«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 2 - 31 Marzo 1997

 

Memoria - Archivio

Priva di capacità la scienza politica
diventa sterile nella genesi futura di civiltà sociale

 

«Esiste una morale dei signori e una morale degli schiavi -mi affretto ad aggiungere che in tutte le Civiltà superiori e più ibride risultano evidenti anche tentativi di mediazione tra queste due morali e, ancor più frequentemente, la confusione dell'una nell'altra, nonché un fraintendimento reciproco, anzi talora il loro aspro confronto- persino nello stesso uomo, dentro la stessa anima» venne precisato prima del 1889 da F. W. Nietzsche nel suo trattato filosofico "Al di là del bene e del male" (IX, 260) quando, concependo il perfezionamento della logica nell'istituzione della dottrina sull'eterno ritorno comunque vincolato alla preminenza di rinnovamento della cultura e delle strutture sociali, evidenziò la crescente e grave decadenza del genere umano, nonostante l'incidenza della tecnologia con nuove conquiste scientifiche capaci di trasformare il perfezionamento dell'esistenza quotidiana nella società, ed è quanto fa anche da stimolo incontrollabile nei momenti culminanti di crisi sulle verità, più esattamente del vero che nel corretto avviamento all'etimologia rimane attestato nelle aree slava, celtica e germanica come severo.

Ora appunto, poco più di cent'anni da tale ammonizione già ritenuta essenziale al tramonto del XIX secolo, la necessità inderogabile di supremazia dei valori etici nello sviluppo della Civiltà si realizza con il loro sopravanzare su quelli incalzanti delle svariate sfere economiche, o dell'assiologia monetaria, verso quel futuro che unicamente gli osservanti delle teorie della plutocrazia demagogica, esplicitamente indicate da E. Mestica nel suo "Dizionario della Lingua italiana" (1941) quali strategie incettatrici, oppure gli adempimenti della dialettica neo-marxista, che neppure D. Settembrini nella sua antologia su "Il labirinto marxista" (1975) poteva congetturare tanto serpeggiante, vogliono asserragliare nella sola sopraffazione degli uni sugli altri (o viceversa) mediante la conquista conservatrice di preminenti oligarchie sui mercati finanziari di produzione e del commercio o con la sofisticazione esasperante d'una variegata lotta di classe resuscitata attraverso formule ingannevoli di .. socialdemocrazia alla John Bull (cioè neo-laburismo, senza l'inno God save theè King da acclamare) e persino del neo-comunismo, mentre nell'ampiezza della sua realtà il Progresso autentico riflette l'avanzamento del genere umano al perfezionamento di acquisizioni nel diritto, nella cultura e nell'emancipazione sociale rispetto al liberalismo di J. M. Keynes e alla "Sacra Famiglia" (1845) di F. Engels ed a "Il capitale" (3 voll., iniziato nel 1867) di K. Marx, quest'ultimi poi sfociati in quell'economia marxiana con le tesi di feticismo della mercè, sul plusvalore nella considerazione della forza-lavoro limitata a mercé, inerenti anche crescita e contraddizioni del capitalismo insieme alla massima del filosofo di Treviri che dice «Accumulare, accumulare! Questo è Mosè e i profeti!» ("Enciclopedia del Diritto e dell'Economia", 1985, Garzanti, pp. 726) e nel problema della realizzazione con la trasformazione del valore prodotto in forma monetaria, e dai quali è seguito quel modo di amministrazione produttiva che ha ridotto alla fame e allo sfaldamento l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, i Paesi suoi satelliti ed i popoli a ciò assoggettati.

 

 

Sul dovere di pensare

Diversi conflitti, e in particolare gli ultimi due ad estensione mondiale (1914-18, 1939-45), sono stati ricercati dalle oligarchie della City londinese e di Wall Street statunitense per garantire sulla Terra intera alla plutocrazia il controllo e l'esercizio del potere, ma la gravita attuale dell'espansione demografica, l'accrescimento incontrollabile del sovrappopolamento, la dilatazione della fame e la drammaticità delle esplosioni urbane in concomitanza all'inasprimento dello sottosviluppo (Manila, Caracas, Giakarta, il Cairo, Teheran, Hong Kong, Lima, San Paolo, Calcutta ecc. sono metropoli dove la miseria circonda come l'oceano la sontuosa isola della borghesia) riducono il pianeta su cui viviamo in condizioni di crisi morale e materiale senza prospettive di risanamento. Ribadiamo ciò, in quanto all'Uomo è doveroso, è indispensabile sapere contribuire all'evoluzione della Storia quale scienza della conoscenza che supera ogni altra cognizione (tesi che fu prima di Benedetto Croce e poi di Giovanni Gentile con il perfezionamento al concetto dello Stato etico) ed impegna chiunque -meglio precisare il cittadino- ad ampliare con saggezza i propri requisiti di appartenenza alla comunità della Patria (sostantivo di terra dei padri e dei figli, di culla per i Doveri e nei Diritti, per garanzia di censo) sia essa la Nazione italica o la comunità degli Stati del vecchio Continente in funzione edificante di famiglia effettiva delle Nazioni europee con il patrimonio delle rispettive arti e discipline, protesa a divulgare nelle altre parti del globo terrestre quei valori della Civiltà che si affermarono nel Mediterraneo con Atene, poi con Roma e mediante tutte le conquiste di quest'area che fecero emergere anche le migliori caratteristiche dell'ellenismo, della latinità, del movimento artistico rinascimentale e di maggiore socialità tra i popoli, distintivi questi quasi sempre vincenti, ma adesso offuscati da restrizioni e da paesanizzazioni dell'economia che riescono a frantumare il clima sano delle relazioni internazionali, sino a mortificare la concorrenza evolutiva e miglioratrice degli intelletti e delle tradizioni.

 

Grave assenza di finalità

La mancanza di queste finalità comportò disparate perturbazioni in ambito italiano, europeo e mondiale. Diverse sono le cause di ciò, ma non per la ragione che J. P. Sartre accenna tramite "L'esistenzialismo è un umanesimo" (1946) e sostenendo come noi siamo condannati a essere liberi nello spazio condizionato e ristretto entro i limiti stabiliti dalla dialettica marxista; e tanto meno per quanto specifica J. K. Galbraith attraverso "La società opulenta" (1958) a seconda del quale nella società opulenta non si può fare nessuna valida distinzione tra i lussi e le necessità, senza precisare che essendo la comunità vittima d'un consumismo senza regole morali d'equilibrio sociale, si determinano i presupposti per scontri sulle ingiustizie. Altresì, la vulgata di compromesso, di coesistenza momentanea sul piano ideologico delle élites nei vari settori d'attività culturali e scientifiche affiorate dopo la vincita militare di USA, Inghilterra e Unione Sovietica sull'Europa e sulla Nuova Asia al termine del n conflitto mondiale, non era ancora sfociata in quella guerra fredda che W. Churchill aveva predetto inevitabile nel 1946 a Fulton (Missouri) dopo la ipocrita cooperazione tra capitalismo e comunismo per abbattere le forze d'equilibrio civile dello Stato corporativo e del piano di Socializzazione mondiale. Cioè, la Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, di J. M. Keynes (1936), emersa negli USA in seguito al New Deal rooseveltiano e al potenziamento del nuovo corso mercantile attorno all'oligopolio di Wall Street, poteva soltanto fare a pugni con la programmazione inerente I problemi economici del socialismo in URSS elaborata dallo stesso Josif V. Dzugasvili (Stalin) nel 1953, perché la contrapposizione degli schemi interpretativi sulla realtà in cui il prodotto di determinate aree dipende dal livello della domanda aggregata è di ineluttabile scontro con quelli della società comunista che limita l'azione della legge del valore (ossia della redditività degli investimenti) in quanto di frequente ebbe bisogno di sviluppare l'attività di settori della produzione anche quando mancava profitto. Ad esempio, precisò Stalin, l'avere prestabilito a volte nei kolchoz il prezzo del cotone a livello più alto di quello dei cereali e di prodotti commestibili ha consentito all'economia sovietica di non rimanere senza quel suo generato, quindi a compenso insufficiente, per niente competitivo.

Nel contempo, i vincitori del II conflitto mondiale avevano demandato all'ONU -l'Organizzazione degli Stati allora ritenuti graditi per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale nel mondo, fondata a New York il 24.10.1945 in sostituzione della fallita Società delle Nazioni- il compito utopistico di fare sopportare a tutti i popoli e ad ogni economia gli squilibri dei loro compromessi, con il diritto di veto per ognuno di essi sulle iniziative mondiali non di gradimento agli anglo-statunitensi o all'URSS.

Venne così folklorizzata la quaresima più durevole della democrazia!

 

Dai piani USA al conto ECU

D'altronde, nell'Occidente europeo ogni Paese è stato testimone alquanto condizionato dall'influenza di Wall Street sull'economia in genere, ad iniziare dalla dottrina Truman quando nel 1947 gli USA subentrarono alla Gran Bretagna nel sostegno finanziario agli Stati non intenzionati a lasciarsi sottomettere dal Kremlino oppure dall'attuazione del piano Marshall allorché, nel 1948, gli esponenti della Casa Bianca -con il pretesto del sostegno yankee alla ricostruzione del vecchio Continente- consolidarono il flusso di forniture di strutture e di materie prime statunitensi nell'Europa.

Poi, la finanza, i centri bancari, le borse di contratti e per merci USA e del Regno Unito accolsero con malumore nel 1965 la trasformazione in Comunità Economica Europea delle organizzazioni per l'energia atomica (EURATOM), del carbone e dell'acciaio (CECA) e per la cooperazione economica (DECE) dato che essa coincideva alla fine della IVª Repubblica (con tanti compromessi) in Francia per l'intervento di Charles De Gaulle nel risanamento strutturale di quel Paese dai crescenti difetti dell'Ancien Regime post-bellico e il suo contemporaneo avvicinamento alla patria di Goethe, la quale -intrapresa la riforma monetaria voluta da K. Adenauer- fece scaturire il Wirtschaftswunder (miracolo economico) che la condusse nel 1989, con l'abbattimento del muro di Berlino e il ritiro dei cosiddetti alleati dalle zone di occupazione create nel 1945, alla riunificazione pacifica dei Tedeschi e all'indipendenza della Repubblica Federale di Germania, la quale però, sebbene guidata con acutezza tenace dal cancelliere Helmut Kohl, ha notevoli difficoltà da superare in assenza di un'autentica politica germanica e francese sulla creazione della CEE quale patria delle Nazioni europee.

E palese che gli Stati partecipanti alla CEE sono affaticati dall'osservanza rigorosa dei criteri di convergenza disposti dal Trattato di Maastricht il 16.9.1995 per la realizzazione dell'unione monetaria europea (UME) imponendo la stabilità dei prezzi nei mercati, dei tassi di interesse, dei cambi e delle spese della finanza pubblica (il deficit di essa in Italia ha raggiunto una quota raccapricciante, anche per l'incompetenza abissale manifestata dai partiti al governo e all'opposizione) mentre ciò evidenzia la mancanza d'una capacità di pensiero politico una buona volta idoneo a sottrarre l'avvenire delle Nazioni europee all'agguato costante di spoliticizzazione e di perversa disideologizzazione manovrato dalla plutocrazia e dalle forze reazionarie utilizzate dai post-comunisti in genere.

 

All'erta per il futuro!

Di recente, da Ronquerolles (Francia) il cultore di valori storici Giovanni Savoini -attento visore del volume "Il bel battaglione. Diario dei marò del Sagittario" (1996) della Xª Flottiglia Mas- avverte come, in riflesso dell'enfatizzazione dei criteri che rendono incerta l'edificazione dell'Europa in patria delle Nazioni, già incombe la minaccia di consolidamento sul vecchio Continente di basi della speculazione sui profitti finanziari (quella che la partitocrazia indigena d'ogni orientamento accetta volentieri sotto forma di «adeguamento democratico» al... liberalismo di Keynes) che vuole cancellare nella realtà del futuro l'inserimento di quelle conquiste civili e di avanzata nel progresso sociale stabilite dal Programma di S. Sepolcro (23.3.1919), dalla Carta del Lavoro (21.4.1927) con i fondamenti dello Stato corporativo e della completa tutela per i diritti dei produttori, dalla Legge sulla Socializzazione delle imprese (12.2.1944) che rappresentò il migliore corollario del Manifesto di Verona (14.12.1943) in rapporto alla realizzazione della Repubblica Sociale Italiana e per la quale il prof. C.A. Biggini, su incarico di B. Mussolini e in qualità di ministro dell'Educazione Nazionale, elaborò il progetto-documento di Costituzione della RSI sul quale doveva esprimersi un'Assemblea costituente eletta dagli Italiani che non poterono realizzare soltanto per l'inasprimento degli eventi bellici.

È da questa straordinaria esperienza umana che i volontari delle FF.AA. e le categorie produttrici della RSI hanno potuto liberamente crearsi una coscienza sui valori e sull'importanza della Politica e che si confermò comunque vincente sui dubbiosi e sugli opportunisti -sempre numerosi in quelle circostanze- dinanzi alle funzioni etiche della Storia per la concretizzazione della Civiltà. Ciò non lo ribadiamo noi per rafforzare le istanze di Savoini, ma l'affermò l'apertura del il corso di preparazione all'Economia Socializzata svoltosi a cura del dott. Giuseppe Solare, federale del PFR di Torino, nel febbraio-aprile 1945 e per cui il prefetto Davide Fossa specificò come mediante la Socializzazione, soluzione della RSI del problema sociale, si realizzano i provvedimenti legislativi ardimentosi e rivoluzionari per assicurare alle nuove generazioni un migliore destino, con la valorizzazione delle capacità e nella tutela dei diritti. D'altronde, quel patrimonio di conquiste fondamentali realizzato dalla RSI per l'affermazione della Civiltà nel futuro non è vanificabile dai contorsionisti contemporanei delle consorterie partitocratiche oscillanti tra la destra e la sinistra, perché -non dimentichiamolo!- Mussolini il 20.4.1945 nel suo testamento politico illustrato a Cesare Gabella precisò che unicamente la realizzazione del Piano di Socializzazione Mondiale può concretizzare la Pace tra i popoli sulla Terra.

 

Quell'oligarchia disideologizzante

Quella pace però, è stata la prima vittima dal 1945 in poi e lo conferma indirettamente il giurista Marcel Prélot nella "Storia del pensiero politico" (vol. II, pp. 476-484) allorché, in conclusione della sua opera, fa riferimento alla persistenza dell'ideologia suddivisa in due sezioni, particolareggianti i fenomeni di compromesso tra il capitalismo plutocratico e il neo-comunismo di genere laburista. Infatti, la spoliticizzazione è necessaria alla convergenza inferita (argomentata) su ipotesi di accordo verbale tra il capitalismo anglo-statunitense col laburismo del neo-comunismo in genere (compreso il PDS) sino al ravvicinamento di compromesso accettabile, mentre il significato del termine prevede la sottrazione del concetto di nazionale dalle controversie politiche in quanto la società dei consumi congettura lo smantellamento fallimentare delle grandi formazioni, il dilagare dell'astensionismo elettorale e favorisce la scomparsa dei giornali d'opinione. Invece, la disideologizzazione si distingue dalla precedente nozione in quanto la fine delle ideologie è ricercata in simbiosi disgregante dalla plutocrazia e dal comunismo laburistizzato, consentendo agli esponenti dell'una e dell'altra convinzione di accordarsi sul piano intellettuale ripulito da finalità effettive per intendersi sulle scelte a carattere tecnico e personale, mai a vantaggio della Civiltà.

Dietro tale inganno, più esattamente per tali operazioni d'ipocrisia laceranti, gli eventuali realizzatori di tale teoria già si proclamano le nuove élites del futuro, ma vennero già smascherati da James Burnham con l'opera "The machiavellians" (1943) quali propugnatori d'una propria legge d'oligarchia a copertura di quell'amoralismo che elimina il problema fondamentale della legittimità, dato che per i neo-oligarchi la conquista del Potere non dev'essere giustificata, è perché è!

Burnham volle essere più esatto, in qualità di cittadino di quelli USA che insieme all'Inghilterra e all'URSS operavano per annientare l'autonomia europea, denunciando come lo scopo principale di tutti i dirigenti è in pratica di servire i propri interessi, di conservare poteri e privilegi. Non ci sono eccezioni. Nessuna teoria, nessuna morale, nessuna buona volontà, nessuna religione tiene a freno il potere. Né i preti, né i militari, né i capi operai, né gli uomini d'affari, né i burocrati, né i signori feudali differiscono tra loro per quel che riguarda l'uso che cercano di fare del potere.

 

W. Shakespeare e i suoi pesci

Da "Tutte le opere" di W. Shakespeare lo studioso Burnham trasse a suo motto un po' cinico i seguenti versi: «Terzo peccatore: Io mi domando come vivono i pesci del mare. Primo peccatore: Come gli uomini sulla terra: i grossi mangiano i piccoli».

Richiamava pertanto le genti all'importanza per l'uomo di sapere andare al di là dei concetti schiavistici dei teorici dell'oligarchia, del potere di sopraffazione della tecnocrazia di qualsiasi specie, per raggiungere l'Oceano delle grandi Ideologie, anzi di quei Valori che il più anziano dei Titani (come indica la mitologia greca) trasformò nell'Onda etica del Pensiero civilizzatore. Per questa volontà di Pensiero politico più operoso l'Italia ebbe da "La rivolta ideale" (1906) di Alfredo Oriani lo stimolo all'equilibrio morale nella famiglia, nella società e nello Stato, cioè alla concezione creatrice di quell'ordine sociale poi scaturito nella RSI, alla sintesi ideologica e politica di Civiltà oggigiorno rinnegata dall'intera partitocrazia, quest'ultima comunque nociva al Popolo i-taliano.

L'incoerenza genera per chi la conduce come sistema d'opportunità soltanto il dovuto ribrezzo.

Bruno De Padova

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