«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 3 - 31 Maggio 1997

 

Quel melanconico appiattimento

 

«L'uomo sostanzialmente buono, onesto e religioso, stanco di veder gl'ipocriti e vuoti d'anima vomitare della retorica nauseante e grossolana (immutabile persino nelle parole) sulla morale, la religione, la famiglia, l'arte, la patria -tutte cose alle quali gl'ipocriti non credono, ma che servono molto bene ai loro affarucci-, alla fine se ne stufa e reagisce come può al sudicio spettacolo cantando selvaggiamente il Nulla e l'Io»

Berto Ricci, febbraio 1932

 

 

Angosciati dalla noia. E il tramonto non solo di un'epoca, ma di una forma comportamentale, di un modo di pensare, di essere. Odore di cadavere. La sazietà di stimoli materiali ha fatto precipitare nell'abisso del Nulla il bisogno istintivo, fisico, ferino se si vuole, di opposizione al già da altri programmato. Sconforto, sfiducia, smarrimento, sospetto: leggi maestre. Son tempi che sanno di rovina e di vigliaccheria, ma non ancora di disperazione. Per ora, l'uomo forte o della provvidenza (un'accolita di cretini l'ha già trovato: è un ex-poliziotto, ex-magistrato, ex-ministro, ora avvocato, professore e chissà quanti altri mestieri riuscirà ad espletare codesto eclettico scienziato dell'«attualismo»...) lo invocano solo coloro che sono al potere (o quelli che pensano di raggiungerlo in tempi brevi) - la cui gestione, però, per congenita imbecillità, non è consentita agli uni e non lo sarà agli altri.

Chi avversa questo stato di cose si pone delle domande: è razionale ciò che è dominante? è legittimo il potere cui siamo subordinati? Possono giungere delle risposte. Questo è un momento unico, straordinario; una di quelle rare occasioni che la storia offre agli uomini perché dimostrino quanto valgono, quanto siano affidabili per l'avvenire che li aspetta. Essi dovranno avere l'abilità di sceverare il bene dal male, l'equo dall'iniquo, l'eterno dal caduco. E la disposizione mentale per porre al bando i personalismi.

Ci si può anche chiedere se c'è sproporzione nei nostri sogni. Ma il desiderio del ritorno ai tempi dell'efficacia dei valori è così forte che esso ci aiuta a conservare intatto il nostro sogno, e ci convince della possibile realizzazione. Il sogno degli eretici, della gente di confine. Destra (non quella industrial-piazzaiola) e sinistra (non quella liberal-festaiola), pur nella loro ineliminabile diversità, nelle terre di confine hanno il loro materiale di scambio. Per costruire insieme le basi di qualcosa di veramente nuovo attraverso una maggiore facilità di intendersi tra persone di estrazione ed esperienze diverse. C'è un sottile legame tra coloro che hanno capito come stanno le cose in questo Paese. Dove c'è chi nei partiti ci sta bene, o chi vi si adatta confondendo la propria soddisfazione personale, fatta di ambizione e interesse, con un servizio collettivo che non c'è più. Mentendo a sé stesso.

Capisco che nel ristretto gruppo di "Tabularasa" o nella comunità dei lettori può esservi riluttanza a dialoghi franchi e aperti. Abbiamo il dovere, tuttavia, per ridare dignità alla terra dei nostri padri, di interrogarci e chiederci se intendiamo rimanere gruppo «élitario» (con una certa narcisistica presunzione) o diventare laboratorio di idee, di corto o lungo respiro. Certo, vi sono ferite che ancora sanguinano e che, aggiunte ad alcune insolenti dichiarazioni, acuiscono il nostro dolore. Sventurata, però, quella comunità che non conosce il dolore.

Non si tratta di cedere sui nostri princìpi, bensì di spalancare le nostre porte. Far conoscere, a chi ci raffigura per ciò che non siamo, le nostre speranze, i nostri sogni. E chi ancora crede nella possibilità di riscatto degli umili e degli indifesi e lotta per la loro affermazione nella società, deve accettare questa scommessa. Possiamo vincerla. La nostra vita è trascorsa nel rischio - che abbiamo cercato. Ci è sempre piaciuto osare. Pur sconfitti non abbiamo mai accettato le umiliazioni che subiscono i vinti. Siamo ancora lì, più strafottenti che mai...

Proprio ora, in questa positiva fase storica, vogliamo farci trascinare nei gorghi della palude, subire l'arrogante potere dei cretini? Non è meglio, invece, dare a noi stessi, e agli altri, la misura di quanto si vale? In fondo, questo passaggio della nostra esistenza potrebbe essere utile, se non per altro, a farci conoscere ed apprezzare quello che siamo: uomini.

a.c.

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