«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 3 - 31 Maggio 1997

 

le interviste impossibili

Di Pietro: il predestinato

 

Di Pietro... non Di Pietro... si continua a sfogliare la margherita per capire se, come e quando l'eroe di Mani Pulite «scenderà in campo».

Nel frattempo, rimane saldamente in testa agli indici di gradimento degli italiani (brava gente) ed, ovviamente, non rilascia interviste. A parlare, anche troppo ed in palese contraddizione tra loro, sono i tanti suoi «portavoce»: Tremaglia di AN, Veltri del PDS, Federico Orlando di Rinnovamento Italiano, l'immancabile cognato Cimadoro (sic!) del CCD. La trasversalità la dice lunga sull'essere Di Pietro un «predestinato» (altro che squallido opportunista come malignano i suoi non pochi denigratori).

Ex-poliziotto, ex-PM, ex-ministro. Dovesse tuffarsi in politica, come appare oramai scontato, diventerà presto ex-professore ed ex-avvocato, ultimi cimenti del poliedrico, misterioso e ruspante moschettiere molisano.

Lo cerco e lo rincorro ovunque, per l'intervista. Macché! A Montenero di Bisaccia? «Non c'è», annuncia un rubicondo contadino nei pressi della masseria. Non ne sa nulla il tabaccaio, il farmacista, il brigadiere dei carabinieri, il prete, il barbiere. Ricordo analoga «complicità» ambientale ad Hammameth, dove mi trovavo in vacanza: desideravo vedere la villa di Craxi e gli «indigeni» facevano di tutto per portarmi... fuori strada.

Curno, Castellanza?... niente da fare. Sto per rinunciare all'intervista quando un collega di Milano mi informa di un dibattito tra i candidati sindaco Albertini e Fumagalli al Dipartimento dell'Informazione della «Statale», moderatore proprio Lui, il Tonino nazionale. Mi precipito con largo anticipo al 39 di via Comelico, dietro Porta Romana mimetizzandomi prima tra gli studenti, successivamente tra i giornalisti convocati per una brevissima conferenza stampa. Et voilà!

 

Dottor Di Pietro, sembra che arrivino buone notizie da Brescia. I guai giudiziari stanno per finire. Che fa? Scende in campo?

«Che ci azzecca questa domanda. Io sto solo organizzando un convegno sulle riforme e la democrazia, il 13 giugno a Castellana ...»

Già, ma la compagnia la dice lunga: Segni, Cossiga, Occhetto...

«Se è per questo ci saranno anche Bassanini, Fisichella, i leaders dei partiti. Bisogna cominciare a dire parole forti contro eventuali pasticci della Bicamerale. C'è un grande schieramento presidenzialista che potrebbe riprendere la battaglia per l'assemblea Costituente ...»

E se poi la Bicamerale non fallisse?

«Che le devo dire. Se va, va. Se non va, non va»

Chiarissimo! Mi dica, avvocato, le piacerebbe fare il sindaco di Roma?

«E a chi non piacerebbe. Ma non me lo faranno fare. Hanno paura della mia popolarità»

Ma perché non l'ha sfruttata questa popolarità? Professor Di Pietro, perché non ha fondato un partito, un movimento, un club ...! «Perché io sono un moderato, non voglio aizzare la 'ggente, non voglio gettare benzina sul fuoco. Se qui scoppia un incendio non lo ferma nessuno. Sono un non-politico e per questo non posso essere rivoluzionario»

Questo è davvero fuori discussione. Ma, dica, a parte la moderazione, se Lei scendesse in campo secondo quali direttrici e princìpi si muoverebbe?

«Sono un liberale, credo che lo Stato deve essere riformato (magari anche i congiuntivi, N.d.R.). Ci vuole liberismo, federalismo solidaristico e presidenzialismo»

Mi perdoni, dottore, ma non si tratta di folgoranti intuizioni. Eppoi, Lei si definisce di destra o di sinistra?

«Che ci azzecca. Le ho già detto che sono un moderato, un liberaldemocratico, un presidenzialista»

Già. Repetita iuvant. Cambiamo allora argomento. Mani Pulite sembra più una vicenda da archivi redazionali che un pezzo della storia recente ed attuale di questo nostro sciagurato Paese. Lei che ne pensa? Crede che ci sarà il colpo di spugna?

«Dicono che è un peccato, ma io lo rifarei. È comunque vero che bisognerà trovare una soluzione. Si ricorda che fui il primo ad indicarne una?»

Senta...

«No, no. Mi scusi devo andarmene. Arrivederci»

Largo e ruspante sorriso. Se ne va, l'avv. Di Pietro. Due giorni dopo incontrerà D'Alema al congresso della Federcasalinghe e saranno abbracci e baci. All'indomani, aprirà un ufficio a Roma. Sembra tutto pronto per il grande evento. In autunno? Magari prima? E se fosse vera la profezia di D'Alema che due mesi fa, rispondendo ad una nostra domanda, descriveva Di Pietro come carta di riserva della Repubblica? «Se la situazione dovesse precipitare...» Chissà?

Per adesso dobbiamo accontentarci del «manifesto» politico che viene fuori da queste poche battute. Quanto basta, purtroppo, perché i ribollenti spiriti antagonisti di "Tabularasa" frenino improbabili entusiasmi. È ancora e sempre palude. Magari con un legno in più, galleggiante a mo' di pulpito, dal quale un eroe a metà, eternamente incompiuto, arringherà le folle al grido di: vota Antonio! Vota Antonio!

Ma il principe De Curtis, in arte Totò, era tutta un'altra cosa.

b.b.

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