«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 2 - 31 Marzo 1997

 

le interviste impossibili di Benito Brigante

È Massimo il migliore
 

«Niente da fare. Scordatela l'intervista. Ha fatto una strappo l'8 marzo, non per la festa della donna, ma perché a Fuccillo l'aveva promessa da tempo» Ci fosse stato uno spiraglio, Marco Minniti mi ci avrebbe infilato. Qualche anno fa, a Gambarie d'Aspromonte, quando di qua dello Stretto non lo conosceva nessuno, gli avevo pronosticato un grande avvenire politico. Per via della pelata, prima ancora che per l'eloquio raffinato, l'intelligenza e la determinazione. Da allora, immagino, quell'anonimo funzionario di federazione, attuale «alter ego» di D'Alema, mi serba amicizia. Nonostante il mio nome lo disturbi non poco.

«Dunque non puoi?», provo ad insistere. Quasi si infastidisce: «Senti, il protocollo è rigorosissimo. Nuovi occhiali, nuove cravatte, nuova immagine. Niente interviste, niente televisione... se vuoi te lo presento. Ti spaccio per un carissimo amico ed un suo estimatore... d'accordo?» «In un certo senso lo sono», aggiungo, senza approfondire. «D'accordo, ci vediamo domani, alle 9 in punto, nel mio ufficio».

Il giorno dopo Gargonza, alle 9 in punto. Nei corridoi del Bottegone l'eco delle erudite polemiche uliviste, proveniente dai torrioni dell'ultimo castello, trova poche sponde. Qui si fa politica. Mentre mi offre gentilmente un caffè, Minniti mi informa che il Segretario è in riunione con Salvi e Mussi. Stanno studiando i dettagli dell'iter parlamentare e valutando eventuali imboscate per la «manovrina». Rifletto: da dove potrei cominciare? Da Togliatti, di cui sembra quasi la reincarnazione, per quell'abilità nel cercare e trovare il compromesso giusto al momento giusto? Dall'ultimo congresso del PDS, quello dell'apoteosi? Via, sarà solo una chiacchierata. Però... in poco più di un lustro «baffino» ha davvero sbaragliato il campo. Ha regolato i conti con Occhetto. Ha conquistato il partito ben al di là dei numeri congressuali. Ha portato la sinistra italiana, post-comunista e neo-comunista, al governo del Paese. E da Presidente della Bicamerale, sol che mettesse in cantiere uno straccetto di riforma... chi potrebbe contestarne la candidatura a premier?

Del resto, con tutte le mezzefigure e mezzetacche di cui è popolata la politica italiana, D'Alema sembra proprio di un altro pianeta. Qualcuno per telefono informa Minniti. «Coraggio, ti sta aspettando. La porta in fondo, a sinistra naturalmente». «Come? e tu non accompagni?», replico con un po' d'imbarazzo. «Vai, vai, sa già tutto... anche dell'intervista».

Busso, delicatamente. «Venga, Brigante, si accomodi». È in piedi, mi offre la mano, torna a sedere. «Per chi scrive», mi chiede incuriosito. «Per "Tabularasa"», replico esibendo disinvoltura. «Ne ho sentito parlare, forse ho letto qualcosa...»

Rilancio. Segretario, le domande dovrei farle io... che effetto le fa questo successo? Lo aveva previsto, in questi termini?

«Non mi esalto oggi, non mi deprimevo ieri. Le grandi vittorie politiche sono il prodotto di una paziente costruzione dove nulla va lasciato al caso. No. Non ho mai dubitato del successo... certo non potevo prevederne i tempi, né le dimensioni»

Dunque non dubita che alla une di questo percorso arriverà la guida del governo?

«In politica nulla è scontato, né definitivo. Ma non creda che si possa coinvolgere il più grande partito della sinistra italiana in un processo di trasformazione del Paese così profondo e, per certi versi, doloroso, senza che preventivamente si stabiliscano percorsi e contropartite»

Questo percorso, ovviamente, presuppone che la Bicamerale non si risolva in un fallimento...

«Guardi, io credo nella politica come assunzione di responsabilità. Il fallimento della Bicamerale avrebbe certamente delle conseguenze negative che trarrei, personalmente. Nell'ipotesi contraria, che auspico e della quale sono assolutamente convinto, saranno gli altri a tirare le somme. Anche in politica ci sono situazioni in cui due più due fa quattro»

E quali riforme pensa usciranno dal cilindro della Bicamerale?

«Questo dipenderà dalla capacità dei partiti di trovare ragionevoli ed utili mediazioni. Né io sono così ingenuo da anticipare i miei convincimenti, svuotando la funzione istituzionale del Presidente della Commissione...»

Ma ci dica almeno in materia elettorale...

«Se dovessi interpretare gli umori prevalenti, penserei ad un maggioritario a doppio turno, ma bisognerà trovare il modo di salvare quote significative di proporzionalità. La situazione italiana è affatto diversa da quella dei Paesi anglosassoni. Ci sono da noi specificità, tradizioni, se vuole anche egoismi ed interessi che non è possibile, né auspicabile azzerare. Le forzature potrebbero essere pericolose; generare tensioni e conflitti e di questo non abbiamo davvero bisogno»

Dunque il bipolarismo...

«Guardi io non mi scandalizzo se, in prospettiva, le aggregazioni dovessero diventare tre o quattro. Anzi, probabilmente dovremmo tendere a questo obiettivo. Su un punto bisogna esser chiari: va garantita l'alternanza tra ipotesi contrapposte di governo in un quadro di regole certe che garantiscano maggioranza ed opposizione»

E perché questi affascinanti (sic!) itinerari passerebbero per l'inciucio?

«Inciucio. Consociativismo. Gli italiani, particolarmente i giornalisti, hanno una grande attitudine alla drammatizzazione. Non solo noi meridionali, con i nostri geni magnogreci. Ma Lei crede davvero che si possa portare in Europa un Paese sgangherato come questo, imponendo sacrifici economici enormi, che avranno riverberi anche di tipo esistenziale -esistenziale, capisce!- senza una fase di comune assunzione di responsabilità da parte delle forze politiche più rappresentativa e, se mi consente, più serie?»

Ed AN è d'accordo? Come la convincerete?

«AN è ancora troppo fumo e poca sostanza. E comunque è a un bivio. Costruire il partito unico con Forza Italia, accettando di pagare un prezzo importante alla sua destra -così come accadde a suo tempo a noi con Rifondazione- oppure radicalizzare lo scontro politico e lavorare, con Segni e Cossiga, ad una prospettiva di più lungo ed incerto respiro. Credo che alla fine, dopo il rumore necessario in questi casi, opterà per Berlusconi. Immagino con difficoltà l'on. Tatarella, che mi dicono detti tempi e linea in AN, in un lavoro dalle lunghe attese e dai tempi morti. Quando Pinuccio dice "oltre il Polo" non intende "contro il Polo". È pugliese. Ha gran senso pratico. Lo lasci dire ad uno che se ne intende»

Mettiamo, invece, che AN scelga la seconda ipotesi...

«In quel caso FI sarebbe obbligata ad accentuare la sua collocazione e vocazione "centrista" e noi a dialogare con questo Centro liberal-democratico col quale, in prospettiva, competeremo. Ma parliamo di scenari futuri. Nell'immediato prevedo la ricerca, la più ampia possibile, di intese non solo sul terreno delle riforme istituzionali»

Bertinotti è d'accordo?

«Ma Bertinotti è fuori da tutto questo. Lo sa da sempre. Lui ha chiesto una duplice contropartita: tener bordone alle sue "sacrosante proteste" e conservare gli attuali numeri parlamentari.»

Segretario, quelle intese passano per la Giustizia?

«Certo che sì. Non si riforma lo Stato, non si riscrive una parte consistente della Costituzione, senza discutere di garanzie. L'equilibrio tra Poteri deve essere appunto equilibrio, non sovrapposizione, né tanto meno prevaricazione»

È questo il terreno di maggior sintonia col Cavaliere?

«Tra me e l'on. Berlusconi c'è reciproca stima ed una convergenza di analisi sui punti più importanti dell'agenda politica. Tutto il resto è pettegolezzo, cicaleccio che non appassiona»

E Bossi?

«Bossi è la vera incognita, potrebbe diventare la variabile impazzita del sistema. In quel caso bisognerà prevedere delle contromisure»

Per esempio?

«Per esempio Di Pietro. Potrebbe essere lui la carta di riserva della Repubblica, da giocare in una situazione precipitata e destabilizzata. Ma sono scenari ai quali non voglio pensare»

Un'ultima domanda, Segretario. Quali differenze potrebbe indicare per orientare la scelta di un giovane indeciso tra la sua «sinistra» e la «destra»?

«Dal punto di vista programmatico, in fasi come queste, le differenze sfumano. Si potrebbe forse riprendere l'analisi di Bobbio sulla sinistra "inclusiva", al contrario della destra. Ma sa, non mi perdo volentieri dietro le analisi dei massimi filosofi sui massimi sistemi... sembra un paradosso per uno che porta il mio nome. Le ideologie non ci sono più. I muri sono crollati e con essi miti, utopie e, se vuole, speranze. Quel che vedo oggi, in Italia, è una sinistra con una immagine migliore, una classe dirigente di buon livello, un retroterra culturale più solido della destra. E in definitiva più seria, responsabile ed affidabile. Il resto conta poco»

Anche lo Stato sociale conta poco?

«Non faccia proprio su questo il provocatore. Siamo nella fase di ristrutturazione del Capitalismo. Il problema non è solo nostro, ma di tutto l'Occidente. L'attuale modello di welfare è inadeguato ed ha costi insopportabili. I bisogni dei più deboli non possono andare oltre le risorse disponibili. Il mercato ha le sue leggi. Ed il mercato piaccia o non piaccia ha vinto ovunque nel mondo. Bisogna adeguarsi. E non si tiri fuori la solita barzelletta del liberismo selvaggio. Il liberismo è liberismo e basta. Questo il segretario del PDS lo sa, ed a differenza degli altri non è ipocrita, non alimenta illusioni»

Cappello. «Grazie Segretario, soprattutto per l'onestà». Esco. Cerco e saluto Minniti. Mentre scendo le scale rifletto a voce alta. A Milano, guarda caso, si scontreranno non la destra e la sinistra ma Fumagalli ed Albertini. Due «padroni», si sarebbe detto qualche anno fa, al Bottegone. A Milano, comunque vada, vincerà la Confindustria ed avrà anche i voti degli ultimi «proletari». Il loro capo è già sulla Thema e s'infila nella «palude» del traffico romano. Sfreccia via, veloce.

Non lascia passioni dietro di sé. Nessun entusiasmo. Solo l'ululato delle sirene della scorta. Ma quanta strada ha davanti!?

b. b.

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