«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 3 - 31 Maggio 1997

 

Caleidoscopio di Fine Millennio
(3ª parte)

[…] dormi, Italia imbriaca, e non ti pesa

eh 'ora di questa gente, ora di quella

che già serva ti fu, sei

fatta ancella?

"Orlando Furioso", canto XVII

 

 

Se, come sostiene il direttore del Dipartimento di Scienze Neurologiche e Cognitive del M.I.T. -dottor R.J. Würtman- all'origine della demenza sarebbe un atto di autocannibalismo delle cellule cerebrali, ebbene, ho ragione di pensare che una cosa del genere stia accadendo anche qui -e in forma irreversibile- dentro le teste e i capi della politica italiana.

Non mi spiego altrimenti, se non –appunto- attraverso quello strano fenomeno made in USA, la partecipazione del baffuto segretario del PDS al corteo romano di CGIL-CISL-UIL contro un governo a maggioranza PDS. E così ha senz'altro da essere, scientificamente parlando, per capire cosa mai abbia portato a Brindisi il ministro dell'Ambiente, nominato da Prodi, a prender parte ad una sfilata in cui il nome «Prodi» veniva coralmente e ritmicamente associato a Berisha ed alla Marina militare italiana in qualità di «assassino». A dire il vero, più d'un sintomo di senilità precoce si era avuto, nel corso della breve era del Centro-Sinistra al potere. E sin dall'inizio, con la nomina d'una pletora-record di viceministri; o subito dopo, con il nuovo Consiglio d'Amministrazione della RAI-TV... Già, non erano davvero mancati casi ed episodi di autolesionismo feroce, in questi dieci-undici mesi di pseudo-regime ulivista, e basterebbe ricordarlo con l'elezione di Storace al vertice della Commissione parlamentare di Vigilanza sulla suddetta RAI-TV... Epperò, prima delle eclatanti manifestazioni dissociative dei D'Alema e dei Ronchi, alla... antropofagia di sé ancora non s'era arrivati! Buon appetito.

Augurio che vorrei personalmente estendere a quanti -un tempo dalle parti nostre- ora si trovino, inquadrati, da quelle.

(Detto fra noi, una piccola, piccolissima parte a quei masochistici festeggiamenti dovrei io stesso riservarmela, visto che sono tra coloro che giusto un anno fa han votato verde-ulivo, P.S. e fiamma al senato. Conto però sull'assoluta discrezione dei lettori, i quali, superato lo shock, sapranno di certo vedere come la mia originaria e annosa responsabilità lì inizia, e lì finisce... eppure, se solo do un'occhiata alla foto di gruppo con Berlusconi, Fini, Casini e Buttiglione in prima fila, ed in seconda: Letta, Tatarella, Mancuso, Parenti ecc. subito sarei tentato -per quel che poi vale, e conta- di rifarlo e ridarlo, il voto...)

Abbandonata l'intimità della parentesi, resta però acclarato il fatto che, in quasi un anno d'incerta attività, l'Ulivo ha infilato una tal serie d'errori, da rianimare di volta in volta, e con respirazione bocca a bocca, una Destra allo stremo, ormai sfiatata e senza più scorte d'ossigeno. Rinnovo gli auguri e passo oltre.

 

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Dunque ci sono ancora giudici, non solo a Berlino!

E infatti il 10 aprile 1997, giorno in cui «il caso Calvi», a quindici anni dalla tragica conclusione del suo principale interprete, rivela l'estensione e la profondità dei rapporti fra mafia e mondo degli affari & finanza; è –dicevamo- oggi anche la vigilia della «prima volta in piazza» per i Signori confindustriali... e, incredibile dictu, a Torino «si condanna Romiti Cesare ad anni uno e mesi sei di reclusione» per il reato di falso in bilancio, legato a dazioni in nero ai partiti dell'Ancien Regime, e per un anno e passa lo si interdice dalle cariche di amministrazione di società... ma ecco spuntare alla camera, fresca di giornata, la proposta del Polo (: ma avrebbe benissimo potuto essere dell'Ulivo - N.B.) tesa al buonistico condono per tutti i falsificatori di bilanci, di destra e manca.

Per la cronaca, e per la memoria, primo firmatario del DDL è quel centro-democristiano di Carlo Giovanardi, già coautore della mozione votata in parlamento all'unanimità (verdi e rifondatori esclusi) pro-depenalizzazione dell'illecito finanziamento ai partiti.

Questioni di ordinaria indecenza a parte, non avevamo certo necessità di giungere alla (coraggiosa) sentenza di quel tribunale torinese, per venir a sapere delle stimmate di malaffare portate dall'imprenditoria italiana.

Non da tutta, com'è ovvio. Ma altrettanto ovvio è che per riuscire ad affermarsi, perlomeno in certi settori e a certi livelli del sistema, occorra attraversare vie che si chiamano contabilità parallela, intestazioni di comodo, fantasia in bilancio e così via. Passaggi questi, che in altri Paesi -nei famosi Paesi a capitalismo avanzato, dove vige una più netta separazione fra «poteri forti», ed il mercato presenta regole più serie- non risultano essere così obbligati e tanto regolari come da noi in Italia. Sono forse loro -in particolare- costretti a pagare, pagare tangenti, alla stregua dei tanti piccolo-commercianti qualsiasi, vittime del racket di quartiere o del bullo di periferia?!

Suvvia, illustrissimi plutocrati, non mendicate l'altrui solidarietà! Tiratela fuori, tutta la grinta, l'arroganza, l'orgoglio alto-imprenditoriale di cui disponete! E proclamatelo alfine, o potentissimi, che laggiù, nella parte bassa dei concussi, non ci state né ci potete stare!

Anche perché –suggerisco- in tal ruolo, passivo e subordinato, rischiate d'essere poco credibili. Il popolo, è vero, continua bovinamente a credere e pure ad obbedire. Persino a combattere, a nome Vs. Magari gli basta leggere "Il Giornale" o vedere il TG4, per scoprire indignato che un Berlusconi è stato adescato e corrotto da tale Nanocchio, maresciallo di finanza a 2,2milioni mensili, assegni familiari inclusi. E così il popolo si convince che lui, l'estorto, nel timore di compromettere onesti quanto laboriosi guadagni ha dovuto, sì, dovuto sottostare al ricatto di un oscuro ma terribile graduato delle Fiamme Gialle... Tali le popolari idee della gente. Tuttavia, nonostante l'interessata partecipazione al giuoco delle parti degli onorevoli Vs. fiduciari, nonostante le rassicuranti opinioni degli stipendiati Vs. opinionisti, le varie misure profilattiche e le trovate illusionistiche, quel «giuoco» sta perdendo di popolarità; peggio: sta diventando obsoleto di un'obsolescenza non programmata, se è vero che uno come Mirko Tremaglia -tipico rappresentante di bovini- pare abbia iniziato a capire qualcosa, qualcosa che non quadra... Questo, avrei voluto [aver l'ardire di] dire a Lorsignori e Padroni. Che son cinquant'anni e più, che quei «padroni» (come si usava e osava dire una volta) privatizzano i guadagni e socializzano le perdite. Sempre loro. È da cinquant'anni che loro proseguono a piangere il morto, accompagnandolo con penosi lamenti di crisi e recessioni, inflazioni e deflazioni - e battono cassa. Con successo -occorre riconoscerglielo- dato che ogniqualvolta han bussato, prontamente è stato loro aperto.

E via con la cassa: per il mezzogiorno e sera, per l'integrazione guadagni, ordinaria e speciale ed extra! E via con le onerose defiscalizzazioni sociali, via con ogni sorta di agevolazioni, coi contributi e gl'incentivi!!

Le leggi amiche, da mezzo secolo in qua, neppure si contano. Diamo nota solo dell'ultima, in ordine di tempo: quella dei 2milioni di lire pro-rottamazione auto, soldi indirettamente pagati -com'è logico e naturale- puranche da pedoni, ciclisti, paralitici, senza patente... Ma, appena appena gli si tocca -anzi, gli si sfiora- il «TFR», il pudore non impedisce loro di denunciare «vessazioni» e «iniqui provvedimenti», a prescindere (direbbe Totò) dal fatto che stiam parlando di soldi non loro, ma dei loro dipendenti, soldi che -sembra incredibile- sono loro a gestire! Una cosa pare certa: loro, con la scusa del costo del lavoro e della produttività, vorrebbero mettere il naso su tutti, proprio tutti, i bisogni dei lavoratori. Propri ed impropri. Così sta avvenendo in un'azienda-pilota, la «De Longhi» di Treviso, dove -nel cuore del mitico Nord-Est- è stato padronalmente decisa e stabilita in 7 minuti 7 la pausa collettiva per pipì e pupù. A quando l'uso delle catene? E a quando quello dei tappi?

 

*   *  *

Ho poc'anzi accennato alla mancanza di regole (ovvero al loro mancato rispetto, quando queste ci sono) quale causa della –relativa- diversità del capitalismo nazionale nei confronti degli omologhi d'Oltralpe e d'Oltremare. Non si è però detto da cosa nasca questo eccesso di spregiudicatezza, diciamo così, che distinguerebbe la classe imprenditrice nostrana.

Considerato che nel bel mondo dell'internazionale borghese la «spregiudicatezza» non costituisce una caratteristica sola ed esclusiva di questo o quel Paese, tale eccesso in forma tipica va –evidentemente- rinvenuto altrove. Va, a mio parere, ricercato più precisamente nel contesto che ha opposto, da Yalta in poi, Oriente ed Occidente. Contesto storico, politico e geostrategico entro cui l'Italia occupava un posto di assoluto rilievo, grazie soprattutto all'aver, di suo, il partito comunista più forte dell'emisfero occidentale. Sicché per oltre quarantenni -dopo, caduto il muro di Berlino, il fenomeno è divenuto inerziale- i grandi gruppi economico-finanziari del cosiddetto Mondo Libero hanno sostenuto con ogni mezzo le organizzazioni anticomuniste, fossero esse riconducibili a forze di governo e di opposizione, alla mafia e alla camorra, ai servizi segreti e/o all'estrema destra e/o alla massoneria. Ed ecco che, una volta sbaragliata l'agguerrita concorrenza del capitalismo di Stato di marca socialista, il libero capitalismo transnazionale ha preteso cambiamenti, qui nella sua filiale peninsulare. Perciò, avendo finalmente le mani libere dalla Guerra Fredda e non dovendo più sottostare agli equilibri Est-Ovest, la Razza Padrona s'è potuta tranquillamente sbarazzare di quei collaboratori/azionisti locali non più affidabili, o perché alquanto riottosi al nuovo ordine iper-liberista, o perché troppo onerosi ad un aggiornato esame costi/benefici. Riguardo poi la semplice professione di anticomunismo, questa, non pagava –letteralmente- più; e bisognava quindi adeguarsi con le specializzazioni.

In breve: la crescente globalizzazione imponeva il rinnovo sia delle tariffe che degli attestati di fedeltà. E così è stato, in Italia e altrove. L'imprenditoria italiana, salita (legittimamente, peraltro) sul carro del Vincitore Unico e Assoluto, ha però trovato lungo la sua trionfale marcia un ostacolo. Un ostacolo costituito da una magistratura che, indifferente alla ragion politica, l'ha chiamata in correità a rispondere di alcuni suoi trascorsi. Se prima, all'insegna dei traffici ideologici, si poteva contrabbandare ogni cosa -nobile o meno, lecita o illecita, originale o falsificata- purché funzionalmente anticomunista, adesso la magistratura, ovvero parte di essa, sembra fortemente intenzionata a far dimenticare -per dirla con Ezio Mauro- «i lunghi anni di connivenza con le storture di regime quando le Procure non vedevano, tacevano, insabbiavano» ("la Repubblica", 17 aprile 1997). In tal modo ci si può spiegare (secondo me) il perché i vecchi/nuovi legislatori, di maggioranza e di minoranza, hanno una gran voglia e fretta di ricondurre una recalcitrante Giustizia nei binari della Normalità.

 

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Conclusioni?

La gente prima ha creduto nella Prima Repubblica, quella di Craxi-Andreotti-Forlani; ha poi creduto a Segni, a Bossi, e poi a Berlusconi; ha quindi creduto in Di Pietro e in Mani Pulite. Di delusione in delusione,

si è fatta strada la certezza che così non se ne esce. Ma se «così» non è, come?! «Per certi aspetti -scrive il politologo E. Berselli- dopo la rivoluzione acefala provocata dalla scoperta di Tangentopoli, il sistema maggioritario avrebbe dovuto essere l'equivalente figurato della ghigliottina, cioè un meccanismo politico duro, nitido, impietoso. E invece ...». E invece siamo alle solite. L'«antagonismo collaborante» di D'Alema-Berlusconi avrà felicemente preso il posto delle superate «convergenze parallele» di Moro-Berlinguer, però la politica nazionale resta sempre minorenne e minorata, perennemente sotto tutela dello Zio d'America e del Fratello Maggiore d'Israele; nel mentre la patria potestà vien esercitata oltreconfine, ieri dalla City e da Wall Street, oggi dalla Bundesbank, domani da... Una sola conclusione possiamo allora trarre al termine di questo lungo articolo in tre puntate: si cambia qualche burattino, si pulisce il palcoscenico e si rivernicia il teatrino; ma riguardo al burattinaio, quello, resta inamovibile, ubiquitario ed invisibile ai più.

Ecco quindi che in un clima di diversa consapevolezza, ma di comune rassegnazione, sta moltiplicandosi su scala individuale quanto la Lega Nord propugna su scala pseudo-comunitaria; vale a dire la secessione, la personale secessione da tutto il resto...

Credo che una simile tentazione si faccia a volte forte, un po' dovunque.

Ma credo anche, a pensarci meglio -e senza smarrire il senso delle proporzioni- che sia per opporsi a questa fuga, a questo unilaterale disarmo dalla politica, che "Tabularasa" ha e ritrova la propria ragion d'essere. Buon proseguimento, a tutti noi.

 

Alberto Ostidich

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