«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 4 - 31 Luglio 1997

 

le recensioni

Sandra Loni
Zuppe di Toscana
Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, pp.
75
 

Quando si dice zuppa, immediatamente si pensa al pane eppure, su questo ingrediente basilare, si soffermano in pochi. Innanzitutto è d'obbligo spiegare che il pane da usare deve essere casalingo, meglio ancora se cotto a legna e, comunque, scegliere un buon pane è già assicurarsi una buona riuscita. Come ogni ricetta che si rispetti, anche la zuppa ha delle regole ben precise da seguire. Ad esempio, nelle zuppe di pesce, il pane tostato o abbrustolito è d'obbligo. Di solito, in certe ricette, è previsto che sia soffregato con aglio fresco per esaltare ancor di più il sapore del pesce. Nelle zuppe contadine, spesso a base vegetale, si preferisce il pane posato, ovvero il pane del giorno prima. In entrambi i casi, esso viene predisposto nei piatti, irrorato con il brodo e lasciato inzuppare bene. Tanto è vero che si dice che il pane è il meglio della zuppa. Se le zuppe di pesce, fra le quali trionfa il cacciucco, troneggiano nei migliori ristoranti e ricevono ovazioni nelle migliori guide, le zuppe di verdura non sono da meno. Rilanciate in questi ultimi anni, ecco che il mito della «cucina povera» trasformarsi nella realtà di «cucina sana e intelligente». È vero che le zuppe sono le magiche interpreti delle sagre campagnole e delle feste popolari che da sempre celebrano i prodotti della terra; è vero che fino a pochi anni fa si pensava, ingiustamente, essere la fiera paesana il luogo destinato al loro consumo. Ma è altrettanto vero che oggi, nell'immaginario collettivo, si è aperto uno spiraglio a favore della tradizionale cucina rustica. Cosicché il gustare una zuppa di farro in qualche famoso ristorante, è diventato un must. Ed allora spuntano, come funghi, ristoranti che offrono interi menù di zuppe contadine. Non c'è da meravigliarsi, quindi, se nei libri di ricette internazionali troviamo, accanto alla «paella di pesce alla valenciana», la «zuppa alla frantoiana»: da sempre protagonista della sagra dell'olio, la prediletta dagli amanti della cucina mediterranea. Essa ha trovato, finalmente, la giusta collocazione nell'olimpo delle zuppe. I piatti di una volta erano semplici, poveri, ma non per questo mancavano di sapori. Anzi, le zuppe di verdura sono una sinfonia di sapori, interpretata magistralmente da mani esperte, da occhi che non hanno bisogno di seguire un ricettario perché, il ricettario, è la natura. Da noi, in Toscana, fino a cinquanta anni fa, si seguivano le stagioni, si raccoglieva quello che cresceva nell'orto. E se l'inverno significava zucca, bruschetta e legumi, si cercava l'accordo perfetto fra questi ingredienti cercando di cambiarne, sempre, il sapore: aggiungendo ora un soffritto di lardo, ora un battuto di odori, ora un mazzetto di finocchio selvatico. Si trattava e si tratta, di una cucina completamente «anarchica», una cucina «ad occhio». Si cucina per la gioia di cucinare, perché ci piace mangiare. Questa è la prima regola in Toscana: si cucina con il cuore, con la pazienza, senza fretta. Le antiche ricette devono essere trasmesse, raccontate, rimanere nella storia della nostra tavola. Con le nostre tradizioni. Indubbiamente, la preparazione della zuppa richiede del tempo - e ieri le nostre donne ne avevano. Ma se oggi per loro è più difficile trovarne per i ritmi infernali cui sono costrette anche dalla televisione, allontanandosi da essa potrebbero trovare il tempo per ricreare i sapori del passato. Basta compiere un piccolo sacrificio per essere ripagate con gli interessi. Soprattutto coniugali.

L'agile libretto di pp. 75, Lire 7.000, con l'illustrazione di 39 ricette di zuppe di verdura e 15 di zuppe di pesce, è reperibile presso:

«Maria Pacini Pazzi Editore» Piazza S. Romano, 16 - 55100 Lucca
e-mail: pacini fazzi@lunet.it * http://www.lunet.it/aziende/mpfazzi/

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