«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 2 - 31 Marzo 1997

 

La coerenza, innanzi tutto!
 

Sarà bene ammetterlo. Non rientro fra gli abituali lettori di "Area".

Non basta: sin dal primo numero della brillante Rivista di Storace & C., ho stabilito e concluso che non era il caso di insistere. Certo, i colori erano allettanti, la grafica curata, ricca l'illustrazione e scelta la fotografia... ci trovavamo di fronte a pagine e pagine di gran lusso, senza dubbio; e tutte di straordinaria straripante eleganza -tipicamente storaciana, oserei dire- ma... Ma riguardo ai contenuti, beh!, erano questi a farsi desiderare; era il prodotto finito, ahimè, che a dispetto delle vistose apparenze, doveva poi risultare tanto ma tanto modesto. Di una modestia ai confini con la povertà.

Furono dunque le stelle del firmamento di quell'Area (alcune delle quali, mi sembrava di ricordare, un tempo luminose) a rivelarsi spente. Di luce, idee e dignità proprie. E così non le ho più seguite, quelle firme e quelle stelle, lungo il fastoso eppure grigio percorso destro-sociale.

Niente elemosine mensili, insomma. Avrò fatto male? Sarà stato il mio un ripetuto atto d'ingenerosità, oltre che di sconvenienza? Per farla breve, mi trovo ora in difficoltà.

Sì, perdurando la mia ignoranza sugli sviluppi della scuola di pensiero storaciano, ecco che son venuto a conoscere solo di una parte dell'intera vicenda. Ossia soltanto la metà-polemica vista da -e dalla parte di- Luca Romagnoli a proposito di una (vera o presunta) incorruttibilità degli ex di "Area" (ved. "Linea", anno 1, n° 2, pag. 2, «La Destra patinata»). Però vorrei lo stesso intervenire. E dire equanimamente la mia, se posso. Perché un paio di cose credo d'averle capite, intorno alla disputa fra fedeli ed infedeli di dentro e fuori area.

La prima. Che i neo-alleati d'ogni ordine, grado e funzione vanno classificati in: arresi, arrivisti, arrivati. Cui devesi naturalmente aggiungere la categoria dei fessi. La quale sub-specie (qui invero numerosa) non manca mai, nemmeno nelle migliori famiglie. Ma questo è un altro discorso... La seconda. Che -attribuendo una incorruttibilità di robespierriana memoria ai gestori di quell'Area- il bravo Romagnoli, e "Linea" con lui, volevano in realtà intendere e far intendere che là, su quell'area, ben poco fosse rimasto di edificante. E altresì sotto-intendere come i famosi 30 denari risultassero (mal) impegnati. In azioni, parole, opere. (Vedasi alla voce: Giudìo Maceratini, ad esempio).

D'accordo: è stato unanimemente accertato nonché assodato che quelli già si son venduti tutto e tutti. Però -obietto e aggiungo- venduti a caro prezzo, il più delle volte. Anzi, spesso si è trattato di vero e proprio affare! Con un investimento minimo, pari al valore del capitale versato, c'è chi s'è ritrovato portaborse di 1ª classe; chi intellettuale doc; chi pregiatissimo assessore; chi addirittura di più.

Sicché, con la scoperta che gli ideali più o meno giovanili poco si prestano agli interessi della maturità, è subentrata negli ex la sofferta convinzione che «una carriera politica in consiglio regionale, in Parlamento o in un giornale di partito, pur con tutti i compromessi che comporta, è pur sempre meglio di lavorare» (M. Tarchi).

Traducendo in volgare, i meno-fessi post-missini ad un certo punto si sono accorti -e prontamente decisi- al fatto che, pur con l'avvertenza di turarsi il naso, leccar culi è pur sempre meglio di restarsene a bocca asciutta. Punto.

E si vorrebbe quindi, in virtù di pur opinabili loro convincimenti, destinarli virtualmente ad un'obsoleta ghigliottina?

La moderna realpolitik -faccio notare- non lo consente... Comunque e qualunque sia il giudizio sull'umano travaglio di quegli ex (o incorruttibili, a piacer nostro), ma bisogna anche capirli, quei poveracci!

Mica l'han fatto e lo fanno per una questione d'Onore, che si chiama(va) Fedeltà. Manco per l'Idea. Bensì per l'Alternativa al Sistema. Un'Alternativa d'ordine pratico e personale, si capisce. Che il Sistema, quello di prima, non andava affatto bene. Particolarmente per la loro sistemazione.

D'altronde, la testa più chiomata di AN -quel Publio Tinto Fiori già tenutario degli interessi politici romani di Paolo Girino Pomicino, ed ora ala avanzante nell'agguerrito schieramento destro-sociale- non aveva forse detto, commosso, che con la «svolta di Fiuggi» era nata la Dicci da lui sempre sognata? Grazie a loro quel sogno è divenuto realtà. Sia pure, lo riconosco, in una diversa prospettiva di Continuità Ideale...

Ciò detto, vorrei suggerire agli amici di "Linea": OK, non chiamateli più «rinnegati»!!

Sia chiaro che nemmeno a me piace il genere di persone. Quel genere che faceva dire a Oreste Scalzone «finisce quasi sempre per rinnegare anche di aver rinnegato». Dubito però, in tutta franchezza, che per molti di quelli la definizione «rinnegati» sia quella giusta.

Orbene, per rinnegare occorre prima aver creduto in qualcosa. O in qualcos'altro. Il che, in svariati casi di comune conoscenza, appare assai improbabile (vedasi alla voce: Pinuccio Tatarella, ad esempio). Inoltre, se esiste un criterio probatorio per distinguere con sicurezza «il rinnegato», ebbene, è giusto quello che trasforma l'individuo neo-convertito in zelante, saccente, intransigente e financo fanatico propagandista della nuova fede. E vi pare, onestamente, sia il caso nostro? Cioè il loro, degli Alemanni, Accami, Bernardi e Guardi vari?!? No davvero. I presunti rinnegati dalle innocue pretese sociali; stan svolgendo il compito loro assegnato con discrezione unita a modesto spirito di servizio. Loro, in altre parole, si limitano a professare ad un tanto al chilo, moderatamente. Ed a difendere come sanno e possono le antiche credenze adattandole e convertendole alle superiori ragioni del super-Mercato. Tutto qui. Voglio dire: ma si capisce benissimo, dalle frasi fatte e loro impiegate per esigenze d'ufficio, come la Causa vera sia sempre la stessa! Quella del PNF (: Per Necessità Familiari), che riguarda, guarda caso, un figlio Nicolo.

Ovverossia che quelli -non senza timidi distinguo e verecondi rossori, ci assicurano- là si trovano e restano Per Grazia Ricevuta. O magari solo Promessa. Quale si ha nell'altro caso -raro ma particolarmente doloroso- di una mancata presidenza di provincia. Vedasi alla voce: Moffa schifo, tanto per esemplificare. ... Poveracci, appunto, e in ogni caso.

Perché mai bollarli dunque così duramente, con l'infamante epiteto di «rinnegati»?

Eppoi chi ci assicura che quelli, oltre a tener famiglia, non ci tengano in fondo anche ad una loro, personale e dignitosa coerenza? Vediamo. Leggo il 29 gennaio '97 delle sbrigative avances dell'Azzurro Cavaliere per una spinta apertura al centro degli anini; e ciò in prospettiva del Partito Unico del Polo delle Libertà e del (fu) Buongoverno.

Le reazioni dei nostri (: faccio per dire) non si sono fatte attendere: dure, sdegnate, coraggiose. «Moderati sì, ma di Centro no, perché siamo e rimaniamo di Destra» è subito insorto Gasparri. «Non ci possono snaturare»; ha protestato l'ex-soubrette di: "Scusate il ritardo". Né è mancato chi (il sig. Buontempo) ha avuto l'audacia d'invocare il diretto intervento di Lui, Gianfranco Fini, «per tutelare la dignità dell'Alleanza e di Alleanza Nazionale».

Infatti, e in conclusione, il mio vuoi essere un invito, che in quanto tale va caldamente rivolto. Ai camerati tutti di "Linea", e ai cameragni di "Tabularasa", affinchè si prenda atto dalle nostre parti che quelli -i cosiddetti rinnegati, ex e/o incorruttibili- sono a loro modo coerenti. Dello stesso tipo di «coerenza», insomma, di chi «è capace per restare fedele ai suoi princìpi, di non credere a quel che dice» (Leo Longanesi).

Prosit.

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