«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 6 - 31 Ottobre 1997

 

le recensioni

 

 Giorgio Casoni
"Cosimo Ardati (un carrarese nel Risorgimento)"

Mauro Baroni editore, Viareggio, 1995, pp. 125

 

 

Discendente da un'antica ed importante famiglia di Carrara, Giorgio Casoni ha voluto rielaborare secondo i modi propri del romanzo storico luoghi familiari e personaggi conosciuti, memorie private e vicende pubbliche.

È nato così questo "Cosimo Ardati (Un carrarese nel Risorgimento)", Mauro Baroni editore, Viareggio, 1995, racconto lungo o romanzo breve, che, per dirla con il prefatore Manlio Cancogni, ha «la compostezza e l'oggettività di un classico». Scritto nel 1937, Cosimo Ardati è il «romanzo di formazione» di un giovane apuano nobile di origine e, almeno inizialmente, senza particolari qualità che si trova a vivere la propria giovinezza a ridosso del 1848, l'«anno dei portenti». È ben raccontata la lenta e progressiva presa di coscienza di questo «giovin signore», prima dedito solo alle feste, agli amori facili, ai cavalli, alla caccia. Poi, la Storia grande del secolo dei risorgimenti nazionali lo coinvolge e lo travolge, suo malgrado, fino al sacrificio estremo della vita: «La lunga ansia dell'attesa, le incertezze, i dubbi, gli scoramenti, tutto era finito e dissolto nella gioia e nell'impeto della cavalcata. Portato dalla foga del suo cavallo Cosimo non era più che un elemento dell'onda tumultuosa di uomini e di cavalli che volava contro gli austriaci in fuga. «Così lo colse la morte: proteso sul collo del suo cavallo per assecondarne il galoppo, tenendo alto sul capo la lama asciutta della sua spada. Sbalzò di sella quasi di colpo cadendo supino all'indietro. Pel colpo perdette l'elmo che rotolò a qualche passo da lui. Il cavallo caracollò nitrendo qualche attimo attorno al cavaliere caduto, poi si rivolse al galoppo verso le linee piemontesi».

Muore così, a Goito, il penultimo giorno di maggio 1848, questo modesto eroe, nella battaglia che vide la disfatta austriaca e l'insipienza piemontese che di quella vittoria non seppe approfittare. Un finale insieme epico e soffuso di malinconia, a cui si giunge dopo oltre cento pagine, in un crescendo di intrighi, equivoci, colpi di mano, fughe... raccontati modernamente con freschezza d'invenzione, agilità di moduli narrativi e senza l'enfasi e la retorica di tanta scrittura romanzesca dell'Ottocento.

Ma c'è anche un altro motivo, più attuale, che rende importante la lettura di questo romanzo: in tempi di chiacchiere diffuse sulla secessione e conseguente negazione dei valori fondanti del Risorgimento, le vicende di Cosimo Ardati, immaginarie ma proprie della intera generazione risorgimentale, si propongono come il necessario antidoto ai malumori velenosi diffusi a piene mani da una minoranza becera ed intemperante. E bene hanno fatto l'Accademia Aruntica di Carrara e la Casa editrice viareggina Baroni a ripubblicarle, dopo sessant'anni di oblio.

Luciano Luciani

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