«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 1 - 15 Febbraio 1997

 

Quei sassi, così uguali... così diversi
 

Fischia il sasso. Ma non lo scaglia la mano tesa di un piccolo eroe intrepido, «gigante della storia». Nessuna energia attiva lo fa muovere. Precipita per gravita da un anonimo cavalcavia di un'anonima autostrada. Giù, verso il lungo filo di scatole metalliche, ordigni di morte. Chi l'ha portato fin lassù? Chi l'ha lasciato cadere? Un uomo, un teppista, un folle, un fantasma... che differenza fà! Violenza cieca: più un impulso postero che un istinto primordiale.

Analisi psicologiche e psicosociali si mescolano a proposte consolatorie di coscienze pavide: telecamere sui cavalcavia, taglie sui colpevoli. Esorcizziamo la colpa. Quei crimini non ci riguardano. Sono fuori di noi. Le telecamere saranno la prova certa della nostra innocenza. Approssimazione e tanta ipocrisia scendono a valle come i detriti di una società malata, nel fiume di cronache e commenti.

Fa parte dell'uomo la violenza. E dentro di sé, nella sua «natura». Eppure quei sassi, a chi voglia ben osservarli, appaiono così innaturali. Privi di energia, privi di traiettoria, senza un fine, un oggetto. Si lasciano cadere e fanno il paio con coloro che li hanno raccattati, da qualche parte, sul greto di un torrente, in una cava rocciosa... Senza energia. Senza un fine. Al di fuori di ogni relazione causa-effetto. Figli di un'angoscia esistenziale che genera angosce di morte. Paure senza oggetto. Come i sassi del cavalcavia. Violenza cieca e, perché no?, contro «natura». Fa il paio e il callo con le violenze di tutti i giorni, per le quali non possiamo invocare il rassicurante scudo della follia. Bambini affamati, bambini picchiati, stuprati, massacrati, comprati e venduti, per sesso, per un rene. E gli altri, i fortunati, lasciati ad incubare davanti al televisore. Wanted. Cercate il folle. Riaprite i manicomi. Dateci un referendum.

Violenza cieca, contro natura. Come morire per strada di droga o d'inedia. Come i ghetti metropolitani. Come l'apatia, I'indifferenza. Sassi che si lasciano cadere. Come lasciarsi camminare. Soli. Sempre più soli, nel grande villaggio, nel grande termitaio. Come lasciarsi morire, intorno ai vent'anni. Duemila meno tre. Qualcosa s'è rotto. Il filo dell'esistenza e della storia, degli uomini, dei popoli, spezzato tra le bancarelle del libero mercato.

C'era una volta il West. Luccichio di Borse, pepite, winchesters a testala nucleare e quoziente intellettivo superiore alla media. Duemila meno tre. Recuperare i capi di quel filo per dare un «senso» ed un fine alla vita. Due occhi ed un oggetto alla violenza. Prima del buio, della lunga notte. Fischia il sasso. Il braccio teso da rabbia antica e nuova. Distillata nell'anima. Dipinta nello sguardo profondo. La pietra sibila verso l'autoblinda, un'altra verso il casco del soldato. Toccata e fuga: il giovane palestinese corre zig-zagando. Tra gli spari. Cade a terra. Accarezzato dalla kefiyyah, il volto mostra orgogliosamente una smorfia. Come un sorriso.

Scene da Gaza. Intifada, rivolta delle pietre. Per chiedere libertà, indipendenza, giustizia. Piaccia o non piaccia, questa violenza è naturale. Ha un oggetto, un fine. Procura morte per riaffermare il diritto alla vita, alla Terra, alla Patria. Wanted. Ecco il folle. Le orde di democratici massacratori in doppiopetto hanno il confessore personale in servizio permanente effettivo. Ego te absolvo. Quello, invece, è condannato. La sua coscienza è una spremuta di lacrime e sangue. Vada all'inferno. Nudo. Tutt'al più in mutande. I sassi sono uguali solo sul greto del fiume. Verrà il giorno in cui, anziché arrivare su un anonimo cavalcavia per esser lasciali cadere, saranno scagliali contro queste società malate di egoismo, ciniche e vuote. Verrà il giorno della grande Intifada contro l'Occidente. Parole dure? Come le pietre, appunto.

Beniamino Donnici

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