«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 5 - 30 Settembre 1997

 

 

Memoria - Archivio

 

Con la Decima l’ardimento eroico nell’Impero mediterraneo

 All’attacco con i MAS sul Tirreno nel riscatto dell’onore

 

La rivolta di J. V. Borghese alla resa della Flotta italiana. Annientato il cacciatorpediniere francese «Trombe» (1319 t) dal barchino di Denti. Nell'azione di Nesi sul porto di Ancona il messaggio per la salvezza di Trieste, dell'Istria e della Dalmazia.

 

Con la temerarietà generosa degli audaci, coerenti all'insegnamento del motto «Memento audere semper» -adottato dopo la Beffa di Buccari compiuta la notte dell'11 febbraio 1918 con le siluranti 94, 95 e 96 da Costanzo Ciano, Gabriele D'Annunzio e Luigi Rizzo nella baia del Quarnaro, dove la Flotta austro-ungarica si riteneva al sicuro da qualsiasi rischio di attacco- gli assaltatori della Decima Flottiglia Mas nell'estate 1943 -mentre l'invasore britannico e yankee incalzava sull'Italia occupando la Sicilia e la Calabria- si trovava già in fase avanzata di preparazione una nuova serie d'incursori onde arrecare al nemico il massimo danno laddove il traffico navale dell'avversario era rimasto, sino a quel momento, pressoché indisturbato. Due operazioni, in particolare, procedevano verso la più urgente realizzazione da concretizzare con tre sommergibili di 1000 tonnellate circa su caratteristiche «atlantiche» -il Murena, lo Sparide e il Grongo, recenti- nonché con i nuovi siluri pilotati (i SBB) che consentivano maggiori modalità d'azione e d'offesa. Entrambe, da effettuare entro il 1943 (J. V. Borghese, "Decima Flottiglia Mas", 1967), una delle quali progettata per risalire l'Hudson fino a New York e colpire così gli USA nel cuore d'una delle principali metropoli. Inoltre, un altro, analogo attacco si doveva eseguire contro l'importante piazzaforte di Freetown, nella Sierra Leone, quale sede della Squadra Navale britannica del Sud-Atlantico. Infine, diverse basi mediterranee di inglesi, francesi gollisti e di statunitensi.

Però, sull'Italia incombeva il dramma della capitolazione!

 

Il «folle» avviso dell’armistizio

Infatti, avvenne nel tardo pomeriggio dell'8 settembre di quell'anno che in seguito alla diffusione dell'EIAR (la RAI d'oggidì) del proclama di Badoglio, con l'annuncio repentino della «resa incondizionata» del nostro Paese e delle sue FFAA. alla soverchiante potenza avversaria formata da Regno Unito, USA e URSS, il capitano di fregata Junio Valerio Borghese -decorato di Medaglia d'Oro al V.M.- ritenne impossibile, senza dubbio folle, quanto ripeteva l'emittente di Roma e mentre percorreva la strada a serpentina di La Spezia conducente dalla base dei Mezzi d'Assalto della Decima al Muggiano verso l'Ispettorato Generale dei MAS dislocato nel borgo di Pugliola (M. Bordona, "J. V. Borghese e la Decima Flottiglia Mas", 1995) per ricevere la piena smentita di quell'assurda comunicazione, volse lo sguardo dov'erano agli ormeggi le navi più potenti della Flotta della Regia Marina da guerra italiana.

Ben visibili, ecco le corazzate Roma, Vittorio Veneto e Italia (questa la nuova denominazione della Littorio, «epurata» dopo il 25 luglio!) rispettivamente di 44.050, 45.752 e 43.835 tonnellate di stazza, seguivano gli incrociatori Montecuccoli, Eugenio di Savoia e Regolo, indi i cacciatorpediniere e diverse Unità minori. Nel considerare la loro elevata potenza di fuoco, il comandante della Decima restò persuaso, anzi divenne sicuro -nonostante quel balzano annuncio dell'EIAR- d'un sollecito impiego della Flotta battente il nostro Tricolore in un'immensa battaglia navale -più sconvolgente, più intrepida dei remoti cimenti sul mare a Lepanto, a Trafalgar ed allo Jutland- per scacciare gli invasori d'Albione ed i «lanzichenecchi» di Wall Street dalle terre italiane di Calabria e di Sicilia, fino all'annientamento dell'operazione offènsiva «Husky» (Rugoso) scatenata nel luglio precedente da D. D. Eisenhower e dallo Stato maggiore anglo-statunitense dietro pressione di W. Churchill per colpire le Potenze dell'Asse nel loro punto ritenuto più debole e per conservare l'influenza britannica sul Mediterraneo, sui Balcani e nel Medio Oriente.

Soltanto alle prime luci del 9 settembre però, l'avviso dell'EIAR sulla resa incondizionata non venne più considerato forsennato alla base del Muggiano perché, in quell'alba incerta, l'intero golfo di La Spezia -poche ore prima pullulante di navi alla fonda- risultava deserto: tutte le Unità italiane, escluse quelle devastate, avevano nottetempo levato le ancore, ma non per la grande battaglia contro il nemico, bensì per consegnarsi ad esso, in osservanza alle clausole dell'armistizio. In conseguenza a tale resa, il 27 agosto 1944 a Napoli, la Medaglia d'Oro Carlo Fecia di Cossato -già comandante del sommergibile Tazzoli, affondatore di 19 piroscafi nemici- per la vergogna di avere ammainato la Bandiera dell'unità Aliseo e della sottomissione ai cosiddetti «vincitori» si suicidò, lasciando alla mamma una lettera di condanna per l'armistizio.

Forse, senza l'affondamento della corazzata Roma da parte dei bimotori Dornier 217 K della Luftwaffe con le bombe PC 1400 FX di 1400 kg, senza la scomparsa dell'ammiraglio Carlo Bergamini e del suo equipaggio (A. Trizzino, "Settembre nero", 1969) la forza navale salpata da La Spezia non avrebbe fatto rotta su Malta, ma poi l'amm. Romeo Oliva la condusse in quello scalo ed al successivo disarmo nei porti egiziani, sotto le incessanti angherie dell'amm. sir John Cunningham e delle ciurme di S. M. britannica.

 

Ribellione alla resa

Frattanto, gli uomini della Decima Mas, tanti altri Italiani e il mondo intero capirono che quell'armistizio significava soltanto il più grande tradimento della storia e tale lo definirà più tardi lo stesso generale inglese B. L. Montgomery ("Memorie", Londra, 1958) perché -a suo avviso- il re Vittorio Emanuele III, Badoglio ed i loro generali agognavano soltanto di accorrere in aiuto al vincitore (cioè, to spring to the aid of the victors) senza scrupoli di coscienza. A quel punto, il comandante J. V. Borghese precisò: «In ogni guerra, la questione di fondo non è tanto di vincere o di perdere, di vivere o di morire, ma di come si vince, di come si perde, di come si vive, di come si muore. Una guerra si può perderla, ma con dignità e con lealtà. La resa e il tradimento bollano per secoli un popolo davanti al mondo». Altresì, in quel dramma (S. Nesi, "Decima Flottiglia nostra ...", 1986) s'insinuò la minaccia della guerra civile, già iniziata con l'assassinio alle spalle nella notte del 24 agosto della Medaglia d'Oro Ettore Muti nella pineta di Fregene da parte dei sicari badogliani, molto più grave quindi di quella descritta da Sofocle nell'Edipo a Colono per il dissenso tra Etèocle e Polinice a danno della gente tebana, perché quella «metamorfosi» (metempsicosi) di alleanze e di suoi riflessi venne pagata in misura tragica dal Popolo italiano.

In quei momenti però, la Decima Flottiglia Mas trasmise ai suoi marò, tra i cittadini, a chiunque s'avvicinò al suo Tricolore, la superba melodia della Nazione. In quell'ardente passione di coscienza e di Italianità si declamava con l'orgoglio della rettitudine che «La Patria non è solo, fatta di terra... / Tutte le terre si somigliano... / La Patria è qualcosa di tuo, / è nel tuo sangue, / è nel tuo spirito... / È come un'eredità d'amore... / è come un'eredità di dolore! / È tua quando nasci. / È negli occhi di tua madre. / È lo sguardo della tua donna. / È il sorriso dei tuoi figli. /È il rifugio della tua anima»

Questo sa descrivere Sergio Nesi nel suo tomo sulla Decima!

Per l'Italia, per questa Nazione s'elevò dalle caserme del Muggiano e di San Bartolomeo quell'inno della Decima per la redenzione dell'Onore della Patria che fu improvvisato da donna Daria Olsoufieff Borghese all'albergo «Le Palme» di Lerici, mentre suo marito (il Comandante!) ed i marò respingevano l'ignominia della capitolazione e il cambiamento della fronte. Fu e resta il carme della speranza e del coraggio, è l'esaltazione dell'eterna giovinezza di chi sa credere.

Di ciò abbiamo narrato in precedenza ("Tabularasa", Anno V, n° 3 del 31.5.1996, pag. 24: «Con la Decima il solco italico sui confini orientali. Il calvario del "bel battaglione" per Gorizia. Diario 194345 del Btg. Sagittario») ma è opportuno aggiungere che Borghese stipulò il 24 settembre un proprio «trattato di alleanza» con la Kriegsmarine germanica -presente la Medaglia d'Oro cap. vasc. E. Grossi- direttamente con il Grande Ammiraglio Karl Dónitz, in cui facendo salva la personalità giuridica della Decima quale Ente costituito appartenente alla Marina italiana anche rispetto al Terzo Reich, anticipava di fatto l'istituzione della Marina da Guerra di quelle FF.AA. della Repubblica Sociale Italiana che venne realizzata con il rientro di Mussolini alla Rocca delle Caminate.

 

Il germoglio dell'audacia

Esporre nei dettagli l'evoluzione strategica, organizzativa, tecnica e operativa della Decima richiede parecchio equilibrio, spaziosità esemplificativa e precisione d'evidenza: questo hanno rispettato J. V. Borghese (1950), U. Franzolin (1953), T. Meneghin (1958), L. Del Bono (1978), G. Bonvicini (1988) e molti altri reduci da noi indicati per le loro documentazioni, perché la leggenda dei Mezzi d'Assalto italiani è vincolata non solo all'osservanza del proprio Decalogo che al «punto 10» specifica come «se cadrai mille altri ti seguiranno, da gregario diventerai un capo, una guida, un esempio», ma anche all'apoteosi del Dovere con la volontà di coscienza più ineludibile, cioè «Obbediamo ai nostri eroi!».

A ciò ubbidì il sottocapo pilota Sergio Denti, uno dei più giovani marinai che in quel maledetto settembre del '43 con la propria coscienza d'Italiano rifiutò d'annegare nella vergogna del tradimento badogliano, sfuggendo ai trabocchetti degli ammaliatori di Radio Londra ed a quelli dei «fuggiaschi» di Brindisi, ben più insidiosi dei tranelli delle sirene Leucosia, Lige e Partenope per l'arguto Ulisse, in quanto occultavano -dietro l'utopia ingannevole della «pace» senza abnegazione- l'ignobile assoggettamento e la più umiliante sottomissione alla tracotanza degli invasori britannici e yankees.

Quando nel giugno 1941 la "Domenica del Corriere" (n° 25, 22 giugno, XIX E.F.) segnalò S. Denti quale più giovane marinaio d'Italia e il suo impegno di valoroso nelle missioni sulla silurante Orsa, in lui era già maturata la disciplina dell'ardimentoso e in seguito all'assegnazione di due Croci di Guerra al V.M. e di due Encomi solenni per la distinzione in battaglia (contribuì all'affondamento di due sommergibili avversari, durante un'incursione nemica sul porto di Trapani salvò i detonatori e gli inneschi per 600 torpedini ecc.) poté sognare l'inserimento nella Decima e tra i suoi audaci. Poi, lo realizzò.

 

Al riscatto con fermezza

Come per S. Freschi, per il capo Fontana, C. Biffignandi, G. Mazzanti e R. Bernotti, quanto per il guardiamarina Bellipanni, M. Poddine e il capo Iafrata, nonché per il S.T.V. Leotti e per tutti gli appartenenti alla Squadriglia MAS Castagnacci con le imbarcazioni dislocate tra gli scali di San Remo, Imperia, Varazze e Genova, anche per il Denti la cronistoria degli scontri sull'Alto Tirreno contro le molteplici e protettissime (dalla RAF e dall'USAAF) unità navali inglesi, statunitensi e francesi rappresenta oggidì una parte del diario delle azioni compiute dalla Decima per riscattare l'Onore della Patria, ma diciamo noi che ognuna di queste missioni costituisce una pietra viva nell'edificazione dell'acropoli degli eroismi della Repubblica Sociale nel quadrante della Storia, in cui uomini di Borghese, Arillo, Ferraro, Nesi e De Siervo operarono con la coscienza e nella responsabilità del sacrificio. Sono più di 2000 i Caduti della Decima per la Patria, sono duemila marò che sul Mediterraneo, sulle fronti di Anzio e Nettuno, in Piemonte e nella Venezia Giulia, nelle trincee della Linea Gotica hanno issato e difeso ad oltranza il vessillo tricolore dell'Onore.

Sulla prua della Decima indicava la rotta della Civiltà!

Inoltre, quella navigazione sull'Oceano pragmatico della Storia autentica, edificante l'asserto sulla coerenza al Dovere sino all'olocausto da valorosi, ottenne dal decumano Luigi Del Bono ("Il mare nel bosco", 1978) la figurazione più congenita delle imprese sul mare compiute dalla Decima nell'Alto Tirreno durante la RSI ed attraverso essa si sente il rombo incalzante nei motori dei mas 504, 557, 562, 531 e 561 -identico a quelli degli altri mezzi di superficie 505, 553, 556 e 525- protesi nell'assalto contro il nemico. La vittoria dell'azione aveva la propria accezione nel contenere l'incalzare dell'avversario sull'Europa, nel salvaguardare il Mare Nostrum come fecero i coraggiosi d'ogni tempo, dal console romano M. Attilio Regolo alla Medaglia d'Oro cap. di corvetta Salvatore Todaro.

È al bardo Ossian l'epica leggenda di eroismi favolosi e di sacrifici consapevoli sull'immensità delle acque in cui si celebra il pregio della Gloria, è del pittore J. A. Ingres la loro esaltazione in un dipinto adesso esposto al Louvre di Parigi, ma appartiene all'Inno degli Incursori ed ai suoi interpreti il canto spregiudicato per l'ardimento sul mare e per l'amor patrio all'Italia, dove garrisce il Tricolore.

 

Nella saga dell'epica

Continuò così nella RSI l'elegia della Decima sul mare. La nuova situazione però, impose l'impiego dei piloti più audaci per condurre i mezzi d'assalto di superficie contro il nemico divenuto più potente nell'armamento difensivo ed offensivo. Inoltre, non potendo più usufruire dei Siluri a Lenta Corsa, cioè gli SLC (i famosi maiali), la Decima adoperò oltre ai MAs tradizionali anche gli MTM, MTSM e SMA, tutti motoscafi da turismo di varia potenza modificati in siluranti, che contribuirono ad affondare e danneggiare il naviglio nemico per complessive 3224 tonnellate.

Avvenne nel 1944, dinanzi alla «testa di sbarco» ad Anzio e Nettuno, che il 20 febbraio il MTSM con R. Chiarello e G. Ciandollo riuscì a penetrare tra le navi anglo-statunitensi e ad affondare l'unità PC545 USA (280 t), poi il 2 aprile lo SMA operante con F. Baglioni e H. Manzo colò a picco il trasporto LTS305 USA (1625 t) con l'intero carico di carri armati. In precedenza a ciò, il barchino di O. Ungarelli ed E. Scardamaglia tentò invano di attaccare i mercantili degli invasori nel porto di Napoli e più tardi (il 7 novembre, quasi alla vigilia dell'offensiva di Natale della Divisione Alpina Monterosa sulla Garfagnana) un altro SMA, un MT con due SSB impegnarono gli incursori G. Fracassini, L. Scarpino, ten. Uras, A. Jacobacci, stc. Toma, S. Pucciarini e il stc. Bonato a saggiare la forzatura dello scalo di Livorno, ma un'avaria imprevedibile impedì di ferire la base più avanzata di rifornimenti della V Armata yankee.

Poi, nella primavera 1945, allorché Alexander scatenò l'offensiva "Aurora" con potenza di forze per abbattere la RSI e per colpire le Divisioni residue della Wehrmacht resistenti nella Linea Gotica, sull'Alto Tirreno il stc. Sergio Denti partecipò anche la notte del 16 aprile con il SUO MTM («armato» col carico di 300 kg di Tetril, l'esplosivo tre volte più potente del tritolo) all'azione dei barchini della Base Ovest della Decima -quella di San Remo- per attaccare le navi da guerra nemiche che appoggiavano con le proprie artiglierie, dal mare, le operazioni golliste e statunitensi sulla fronte con la Francia in prossimità di Ventimiglia e per ostacolare i movimenti delle truppe italo-germaniche nel Ponente ligure.

Al più giovane marinaio d'Italia, quel Denti che evase dalla bottega dell'arte di Rosai per diventare ardito del mare, la valorosa esperienza di combattente sui mezzi d'assalto non sembrava sufficientemente meritoria poiché non aveva conseguito una vittoria pari a quelle dei decorati con Medaglia d'Oro al Valore Militare, conquistate prima dell'8 settembre dalla Decima con l'affondamento di 5 navi da battaglia e di 27 unità mercantili del nemico per complessive 264.792 tonnellate di stazza.

Ma quella notte, la divinità Nettuno -il Poseidon di Omero- fu benevolo con il mozzo dell'Orsa e il pilota del MTM «decumano».

 

Colpita dal «548» la bella preda

D'improvviso, dalle tenebre, apparvero davanti al barchino 548 di Denti, le sagome di quattro unità nemiche: una grande, tre minori. L'MTM era solo, gli altri mezzi d'assalto cercavano più in là -oltre Mentone e Cannes- d'individuare qualche preda.

Sebbene avvistato dal radar e subito investito dalla tempesta del fuoco di sbarramento del nemico, Denti lanciò il suo «548» a piena velocità contro la sagoma più grossa, bloccò il timone, tolse la «sicurezza» dall'esplosivo e poi si catapultò con lo zatterino di salvataggio nel mare. Pochi secondi dopo seguì la deflagrazione: il cacciatorpediniere francese Trombe (1319 t) era finito e, per lo sventramento patito, mai più riutilizzato. Frattanto, il stc. Denti -ferito ad un braccio- venne catturato. Riuscì, però, a fuggire e rientrare alla base della Decima. Il suo comandante TV. Gustavo Fracassini aveva già proposto per Denti la concessione della Medaglia d'Oro al V.M. a seguito di tale successo, ma poi gli amici dei «vincitori» gliela negarono.

Ciò non conta, perché la proposta della RSI lo inserì di fatto nell'Album d'Onore della Decima e tra le vittorie di Malta, Suda, Gibilterra, Alessandria ecc., tra i valorosi che per la Decima conseguirono 1 Titolo di Cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia, 1 di cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia, 30 Medaglie d'Oro, 102 d'Argento, 36 di Bronzo, 30 Croci di Guerra e molteplici Promozioni al V.M.: tutto ciò è un momento alla dedizione per la Patria e al valore dei Marinai.

Infine, mentre la Medaglia d'Oro Arillo salvava il porto di Genova dalla distruzione, prima che i MAS delle Basi Ovest, Est e di La Spezia venissero affondati per non consegnarli al nemico, nell'Adriatico il Ten. di Vascello Sergio Nesi con due SMA nella notte tra il 13 e il 14 aprile -insieme a S. Perbellini, F. Mauceri e R. Bratti- puntò sul porto di Ancona e, in particolare, evidenziò all'altra Italia che le genti di Trieste, Pola e Fiume attendevano la salvezza dagli orrori incalzanti delle barbarie «titine». Fino a quel momento, quella difesa per l'italianità della Venezia Giulia, dell'Istria e della Dalmazia era stata compiuta dalla Repubblica Sociale e dalla Decima Flottiglia Mas con il maggiore impegno.

Per l'Onore, memento audere semper!

 

Bruno De Padova

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