«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 3 - 31 Maggio 1997

 

1° Maggio... «ed è subito sera»

 

1° maggio 1997. Il rito si consuma stancamente tra un comizio di reduci della Triplice a Portella della Ginestra, una parata dell'ex-Cisnal nella povera patria degli ex boia-chi-molla, l'immancabile sermone quirinalizio con annesse stelle al merito.

C'era una volta la festa del Lavoro. Dentro i vicoli del Suk sgargiante di colori forti trovavi passioni, speranze, salsicce e vino rosso. Amarcord. Adesso ti devi accontentare di una sorta di cerimonia ai Caduti. Retorica ed ipocrisia tagliate a fette sottili, come la mortadella. Medaglie alla memoria luccicheranno presto su petti gonfi di nostalgia e muscoli inutili. Come le prime lacrime...

Via, non esageriamo. Hombre que trabaja pierde su tempo precioso. Dimmi, che accade? Molti si interrogano. I più furbi infilano analisi e dubbi ora in un libro, ora in un saggio, la solita ricerca zeppa di dati. Carta patinata tanta, certezze poche. Cresce l'economia, si espande la produzione, cala drammaticamente l'occupazione. Non era mai successo prima. Qualcuno sussurra: è solo l'inizio. Magari ha ragione. Nessuno ha ricette, né le puoi trovare nei santuari del liberismo. Il lavoro è ormai come lo «stato sociale». Mentre prosegue l'«approfondito e lacerante» dibattito, rapidamente scompare. A dar retta al Dow Jones non è una gran perdita. Seppellite i morti. La vita continua. ..

1° maggio 1997. Non c'è tempo per le depressioni. L'eco di melodie e ritmi rock procura tempestive eccitazioni. Eppoi, diretta per diretta, meglio i Liftiba, Pino Daniele e Jovanotti delle noiosissime passerelle di azzeccagarbugli impegnati a dimostrare di aver vinto le elezioni. Miracoli del nuovo che avanza... «Me ne fotto!». Il mio illustre conterraneo Rocco Barbaro, filosofo esistenzialista, è maestro nel distillare succhi gastrici rigurgitati dall'immaginario collettivo.

... In Inghilterra, come al solito, tutto è più chiaro, anche la perfidia. Trionfo storico dei laburisti. Peccato che Tony Blair, oltre a far impazzire teen-agers ed attempati, non solo made in England, sia già stato inserito tra i benemeriti della City, abbia immediatamente demolito le residue speranze dei portuali di Liverpool e s'inorgoglisca ogni volta che lo descrivono come «figlio» della Lady di Ferro.

Socialismo vo cercando: impresa disperata. Mastico libertà come foglie di coca prima di arrampicarmi come un indio sulle Ande. O son le Alpi? Tanto le montagne si somigliano tutte. Come svoltare l'angolo.

Ecco l'Europa. Antico sogno di tecnocrati, banchieri, finanzieri. È tutto pronto. Polemiche e distinguo fanno parte del copione. Lasciano le decisioni che trovano. Fantasmi di cavalieri e re, crociati, condottieri, imperatori in fila per staccare il biglietto del torpedone per Maastricht.

A Camelot, intorno alla Tavola trovi scienziati dell'economia travestiti da Fantozzi. Un'ultima occhiata ai conti. Rapporto PIL-Debito pubblico non superiore a tre. Avanti un altro. Così va il mondo. Nessun limite al profitto. Niente regole e confini per il libero mercato.

La politica è dove non l'aspetti. All'Angelus, la domenica mattina. Parole e pause come scolpite nella roccia da commoventi impulsi extra-piramidali.

Facciamo quadrato in difesa dell'Uomo.

Poi l'incontri insieme a sua moglie in un supermercato e ti accorgi che non c'è da farsi illusioni. Ha mani ed occhi avidi di marmellate, succhi di frutta, budini prendi-tre-paghi-due. Suo figlio succhia un leccalecca a cavalcioni sul carrello. In fondo ai sentieri di scaffali quel rumore di cassa, che pare inarrestabile. Ti entra nel cervello e ne addormenta emergenti schizofrenie, come un elettroshock.

Oddio, il supermercato. Ma dove sei stato tutto questo tempo? In che posto hai vissuto? Come hai fatto a non vederlo prima? L'uomo? Come la politica: dove non l'aspetti.

Dopo aver percorso a ritroso il passaggio a nord-ovest, invochi una frana che l'ostruisca per sempre. L'Uomo? Cercalo a Sud, ad Est... lontano da questi luoghi anonimi brulicanti di avide termiti.

3 maggio 1997. Per le vie di Milano trovi di tutto: imprenditori e disoccupati, tassisti e bottegai, futuri sindaci in maniche di camicia. E signore, tantissime signore, magari con guinzaglio multiuso per figlio, suocera e pechinese. È il Polo. Invochi una caduta di massi, ma a crollare è soltanto lo stile.

Il mio amico Rafèle, amante delle Vette, propone Gruppi di Resistenza Umana. La sigla, tradotta in inglese, sarebbe URG. Assai nota nell'intercalare imprecatorio fumettistico. Già, meglio le Vette. Come gli uccelli aristocratici, Rafèle è amante di nidi inespugnabili. A terra, invece, continuano ad attraccare le carcasse dell'esodo albanese, stracolme di umanità disperata.

Le stucchevoli lacrimucce pasquali ed il giubbotto di renna del «dottore» lasciano il campo ad una qualunque carneade di via della Scrofa. Via gli zingari! Buttateli a mare! Fermateli con le cannonate! Nel paradiso del capitalismo non ci sono angoli disadorni per i poveracci. Intanto la bomba demografica è già innescata. Esploderà e lascerà il terreno disseminato di crateri e cretini. La politica e gli zingari dove non li aspetti. All'Angelus, per il beato El Pelé. Rafèle insiste. Ha il cranio tosto.

Accarezzo il pensiero e sono già fuori. Cerco di scrollarmi di dosso rumori e volti tutti uguali del super-mercato. Come fa quel cane con la pioggia appena terminata. Scuoto la testa.

Guai a parlare di rivoluzioni dentro il termitaio. Qui le rivoluzioni si studiano sui libri di astronomia. Son quelle dei pianeti.

Un'altra si è appena conclusa. «Ed è subito sera».

 

Beniamino Donnici

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