«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 4 - 31 Luglio 1997

 

Tivù: consigli per il disuso
(1ª parte)
 

Tempo fa un trafiletto anonimo emerso per qualche istante dal l'immenso Mare dell'Informazione, notiziava i passeggeri della carta stampata (o meglio, i più navigati tra di essi, quelli che - come si suol dire - sanno leggere tra le righe) del fatto che l'Auditel, sotto la rinnovata presidenza di Giulio Malgara, si predisponeva a raddoppiare il numero di meter in dotazione alle famiglie italiane.

Messa così, la cosa sembrava prontamente destinata ad un meritato e perenne oblìo, del resto, non sono affatto sicuro che gran parte dei lettori di "Tabularasa" sappiano - ed interessi loro sapere - chi diavolo sia il riconfermato presidente Auditel, ovvero credano e sappiano dell'esistenza dei meter... Cercherò allora, per quanto mi sarà dato, di dissuadere scettici, agnostici ed immemori sulla scarsa o nulla importanza della faccenda soprariportata...

Dunque, l'operazione raddoppio di cui ci hanno riferito (assai in breve) gli organi giornalistici riguarderà complessivamente cinquemila «nuclei d'ascolto», e verrà completata (tra breve, pare) con l'adeguamento di 2600 apparecchi TV, circa. Duemila e seicento elettrodomestici dalle caratteristiche davvero speciali, che -dati in dotazione ad altrettante famiglie italiane- andranno a sommarsi ai 2420 apparecchi già all'uopo omologati.

In parole povere, con i nuovi meter di modello tecnologicamente più avanzato -così ci vien detto- il «campione Auditel salirà a ben 14mila unità; unità formate da tutti quei soggetti tele-raccomandati che, dietro garanzia del più rigoroso anonimato, daranno in tempo reale il grado d'accoglienza di programmi-TV ad essi (e non solo ...) elargiti. Ci viene anche detto che «con i nuovi meter verrà registrata ogni forma di fruizione del mezzo televisivo, compresi i videoregistratori, la TV satellitare e quella via cavo»; e ciò al fine di «rendere sempre più solida la struttura della Società, un organismo dove sono rappresentate tutte le componenti significative del mercato televisivo nazionale». Tale il messaggio-comunicato del CDA Auditel.

Ma -al di là delle comprensibili espressioni di patriottismo aziendale- cos'è mai, e come funziona, il misterioso metodo di monitoraggio della volontà popolare?

 

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Facciamo qualche passo indietro. C'era una volta, ricordate?, un dito che mostrava la luna, alias indice di gradimento.

Ad un certo punto della nostra storia, storia commerciale, quel dito scompare. È il 7 dicembre 1986 ed al posto suo nasce, per iniziativa del nostro Giulio Malgara, l'Auditel. Appare dunque sul mercato una società composta da UPA, RAI, FININVEST e da un altro paio di network, la quale si basa sul famoso meter. Aggeggio che, adeguatamente incorporato nei domestici televisori, fa sapere-a-chi-di-dovere come se la spassi, televisivamente parlando, un selezionato gruppo di spettatori, «in rappresentanza» (e senza «vincolo di mandato» ...) dei 24milioni di teleutenti.

All'inizio il campione è limitato a 633. Quindi il numero sale a 2420, per poi giungere ai 5000 dei giorni nostri.

Com'è poi noto, la rilevazione tramite meter dà luogo ad una duplice unità di grandezza: l'audience e lo share. La prima dei due fornisce la rappresentazione numerica dell'ascolto-medio di un programma, il secondo dà la percentuale che quel programma ha ottenuto in una determinata fascia oraria.

Su questi due elementari parametri made in USA (occorre precisarlo?) è stato fondato un Impero.

A portarne la corona in Italia è uno degli uomini più potenti (e più ignorati) della nostra Penisola: Giulio Malgara, appunto.

Già socio di Raul Gardini nella disciolta «Garma» (: Gardini-Malgara); gran manager, a suo tempo, della «Chiari e Forti», la cessata industria di Silea (Treviso) finita sott'inchiesta per l'olio «Topazio», da lui fantasiosamente convertito e ribattezzato col nome «Cuore», cresimandolo come dietetico; abile nelle amicizie giuste (Berlusconi, Craxi, De Michelis, Kissinger, ...) quanto spregiudicato negli sganciamenti (allorché la... giustezza non sia più tale); abile soprattutto nel rifilare agli italici videoti prodotti -altrui- assolutamente inutili (o peggio), tipo l'ignobile intruglio denominato «Gatorade» venduto qui da noi ad un prezzo quasi triplo rispetto agli States di provenienza ...); abilissimo nel convincere le mamme d'Italia a imbottire i loro pargoli di «Mars», merendini, snack e sofficini - al nostro astuto personaggio riuscirà il colpo grosso, quando, forte degli insegnamenti del maestro Berlusconi (tessera P2 n° 1816), farà passare una rivoluzionaria modifica statutaria che lo renderà monarca assoluto e presidente a vita dell'UPA, sigla che sta per: utenti pubblicità associati, il club d'aziende che fanno e si fanno pubblicità; tutte, insomma...

Capite l'importanza del nostro 59enne «venditore di fumo», come lo si sarebbe definito in altri tempi; tempi -certo- tecnologicamente assai più arretrati...!?

 

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Chiusa la digressione sulla figura di Giulio Malgara, che non sembra meritare ulteriori approfondimenti, trattandosi in fin dei conti di un titolato pescecane, in piena regola con i requisiti necessari per galleggiare, emergere, nuotare ed azzannare nel mondo subacqueo degli affari & finanza - torniamo ad occuparci di quel «suo» sistema, attraverso cui passa qualcosa come 45mila miliardi di pubblicità all'anno. Questo, in soldoni.

Ma non sono le implicanze economiche, sia pur mega-economiche, a dover suscitare su di esso le maggiori curiosità.

Il fatto, a parer mio ancor più inquietante, e che il sistema Auditel, ideato per essere strumento di promozione pubblicitarie e fornire una mappa ad uso di spot televisivi, è diventato l'unico metro di valutazione e selezione della informazione di massa televisiva. Se l'Auditel, in altri termini, è nata ad immagine e somiglianza del consumatore, proprio per questo ha costruito -da quel 7 dicembre 1986 in poi- una tivù-intrattenimento perfettamente funzionale alla vendita di fustini e formaggini; una tivù onnivora dove tutto si crea e si distrugge (personaggi, programmi, linee-politiche e culturali ...) in ragione degli interessi dei produttori di fustini e formaggini.

Ci sarebbero poi altri, numerosi aspetti della questione da non sottostimare. A mettermi a disagio, per dirne una, è quell'aria di mistero creatasi attorno al campionario-Auditel in carne ed ossa. A tacerne di altri, quali: una lampante violazione della privacy, o possibile manipolazione dei dati di ascolto ecc.; «aspetti» della persuasione occulta di cui avremo modo di occuparci più avanti.

Ma tornando al clima misteriosofico sull'Auditel, siamo autorizzati a sapere, per esempio, che ci sono in circolazione 5.000 «spie del video» che controllano e riferiscono sui comportamenti audiovisivi di 14.000 persone, come già si è detto. Però, chi siano costoro, o con quali criteri essi vengono individuati, è un segreto che viene meglio custodito dell'oro di Fort Knox.

Tant'è vero che una sera di novembre di cinque anni fa, quando il Gabibbo di «Striscia la notizia» irruppe in una casa meter-dotata, suscitando «un caso» analogo a quello scoppiato nel '90 ad opera di una troupe del TG 1 - ebbene, in entrambi i casi calò rapida la censura del Sistema. Reti pubbliche e private, più che mai unificate, soffocheranno nel silenzio l'episodio, e così il duplice temerario blitz al cuore dello Stato, lo stato elettronico-pubblicitario, non ebbe alcun seguito. Commentò in quell'autunno '92 l'allora Pippo nazionale: «L'Auditel è come un dogma, non si discute. Sennò cade tutta l'impalcatura su cui ci reggiamo». Più articolato, e minaccioso, il giudizio di Giulio Malgara, uscito per l'occasione dall'ombra: «Il nostro è un meccanismo molto, molto protetto, ormai collaudato e accettato in tutto il mondo... no, non è facile, e non sarà facile, gabbare il sistema». Difatti, l'irruzione burlesca del pupazzo ricciano non verrà trasmessa né dalla tivù berlusconiana, né dalle «concorrenti». E chi tentò di «gabbare il sistema», quel Mauro Parissone che organizzò la Strafexpedition alla «famiglia Auditel» sarà, da allora, dato per televisivamente scomparso.

Poco prima dell'annunciato decesso dagli schermi, però, il nostro Marco detterà una sorta di testamento: «Al di là dello scherzo -dichiarò, imprevidente- a noi interessava perforare il muro di gomma. Si può parlare di Ustica e della "Moby Prince", dei brogli elettorali e dei sondaggi truccati, della confessione di Buscetta e delle logge massoniche (senza grossi risultati, si potrebbe commentare a distanza di cinque anni - N.d.R.), ma del fatto che duemilaquattrocento famiglie scelte chissà come regolino la vita di un Paese, no, di questo si deve tacere».

Alberto Ostidich

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