

Ma cambiare percorso può significare, secondo te, cambiare la mèta? E cioè può significare cambiare la pelle, cambiare l'animo, cambiare le sofferenze che hanno costellato la vita di Errico, o la tua, o la mia o quella di tanti di noi? Significa forse cambiare il bagaglio di idee, di valori spirituali come quelli materiali? Significa che Errico è diventato un carrierista o un comodone, uno che gradisca maggiormente poltrone e vantaggi rispetto al rovaio di spine che la sua cultura -senza soluzioni di continuità- gli porrà davanti. (Pessima difesa, avv. De Luca, proprio perché d'ufficio: a chiusura della frase hai apposto un punto fermo! N.d.R.) Credi che Errico da assessore del suo paese accetterà compromessi con la sua cultura e con il suo cuore? Nessuno di noi, per come è temprato dalla realtà più dura vissuta per decenni sempre sulla barricata più scomoda e più solitaria, può tutto ad un tratto scoprirsi ricco di superbia e deficitario di umiltà, come sembra che abbia scoperto tutto ad un tratto proprio tu.

Non ti conosco personalmente, caro Carli, ma da quei pochi incontri telefonici capitati e soprattutto da quello che tu hai insegnato a me con i tuoi scritti, non riesco a capacitarmi della scarsa comprensione che manifesti in questa occasione.

Come può essere che un tuo collaboratore ultra decennale possa avere smarrito la strada? Come può essere che un tuo collaboratore ultradecennale sia da te così poco, oggi, capito e apprezzato? Ritengo, per avviarmi rapidamente alla conclusione sorvolando su quanto ancora vorrei dire per economia di spazio e di tempo per te (e per i lettori, nel caso volessi dare pubblicità a queste mie povere considerazioni) che Errico o chi per lui, a mio avviso, è con noi (e io con lui) come prima e più di prima; la differenza è che io mi trastullo beatamente ancora con le belle teorie, quelle che mi fanno sognare ad occhi aperti (la dignità del lavoratore come soggetto e non come mercé alla stregua di uno scampalo di magazzino per esempio) e lui ha invece voluto passare, forse poco beatamente, ai fatti. Sono pure convinto che qualora i fatti (lo vedremo presto alla prova nella qualità di assessore) non potranno essere piegati alla sua cultura e alle sue idealità, subitamente riprenderà in toto la sua libertà... convintissimo che conserverà la forza di reagire alle delusioni rimanendo in piedi in un mondo in rovina.

Spero che in quel momento si abbia la comprensione sufficiente per accogliere il figliol prodigo. Del resto tale comprensione non è mancata a Chianciano per i reduci tardivi di Fiuggi (se ti riferisci alla Mussolini, è ritornata a passeggiare in via della... Scrofa: nomi e destini! N.d.R.), figuriamoci se potrà mancare a un fratello... in camicia rossa (come il famoso nonno prima e ultima versione).

Insomma anche Ankar (ved. p. 27 nella recensione del libro "Ciao, rossa Salò") auspica il superamento delle fratture del '14 e del '21, ergo... siamo seri e coerenti. Mi auguro che tu voglia apprezzare la spontaneità di questa mia perché è certamente preferibile cantarsele in diretta e in faccia piuttosto che far crescere il mugugno, anche se non ti nascondo che ho il timore di apparire ai tuoi occhi non solo superbo e immodesto ma anche sciocco e ingenuo. Comunque mi piace correre il rischio. Del resto sai che quando ti mando il mio piccolo contributo lo accompagno sempre con la didascalia «viva il dissenso».

Ti ringrazio per l'attenzione e ti invio un forte abbraccio.

 

Carlo De Luca

Conversano – BA

 

*   *   *

 

Caro De Luca, apprendo -sei tu a darmene notizia- dell'incarico di assessore assunto da Vito Errico. La replica, alla tua lettera, è tutta qui.

a.c.

Indice