«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 2 - 31 Marzo 1997

 

le voci dal Mezzogiorno

Crotone: specchio della Calabria
 

Ogni volta che si parla di possibile riscatto della Calabria, oltre agli atavici mali, da più parti si auspica uno sviluppo realizzato attraverso seri progetti che tengano nella dovuta considerazione la «naturale vocazione» del territorio.

Cioè una vera e propria inversione di rotta rispetto alla sciagurata opera di indiscriminata cementificazione che, purtroppo, è sotto gli occhi di tutti. Tuttavia, al di là delle belle parole, in concreto, i pubblici amministratori non adottano alcuna azione conseguente, al fine di avviare il cosiddetto «sviluppo sostenibile». Si assiste, invece, alle solite inutili passerelle di circostanza, laddove, poco autorevoli autorità, si divincolano acrobaticamente nello squallido balletto dello scarico di responsabilità, tanto da non sapere in capo a quale soggetto pubblico o privato debbano farsi risalire quelle responsabilità.

Ed in tale desolante contesto diventa difficile immaginare degli esiti positivi, anche perché tutti sanno che, la realizzazione di ogni serio progetto turistico per la Calabria, passa necessariamente attraverso una profonda «bonifica del territorio» devastato dalla cupidigia dell'uomo. Occorrerebbe la provvida e decisa azione di incorruttibili amministratori che, purtroppo, oggigiorno, sono merce rara...

E, d'altra parte, senza tale preliminare «bonifica», diventerebbe inutile la valorizzazione di quelle risorse che, per fortuna, da queste parti ancora ci sono.

Ciò che accade in Calabria, e non solo in Calabria, può essere emblematicamente rappresentato dalla città di Crotone (ma come non pensare ad altri luoghi... mentre si scrive i notiziari annunciano i disastri della penisola sorrentina... anche quello è Sud...).

Crotone, per sciagurate scelte politiche, ha subito uno «sviluppo» industriale dagli esiti prevedibilmente disastrosi, cosicché, per qualche posto di lavoro a termine, si è barattato la cancellazione della civiltà e della storia millenarie, per sostituirle con fatiscenti ciminiere senza futuro, fino a trasformare i mitici lidi del «Mare Nostrum» in volgari pattumiere.

Chi, come il sottoscritto, ha avuto la sventura di imbattersi nell'alluvione del 14.10.1996, può capire quanto costa la nefasta azione dell'uomo incapace di rispettare ciò che, invece, dovrebbe rappresentare il valore primario di ogni popolo: la propria terra! Il giorno successivo all'alluvione di Crotone, mi ha colpito il titolo di un giornale locale che, a tutta pagina, e con tanta disinvolta stoltezza, così recitava: «Pioggia assassina». Quasi che l'evento atmosferico fosse unica e sola causa di tanto disastro, tralasciando di denunciare, non so se per distrazione o malafede, i veri responsabili in coloro che hanno gestito (vecchi e nuovi) il territorio di Crotone senza alcuna vergogna. Oggi tutti bravi ragazzi, nessun responsabile certo, mentre per anni si è consentito ogni sorta di abuso, tollerando la più diffusa illegalità.

Anni di cementificazione selvaggia ed impunita con la quale si è consentito di edificare quartieri (formicai) lungo il letto del fiume Esaro che ha deciso, adesso, la sua rivincita, riprendendosi ciò che gli era stato tolto.

Questa società malata, schiava dei consumi, produce anche questo: laddove si è capaci di accampare le più disparate pretese, senza sapere riconoscere i più elementari doveri. Si inseguono interessi particolari o di gruppo, senza più curarsi del bene comune! Ed è così che l'individuo agisce al di fuori di quella concezione Etica della vita, senza la quale, ogni comunità, grande o piccola, non può che smarrire quei Valori di cui troppi, parlano a sproposito.

Il problema, dunque, più che politico è culturale, deve cambiare l'uomo seguendo un risveglio di coscienze. Diversamente continueremo a contare i disastri, oltre che i morti. Si potrebbe cominciare rispettando le norme vigenti in materia, contrastando la criminalità che spesso controlla le attività edilizie, o non accettando quei compromessi che, nella mai superata logica del voto di scambio, determinano atteggiamenti troppo tolleranti ed omissivi nei pubblici amministratori.

L'abusivismo incontrollato, le insufficienti analisi idro-geologiche, l'eccessiva densità abitativa, l'errata localizzazione degli edifici, miscelati con l'indifferenza, la rassegnazione, l'ignoranza, l'omertà, determinano quel sistema perverso che non può che produrre l'oltraggio all'ambiente.

E la società cosiddetta «civile», che è la beneficiaria di tante nefandezze, spesso la ritroviamo nelle piazze o sui mezzi di informazione, quasi incredula di certi accadimenti.

Ma tant'è, c'è da reagire, per impedire il naufragio delle speranze, ribellandosi senza più piangersi addosso ma, anzi, ritrovando dentro di noi la giusta strada che non può che essere quella che conduce dritto verso una tradizione antica, bagnata nel Mediterraneo. E se le maggioranze hanno ben altri e perversi disegni, lasciamo che si levi, da questo Sud, bello e maledetto, un grido d'allarme.

 Vincenzo Donnici

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