«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 5 - 30 Settembre 1997

 

l'ultima

 

Io voglio bene a Livorno e ai livornesi. Ho vissuto a Livorno giorni di tristezza e di miseria, sotto i bombardamenti, e mi piace quel modo tutto livornese di affrontare il pericolo, la fame, l'avversità. Se qualcuno tenta di raffreddarmi, dicendo: «Ma Livorno è comunista», io rispondo: «Sarà, ma per me è sempre quella città mazziniana e garibaldina che ho conosciuta da ragazzo, e so che esser comunista è oggi un modo d'esser livornese, come era ieri l'esser repubblicano o libertario».

Così rispondo. Tanto è vero che un comunista, a Livorno, non si richiama a Marx, ma a Mazzini e a Garibaldi, e non c'è comunista livornese che non vanti un nonno garibaldino. Anzi, tutti a Livorno hanno un nonno garibaldino che ha combattuto con i Mille. Se conti i Mille che riposano nel cimitero di Livorno, troverai diecimila Mille. L'altra sera ero a cena in un'osteria di Livorno, vicino al luogo dove un tempo sorgeva la famosa «Botte ritta», ed ho assistito a un singolare «battibecco». Erano in quattro, e discutevano, come al solito, di politica. Non so a che partito appartenessero, ma tra loro si chiamavan compagni, e penso fossero compagni: alla livornese, però. «lo» diceva uno di quelli, «quando posso rubare agli americani, rubo. Non per vizio, deh!, ma per politica». Un altro diceva «lo rubo oggi agli americani, come prima rubavo ai tedeschi, e per le stesse ragioni. Bisogna esser coerenti, nella vita». Un terzo diceva: «lo son sincero: quando mi capita rubo anche agli italiani». Un quarto batté il pugno sul tavolo, e gridò che lui era più coerente di tutti: «Ieri sera mi sono portato via una bottiglia di rumme dal circolo del sindacato. lo non sono un settario: rubo anche ai comunisti». Allora gli altri tre si levarono in coro insultandolo, dandogli del ladro, del trotzkista, gridandogli che si vergognasse, che era un mucchio di spazzatura, un nato d'un cane, e che non volevano aver niente a che fare con un ladro: e se ne andarono imprecando e sbattendo la porta. Rimasto solo, l'uomo si voltò verso il mio tavolo: «Trotzkista a me? o che ho la faccia di trotzkista, io?»

«Veramente, no,» risposi.

«Lei la mi deve dire se non ho ragione. Se rubassi agli americani, ai tedeschi, agli italiani, e non rubassi ai comunisti, mi parrebbe d'essere un settario. Ora, il mio nonno era garibaldino. E mi diceva sempre: "Se vuoi essere onesto, non rubare. Ma se proprio non puoi farne a meno, ruba a tutti. Così nessuno potrà dire che sei un settario." Non le pare che il mi' nonno dicesse giusto?» «Giustissimo,» risposi, «ma il su' nonno dove è morto? a Calatafimi?»

«No, è morto in galera.»

Curzio Malaparte
"Il Battibecco" (1953), Vallecchi Editore, Firenze, 1967

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