«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 1 - 15 Febbraio 1997

 

Una presenza necessaria

 

«Le religioni muoiono, sono esangui e l'uomo attende nuovi dèi. Nessuna immagine del vivere civile può sostituire gli dèi. Ma il destino degli uomini può costituire ancora una ragione di vivere. Se le nostre vite sono condannate a trascorrere nella notte, la gioia di costruire, la gioia di dedicarsi, la gioia di amare ed anche il sentimento di aver compiuto lealmente il proprio mestiere d'uomo, costituiscono sempre l'ancora nella quale possiamo sperare»

Maurice Bardèche

 

Capita molte volte di sentirci chiedere quale sia lo scopo di questa rivista; se essa non sia poi, in fin dei conti, altro che un ruscello senza sbocchi nel grande fiume della politica. La politica -ci viene detto- non la si fa al di fuori delle strutture organizzate. Dopodiché, credendo superbamente di aver pronunciato frasi di compassionevole solidarietà o di avere involontariamente offeso la nostra suscettibilità, vi si aggiunge la costrizione, non richiesta, di attestazioni di stima per il nostro lavoro. In maniera ostentata e leziosa. A questi tapini va tutta la nostra noncuranza. Infatti, non siamo alla ricerca di stima o di benemerenze, bensì di uomini da stimare. Non siamo pecore matte, ma faziosi, credenti, pazzi che rigettano la volgare saggezza, animati da odio ideale. Odio per una società governata dalle leggi dell'economia e del denaro perché ciò significa che presto, molto presto, alle rivendicazioni che verranno dal basso, saranno opposte la polizia e le forze della repressione. Odio per la mediocrità assurta al vertice delle istituzioni. Odio per i bene stipendiati che predicano sacrifici.

Ecco la necessità della presenza di questa rivista. Abbiamo un dovere da assolvere: dare una definizione di noi stessi e, su questa base, andare agli incontri con gli altri. E abbiamo, anche, il nostro passato da rimeditare. Se la nostalgia intransigente ci ha difesi e ci ha tutelati negli anni bui del muro contro muro, oggi, nel clima mutato, quella nostalgia deve essere arricchita di altri contenuti. Contenuti che fanno parte, a pieno titolo, del nostro orgoglio storico e culturale. Contenuti non a mo' di zattera, ma di ricucitura, di riconciliazione storica tra le forze rivoluzionarie. Tra gli italiani. Noi siamo lì a testimoniare che tutti gli elementi di ricucitura fanno parte del nostro bagaglio esistenziale. Siamo tutti figli delle rivoluzioni che hanno scosso questo secolo e se si vuole ricondurre a unità, quest'Italia scissa, dura, lacerata, è giocoforza far cadere ogni antistorico antagonismo. La nuova fase non può essere che la ricomposizione. Con una operazione culturale che, pur stentando, deve prendere corpo.

Altrimenti rischiamo di finire, tutti, inghiottiti nella stessa melma moderata e ad ingerire il micidiale pappone neocapitalista. Dobbiamo chiederci perché le idee girano a vuoto in Italia. E le risposte ci sono: perché mancano i fatti; non accade niente; si crepa di noia. Anche coloro che, a sentirli, credevano di avere vinto, anche loro sono con l'acqua alla gola. Non hanno più neppure una parvenza di espressione politico-geografica. Quale destra? Quale sinistra? E l'altro rischio che si corre è quello di vedere diluiti, nel nuovo feudalesimo, i fermenti estremistici. Un rischio serio: che tutto finisca con l'eliminazione dei due contendenti (destra radicale e sinistra radicale, tanto per dare una definizione ad essi), epigoni della seconda guerra mondiale, con la definitiva vittoria di chi è stato sempre alla finestra.

Ecco i motivi della nostra presenza. Perché ci sia sempre, negli uomini non ancora omologati, il seme del dubbio e la possibilità di scegliere: o dentro il sistema, o contro il sistema. Nel luglio 1991, noi scegliemmo apertamente di stare contro il sistema - seppur essa scelta fosse già palese anche quando rivestivamo cariche dirigenti in una struttura politica che ci stava molto stretta.

Ed è perciò, che mentre cultura religione politica, sono divenuti strumenti finalizzati ad un solo scopo, ovvero consumare di più per rendere l'uomo definitivamente assoggettato all'incondizionato dominio dell'economia, noi abbiamo un altro proposito: oltre che cercare di fare al meglio il nostro mestiere di uomini, siamo alla ricerca di uomini da stimare. Sappiamo che ci sono.

a.c.

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