«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 3 - 31 Maggio 1997

 

Memoria - Archivio

Waffen SS italiane: l’onore è fedeltà

 

Sul fronte pontino i volontari di Degli Oddi fermarono per 70 giorni le truppe USA su 4 chilometri di trincee e di buche conseguendo una Medaglia d'Argento al V.M. al gagliardetto del battaglione, 45 Croci di Ferro e 57 Promozioni per merito di guerra

 

«Amore e coraggio non sono soggetti a processo!» enunciò Robert Brasillach anche quando, per l'elevatezza del suo patriottismo e per l'ampiezza mirabile della sua coscienza europea, in Francia venne condotto al martirio (6 febbraio 1945) insieme alla sua testimonianza sui valori supremi osservato da milioni di uomini protesi a rimanere eccelsi nell'etica del pensiero e nella tempra delle rispettive convinzioni politiche, affinchè la tutela dei diritti civili e sociali di ogni popolo rimanesse costante nell'evoluzione emancipatrice, concetto prescelto -in quel tempo!- a comandamento di prim'ordine per coloro che ebbero il coraggio di non avere paura.

E di questo lirismo eroico che tanti giovani d'Italia, con l'audacia ed anche con la spregiudicatezza caratterizzanti l'èlite delle generazioni nuove durante le fasi più aspre del 2° conflitto mondiale nel Continente europeo, divennero portatori tra le genti.

Lo fecero quando la paura delle ripercussioni nel futuro di opzioni responsabili infittirono la massa dei pavidi e degli opportunisti, resero confondibili le «pantegane» con gli imboscati. Lo osarono per impedire che il declino del XX secolo diventasse preda di amoralismo delle coscienze, della loro spoliticizzazione e anche di disideologizzazione dei cittadini.

E combatterono per vietare l'assoggettamento dell'uomo in genere al sistema tecnocratico e monopolistico delle speculazioni plutocratiche oppure a quello derivante dalla vulgata reazionaria dell'economia marxiana nello sconvolgimento delle scienze sociali. La impudenza di quei ragazzi si permeò, entrò in simbiosi con la metamorfosi in atto sul piano politico, militare e civile per l'Italia nel 2° semestre del 1943, perché -esecrando i voltagabbana d'ogni indigenza morale- fecero proprio il motto indicante «II nostro Onore si chiama Fedeltà!», andando ad affrontare i tormenti della guerra laddove l'autentico sacrificio (anche quello della propria vita!) diventava il più fedele commilitone per ogni combattente. Infatti, in quel tempo -contro l'infamia dell'8 settembre- si formarono nuclei di volontari nell'ambito della nascente Repubblica Sociale chiamati «Legionari della Milizia Armata» che, in coincidenza alla costituzione dell'Esercito repubblicano, formarono la «Legione Waffen SS Italiane» (da non confondersi con la «Allgemeine SS» del III Reich, ove quest'ultima svolgeva funzioni di polizia) e al canto dell'inno «Risorgi, Italia!» annunciavano come «La voce della Patria ci chiamò! / Uniti siamo per un ideale: / l'Italia col valore riconquistare / e la grandezza al popolo ridar!», marciando verso il fronte dell'Agro pontino per difendere Roma e la sua civiltà.

 

Tre notti di viltà

Dianzi però, la peculiarità di modi con cui molti reduci e tanti giovani emersero con ardimento «per riscattare d'Italia e difendere la Patria dal nemico invasore» affrontando il tremendo per vincerlo con la temerarietà, è opportuno focalizzare i momenti, gli eventi e le persone che cagionarono: quel dramma. L'indomani dello sbarco nemico nella Sicilia, tre notti d'estate nell'anno 1943, quella del 25 luglio, l'altra del 24 agosto e la successiva dell'8 settembre, intagliarono col pugnale del tradimento sull'architrave della Storia nazionale prima i momenti ignobili del complotto di Dino Grandi e di altri 18 membri del Gran Consiglio del Fascismo per abbattere il governo di Benito Mussolini, poi gli attimi orrendi dell'assassinio alle spalle della Medaglia d'Oro Ettore Muti nella pineta di Fregene per eliminare il rischio d'una sua insurrezione contro le defezioni e infine i tanti istanti soltanto di paura degli esponenti di Casa Savoia, di Badoglio e degli altri complici coinvolti nella trama subdola della «resa incondizionata» (a sorpresa!) delle FF.AA. regie ai nemici anglo-statunitensi e sovietici.

Queste manovre di disintegrazione dello Stato e delle responsabilità dei cittadini verso la Nazione catalogarono effetti annichilenti, di devastazione morale senza precedenti nella somma delle sciagure affrontate dal nostro popolo e nello scritto "Storia di un anno: il tempo del bastone e della carota", al capitolo "Eclissi o tramonto?", ecco Mussolini chiedersi: «Gli artefici del tradimento -e in primo luogo il re capobanda, i suoi generali e i suoi consiglieri fuggiaschi ad Orfana- si resero conto anche vagamente di quel che facevano? Furono coscienti criminali o criminali incoscienti o le due cose insieme?»

Dall'Uomo liberato sul Gran Sasso da Otto Skorzeny viene, nell'aurora della Repubblica Sociale, il suggerimento già maturato nel corso della sua prigionia a La Maddalena: «Per redimersi bisogna soffrire. Bisogna che i milioni e milioni di Italiani di oggi e di domani vedano, sentano nelle loro carni e nelle loro anime che cosa significa la disfatta e il disonore, che cosa vuoi dire perdere l'indipendenza, che cosa vuol dire da soggetto diventare oggetto della politica altrui!»

Oggi, alla vigilia del Terzo Millennio, quell'umiliazione non è stata cancellata: gli esponenti presuntuosi, ma soprattutto ciarlatani della partitocrazia in auge, prima di avanzare progetti sull'attività politica del loro schieramento nel futuro, si recano alla Wall Street newyorkese e nella City londinese per collimare qualsiasi propria iniziativa con le richieste e con gli orientamenti delle holdings (società capogruppo o società madri) della finanza mondiale.

 

FF.AA. regie disintegrate

Ma torniamo al 1943. Viene indicato anche da Ruggero Zangrandi nel libro L'Italia tradita (1974) chi l'8 settembre tradì, quanti del tutto ed altri in parte, ma la gravita dello sfaldamento delle FF.AA. regie risalta dal rapporto all'OKW (Comando supremo tedesco) in data 7.11.1943 dal capo di Stato maggiore della Wehrmacht generale Alfred Jodl indicante che la Marina italiana, consegnando l'intera Flotta al nemico a Malta e altrove, abbandonò nei nostri porti soltanto 10 unità tra cacciatorpediniere e torpediniere insieme ad altre 51 navi da guerra minori; che la Luftwaffe reperì 2867 aerei di prima linea e 1686 altri velivoli; che le materie prime esistenti per i militari nei depositi erano molto superiori in rapporto alle incessanti richieste di aiuto, ad iniziare da 500.000 capi di vestiario completi per la truppa. Le divisioni italiane disarmate -in totale- furono 51, quelle auto-scioltesi 29, soltanto 3 si salvarono. Inoltre, il bottino di armi fu di 1.255.660 fucili, 38.383 mitragliatrici, 9.986 pezzi d'artiglieria, 15.500 autocarri, 970 carri armati e cannoni d'assalto, 123.114 metri cubi di carburante per velivoli, 67.600 cavalli e muli. I prigionieri di guerra e internati militari furono 547.531 italiani (di cui 24.744 ufficiali), 34.160 inglesi (2.615 ufficiali), 1.427 statunitensi (201 ufficiali) mentre rimase impossibile conoscere da fonti italiane il bilancio effettivo delle perdite in uomini e materiali.

Nei 45 giorni del governo Badoglio, per affrettare la monarchia ed i suoi generali al tradimento, gli alleati USA e inglesi intensificarono i bombardamenti terroristici sulle città italiane e -ad esempio- nei giorni 13, 15 e 16 agosto circa duemila aerei USAAF e RAF rovesciarono su Milano parecchie decine di migliaia di bombe incendiarie, altre quantità notevoli di superbombe da 4000, 1000 e 500 libbre colpendo il Duomo, la Scala, la Galleria, i palazzi Reale e Marino, l'Arcivescovado, le chiese di S. Maria delle Grazie, di San Gottardo e della Madonna del Carmine, provocando la morte di troppi civili rimasti poi abbandonati e di ciò narrò anche Quasimodo per averli veduti «così rossi, così gonfi!» affiorare dalle macerie delle abitazioni distrutte.

 

Per l'Italia, per la vita!

Coloro che ordirono l'assassinio di Muti (quanto quelli che fecero poi trucidare Benito Mussolini nel 1945 a Giulino di Mezzegra) volevano distruggere -per loro maggiore servaggio alla plutocrazia e al bolscevismo- anche il concetto patriottico di Stato-Nazione e, indietreggiando nel capitalismo keynesiano oppure nel comunismo stalinista, tentarono anche l'annientamento degli equilibri politici, economici e sociali derivanti dalla Carta del Lavoro, dalla realizzazione delle Corporazioni e infine dal progetto mondiale di Socializzazione che andava maturando nella Repubblica Sociale.

Perciò, durante il 2° conflitto mondiale si sviluppò, oltre alla crudezza degli scontri militari e dei riflessi bellici sulle popolazioni, soprattutto quello delle idee, con relative prospettive di nuovi oppure vetusti ordinamenti di sviluppo degli Stati e più di qualche studioso degli avvenimenti conseguenti alle Conferenze di Yalta e di Potsdam non ha mancato di congetturare che se il generale Galbiati, anziché consegnare il 25 luglio l'intera MVSN al «successore» gen. Armellini inviategli da Badoglio, avesse mobilitato la Divisione «M» Littorio (dotata di panzer Tigre e di cannoni da 88 mm) e le Legioni di CC.NN. esistenti per la tutela della sicurezza nazionale -come disposto dal RDL n. 1269 in data 4.8.1924- lo svolgimento della Storia avrebbe probabilmente risparmiato agli Italiani la vergogna del tradimento e la tragedia della «guerra civile». Fu d'altronde in riflesso del mancato intervento della MVSN in difesa degli interessi d'Italia (art. 2 del RDL citato) e per colpa di Galbiati che avvenne l'arresto del Duce a villa Savoia e fu per questo che Mussolini, quando rivide Hitler a Rastenburg, avviò la formazione della Milizia Armata (Waffen Miliz) con uniformi e vessilli italiani, la quale venne impegnata nelle operazioni belliche. Dai manifesti murali di Gino Boccasile diffusi nella Penisola con l'appello ai giovani di arruolarsi nella Legione SS italiana scaturì, con la volontà di riscossa nazionale, l'adesione di oltre 13mila volontari. Già nel novembre 1943 tredici battaglioni di Waffen SS Italiane provenienti dai campi di addestramento di Muensingen e di Praga (quello da Debica seguirà poi) si dislocarono in Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Venezia Giulia, Emilia e Toscana, con lo Stato Maggiore situato a Vago (Verona) agli ordini del Col. Vittorio De Paolis e questa Milizia Armata raggiunse nel febbraio 1945 l'inquadramento quale 29" Divisione Waffen SS Italia.

 

Ad Anzio e Nettuno

Alla difesa di Roma, insieme alla XIVª Armata della Wehrmacht del gen. H. G. von Mackensen, si distinsero il Btg. Barbarigo della Xª Flottiglia Mas, il Rgt. Paracadutisti Folgore e anche reparti di CC.NN. dei quali è stato narrato con risalto nella rievocazione dell'epopea della Repubblica Sociale, mentre -come evidenzia Victor de Cecco in un suo opuscolo sulle Waffen SS Italiane- non si può ignorare che a tale battaglia presero parte con notevole spirito di sacrificio il Btg. Vendetta del T. Col. Carlo Degli Oddi e quello Debica che all'inizio venne comandato dal Magg. Fortunato. Sul fronte pontino, nel settore del Canale Mussolini, Fossa di Cisterna, Borgo Podgora e Borgo Carso i 650 volontari del Vendetta con Degli Oddi si batterono con eroismo contro la Divisione USA Kansas City e mediante decreto del Duce venne concessa la Medaglia d'Argento al V.M. a quel reparto con la seguente motivazione: «Insieme alle altre avanguardie delle nuove truppe italiane sul fronte rimase in linea ininterrottamente per oltre due mesi, assolvendo compiti particolarmente difficili e mantenendo posizioni fondamentali contro le quali invano, fino allo sfondamento del fronte, si accanì il potentissimo urto nemico. Due volte menzionato sul foglio d'ordini tedesco di Corpo d'Armata, premiato con l'autorizzazione a fregiarsi delle mostrine delle SS germaniche, ha avuto decorazioni tedesche e numerosissime promozioni per merito di guerra davanti al nemico. Esempio fulgido di fede e di grande amore alla Patria resisteva con inesorabile tenacia e valore all'impari e asperrima lotta di più giorni consacrando con il sangue del 70 per cento dei suoi effettivi il giuramento e scrivendo una delle più belle pagine di gloria degne in tutto delle più alte tradizioni guerriere della vera Italia. Fronte di Nettuno - Roma, 17 marzo - 5 giugno 1944-XXIII».

Nel distinto, i combattenti SS italiani che su quelle tormentate postazioni dell'Agro Pontino si batterono contro il nemico in proporzioni d'inferiorità numerica di 1 a 8, anche di 1 a 10 (specie quando l'assalto del VI Corpo USA del gen. Truscott alle linee difensive italo-germaniche venne intensificato da M. Clark con ben 523.358 tonnellate di rifornimenti offensivi) subendo pure la supremazia di aerei, di mezzi meccanizzati e corazzati, seppero affrontare con ardimento persino il massimo sacrificio e lo conferma il bilancio di quella disperata resistenza che fu di 340 caduti (E. Zucconi, "SS Italiane", 1995) e le decorazioni al valore militare attribuite poi a questi soldati, cioè 10 Medaglie d'Argento, 16 Croci di Ferro con Spade e 29 Croci di Ferro di la Classe germaniche, insieme a 57 promozioni per merito di guerra.

 

Testimonianze con le «rune»

La volontà di redenzione della Patria dalla vergogna dell'8 settembre, molto più che dall'ignominia del complotto del 25 luglio, fu in quella resistenza all'operazione offensiva Shingle del nemico lo stimolo più avvincente per i volontari di questi reparti e nel n° 17 dell'anno 1979 sulla rivista "Siegrunen", diretta da Richard Landwehr, è stato confermato come questi combattenti che poi affluirono nella 29ª Divisione Waffen SS Italia impressero le proprie rune di vittoria, di annullamento sul trasferimento badogliano anche con le croci di legno che a Doganella e Sermoneta indicarono ai viandanti l'immolazione e la sepoltura per 340 legionari in quella battaglia nella primavera '44, mentre altrove -dove continuò la lotta di quelle unità militari in difesa dell'Europa- molti altri esempi di dedizione furono rappresentati da nuovi sepolcri di quei soldati che non mollarono. Nel momento in cui si scatenò l'offensiva conclusiva del nemico per invadere Roma, sulla postazioni difensive di Santa Marinella, Palo e Fiumicino venne schierato il Btg. Debica, che emulando gli ardimenti dei commilitoni del Vendetta bloccarono nella Tuscia un'intera colonna corazzata yankee mentre, insieme ai gollisti francesi, il II Corpo USA avanzava su Viterbo e Spoleto. Indi, partecipò all'intera tattica di rastrellamento svolto dalla XIVª Armata germanica sulla Vª Armata statunitense durante lo spostamento della Wehrmacht dall'Agro pontino e dalla linea Caesar (tra Artena e Pescara) per assestarsi su quella Gotica in fase di completamento, conseguendo dal Col. Brig. K. Diebitsch l'inquadramento nella 1ª Brigata Italiana Granatieri SS.

Accompagnava inoltre i legionari SS italiani, nella veemenza del conflitto, l'orgoglio dei sacrifici superati cantando «Con noi torna l'Italia dell'onore, / con noi torna l'Italia della fede, / siamo dì quella gente che non cede, / un simbolo di morte ci adunò. / In noi Roma ritrova il suo gran cuore, / nel crollo l'SS non tremò!». Con la metrica strutturale dell'inno dei Battaglioni «M» (Ricciotti Lazzero, "Le SS Italiane", 1982) riportarono nelle contrade della Patria la melodia dei canti della giovinezza -non importa se battezzata «Teschio bianco in campo nero» per il suo ritornello!- per sfidare il maggiore cimento, mentre Radio Londra trasmetteva ai sicari della guerra civile i nominativi dei fascisti o presunti tali da accoppare.

 

L'anticipo della NATO

È opportuno rispecificare, per rimuovere ogni dialettica settaria, che l'istituzione del corpo delle Waffen SS quale formazione di truppe volontarie e scelte da affiancare all'Esercito tedesco, quindi né facente parte della Wehrmacht sul piano organizzativo, né della polizia (l'Allgemeine SS), avvenne per decreto del Cancelliere del Reich il 17 agosto 1938 e durante il 2° conflitto mondiale diede sviluppo al primo esercito europeo, precursore della NATO. Ciò è annotato dallo storico Gerald Reitlinger nella sua "Storia delle SS" (1969) -vol. I, p. 88- in riferimento alla deposizione del generale Paul Hausser (primo comandante dell'Accademia militare delle Waffen SS di Bad Tòlz e poi nel 1945 del Gruppo d'Armate germaniche del Reno) al processo di Norimberga. Su questo concetto operativo delle Waffen SS fu più esplicito Julius Evola nel fascicolo n. 309 del dicembre 1938 sulla rivista "La Vita Italiana" in cui il filosofo, già allora, sottolineava -in sostanza- come la metamorfosi delle Schutzstaffeln in struttura militare con combattenti volontari rappresentava la creazione di un esercito europeo in simbiosi per la difesa dei popoli dall'egemonia della plutocrazia di Wall Street e della City londinese e dalla minaccia bolscevica.

La realizzazione delle Waffen SS Europee (F. Kestern, "Totenkopf und Treu", p. 318, anno 1953) si sviluppò in reggimenti, brigate e divisioni con volontari spagnoli, belgi, francesi, olandesi, danesi, norvegesi, finlandesi, russi anticomunisti delle varie etnie, slovacchi, ungheresi, romeni ecc. indicati dalla bibliografia in materia anche da A. Mollo, Saint-Loup, L. Degrelle, J. Mabire, H. Hohne, D. Littlejohn, F. Duprat e altri, sino a quelli musulmani della XXIIIª Div. Kama ai quali portò il suo incitamento il muftì Hadsi Iman nei Balcani, mentre le formazioni Walloine, Nordland e Westland (composte da combattenti non tedeschi) si distinsero per l'eroismo durante la primavera '45 all'estrema difesa di Berlino dall'invasione sovietica.

 

Tre «mascottes» assassinate

In Italia, tre mascottes di 15 anni -Angelo Cera, Gino Maturano e Luciano Trevisan- vennero trucidate dopo il 25 aprile nella Valle padana insieme a tanti altri commilitoni della 29ª Divisione Waffen SS che costituiva un'Arma della RSI a dipendenza tedesca, eccidi che si verificarono laddove i militari si arresero al CLN dopo la cessazione delle ostilità.

Infatti, «Il cinismo della coalizione di forze contro la vita e la cultura d'Europa -venne scritto nel n. 41 (anno I) del 23.12.1944 nell'articolo "Cuore e fede" dal settimanale "Avanguardia delle SS RSI" edito a Milano- rende questa guerra tanto crudele, dura ed inumana da non potere fare confronti con nessuna delle precedenti guerre». Così fu per tutti coloro che conobbero la tragedia del 2° conflitto mondiale, ciò divenne -con più aspra angoscia!- per coloro che affrontarono dalla parte perdente l'asprezza del Vae victis con un dramma che risparmiò ben pochi, quasi nessuno.

In quei momenti di catarsi degli eventi europei, più che nella katharsis ellenica da Aristotele a Pericle ed oltre, fu preminente la virtù del sacrificio con volontà di parificazione dell'idealità con la politica. Su ciò, il giudizio sintetico effettivo -come indica Kant- maturerà poi, quando la Storia avrà forgiato la sua epica scrupolosa.

Bruno De Padova

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