«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 4 - 31 Luglio 1997

 

«Tamagotchi», emozioni in scatola
 

Un pulcino? un gatto? un cane? Per gli esotisti, anche una scimmietta.

Sventagliate di spots annunciano ultimi arrivi dall'universo in dimensione videogame: sostituti virtuali dei cari, vecchi, cuccioli.

Puoi acquistarli, a prezzi non proibitivi, prima dell'esaurimento delle scorte di magazzino. I distratti attenderanno le prossime consegne. Ossa, pelle e pulci, dopo aver riempito di coccole generazioni di cuccioli d'uomo, per secoli e millenni, vanno in pensione. Per loro è già pronto un decreto, in deroga ai rigori del nuovo welfare. Avranno il divieto di cumulo e pagheranno il contributo di solidarietà.

Ragazzi, si cambia!

Gli spacciatori delle intuizioni geniali scrutano l'orizzonte aspettando le grandi piogge. La stagione degli affari gonfierà i loro conticorrente più di quanto gli empiti proibizionisti le giugulari di superstiti spiriti di controcorrente.

Spiriti inquieti. Saranno presto esiliati negli atolli delle aristocrazie. Ambiti rifugi di emarginazione e di vita.

Ragazzi, si cambia. Da oggi il cucciolo è in scatola. Virtuale.

E tuttavia nasce, mangia, cresce. Qualche volta si ammala. Puoi curarlo. Guarisce.

Si riproduce? ... Al paradiso dei piccoli, chissà perché, lasciano il dubbio appeso ad un chiodo di pudore... mentre continuano a cercare la lingua madre, nel breviario delle istruzioni.

Quando ha fame o sete o freddo, ti manda un bip. Con un bip puoi nutrirlo, dissetarlo, riscaldarlo.

Può anche morire. Anzi, puoi farlo morire. Magari volontariamente, appagando aggressive pulsioni inconsce. Oppure accidentalmente, per distrazione, negligenza. E se ti accadrà di soffrirne fino allo shock, diventerai notizia. E t'infileranno dentro un tiggì, in un quotidiano. Benvenuto, Tamagotchi.

Il tuo replicante BitBit, by Gig, ha un nome meno fascinoso. Ma non è argomento decisivo. Cuccioli d'ogni tipo e formato appariranno sugli schermi dei videogames. Basterà pagare i diritti di copyright.

... A guardar bene, anche le patacche hanno l'altra faccia. Basta girarle. Finalmente termineranno le isterie materne intorno al divano tormentato dagli artigli del siamese, o per quel dalmata insopportabile che continua a stiracchiarsi e sbadigliare sul tappeto orientale.

Non ne incroceremo più gli occhi disperati lungo le rotte vacanziere delle famiglie perbene. Tamagotchi, BitBit, le virtuali generazioni che verranno. Sempre più evolute e sofisticate. Puoi giurarci.

Ci avvolge e cattura l'impaziente attesa dell'apriti sesamo, che consenta di virtualizzare i corpi, a quella data, e per l'occasione, di consistenza assai diversa dall'attuale. Informi ammassi bioelettrochimici? Fluidi vischiosi emergenti da fantasie aliene? Chissà?!

Intanto, insieme a cuccioli e coccole, impariamo velocemente ad inscatolare ciò che resta delle emozioni. Prima che vengano definitivamente perdute. Depressioni ed euforie, coraggio e paure, angosce, frustrazioni. Tutto dentro un videogame. Gli esemplari che sopravviveranno alla volubilità dei giovani acquirenti, al metabolismo vorace del moderno consumismo, all'usura ed alla noia, saranno studiati dai posteri. Reperti fossili di una civiltà che avranno contribuito a distruggere.

Il desiderio irresistibile di primizie travolge le residue resistenze della ragione e dello spirito. Come un fiume in piena.

Emozioni in scatola! Ché altrimenti fanno male!

Con i nostri comportamenti, i tanti esempi di una quotidianità spesso senza amore, né passione, proponiamo ai nostri bimbi modelli meccanici e matematici di intelligentissima solitudine.

Gli insegniamo a diffidare delle relazioni, del contatto. A stare alla larga dai... sentimenti.

Gli compreremo lo scooter. Che vogliono di più? Generosità a rate, ad interessi zero. Sensi di colpa in permuta, supervalutati. Le lunghe assenze, le tenerezze negate, le domande senza risposta, i dialoghi frustrati... del resto, chi te lo dà il tempo! Avranno le nike air max ad ogni stagione. Poco importa se aspetteranno invano un compagno di giochi. Figurarsi un fratello!

Intanto, diventeranno adolescenti. Età ed acne ci passeranno davanti... come le sequenze di un film muto.

Dove sono stati fino a ieri? Incubavano davanti alla televisione. Erano incollati alla sedia, dinanzi un monitor.

Non un sorriso. Le carezze appena scambiate, in superficie. Come sfiorare un cristallo con la paura che si sbricioli tra le dita.

 

*   *   *

Bambini, adolescenti, giovani adulti... lasciati ad incubare.

Insieme a loro, una visione distorta della vita, degli affetti, della realtà. Distorta e parziale.

Dove sono stati fino a ieri? Cerchi una risposta plausibile ed è già domani.

Incubavano. Gli occhi calamitati dal monitor a colori. Le percezioni esterne, filtrate da invisibili barriere, incapaci di eccitare sensi intorpiditi. Lasciandosi trascinare nelle galassie della virtualità come barche alla deriva. E sotto la stiva, gli abissi della coscienza: movimentato condominio di istinti, pulsioni, nuclei di aggressività, embrionali violenze. Difficile capire quando riemergano o quando vengano sfrattati. Purtroppo, accade!

Fatti, episodi, uno dopo l'altro. Cronache di sevizie, di terrore e di morte. Sembrano fulmini a ciel sereno ed invece è solo grigio metropolitano. Per una banconota da centomila si massacra la madre, si incapretta il padre, si spara al compagno di banco. Continuano a piovere sassi sulle autostrade. I libri diventano bombe, i giocattoli assassini... Bambini ed adolescenti che sembrano combattere una guerra senza tregua. Disperata. Si uccide o ci si uccide. Sempre più spesso. Senza una ragione.

C'entrano, eccome!, le moderne incubatrici.

Tamagotchi, BitBit... apriti sesamo! Frammenti di società contemporanee, incapaci di verità, seguono bimbi ed adolescenti. Si infilano dentro un chip. Inutilmente vi cercano pace. Il Grande Villaggio s'avanza, via Internet.

Un solo villaggio, privo di confini, che ha smussato le differenze, livellato le asperità, annullato le identità. S'avanza! Carico di doni e tentazioni! Surrogati di vita.

E già compaiono i primi disturbi, per la felicità degli strizzacervelli. Internet Addiction Disorder. In sigla, IAD.

Ne è affetto un adolescente su dieci, tra quelli che navigano le reti telematiche. Onnipotenza, sostituti onirico-allucinatori della realtà, difficoltà relazionali, progressivo isolamento, a volte fenomeni propriamente regressivi.

La società crea i disturbi, qualche volta anche i mostri. Ma prima addestra i suoi sciamani. Torna la domanda, come un rompicapo, lungo i multiformi itinerari del malessere esistenziale: che accade? ... che succede intorno a noi?

Un centro di gravità permanente dove riportare l'uomo, per riconciliarlo con la vita? La cruna dell'ago!

Il villaggio s'avanza, con le sue tecnologie. Per la prima volta, tutto è diventato difficile, complesso. Ogni epoca ha avuto le sue «tecnologie». In definitiva lo era anche la spada. Il cavaliere senza macchia la maneggiava con orgoglio e destrezza. Le portava rispetto ed amore. Ora non è più così. I figli dell'Occidente che picchiano sulla tastiera o giocherellano col mouse vedono

rimpicciolire gli spazi di autonomia. Sentono avanzare una inedita alienazione. Sono spesso ansiosi, intrappolati da mille frenesie, confusi dal grande frastuono. Sempre più schiavi degli arnesi avveniristici di cui dispongono. Prigionieri delle conquiste dei nonni e dei padri. Tamagotchi, emozioni in scatola. Nell'incombente, dilagante, virtualità troveremo sesso e lavoro, scambieremo informazioni, dati, sentimenti, passioni.

Avremo un genitore, un figlio, un fratello, un amico... rigorosamente virtuali.

La vita, quella vera, carne e sangue, amore e odio, gioia e dolore, è stata ormai espulsa dal ricco Occidente, che non ha tempo di riflettere e commuoversi.

Altrove, orde di barbari, la incontrano, la raccattano, tra fame e miseria. Le fanno posto intorno agli scarni bivacchi. La vita e la morte: che differenza fa! Ne hanno paura e rispetto. Sono il lasciapassare per le verdi praterie. I barbari annusano l'aria. Sono abituati agli odori acri dell'emarginazione. Molti si arrendono ai morsi terribili di visceri vuoti. Mille lire di dignità perduta sotto un semaforo, su un marciapiede, nell'angolo maleodorante di un ghetto metropolitano.

Altri, ammassati su zattere e battelli, inseguono miraggi di terre promesse. Tantissimi resistono. Alle elemosine. Alle teste rasate. Agli aiuti umanitari. Alle lunghe attese.

I barbari amano ancora i sentieri di cielo e di stelle.

A volte, osservandoli, gli sembra di scorgervi i segni della riscossa. Com'è scritto nei testi sacri.

Forse un giorno la storia gli concederà davvero un'altra mano. E gli abitanti del Grande Villaggio torneranno a provare emozioni vere. Emozioni che possono far male. Se fosse Internet quel segno? Se fosse quella dei barbari la strada?

Beniamino Donnici

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