«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 7 - 31 Dicembre 1997

 

Per farla finita con la destra... ma anche con la sinistra

 

«Detesto le parole menzognere di destra e sinistra»
Drieu La Rochelle

 

Lo spunto per le riflessioni che seguono le dà il libro di Stenio Solinas dal titolo emblematico "Per farla finita con la destra".

Ho conosciuto personalmente l'autore con il quale, nei cosiddetti «anni di piombo», ho condiviso ansie, timori, delusioni, preoccupazioni, incazzature e speranze. Sì proprio la speranza di cambiare radicalmente quel cosiddetto mondo di «destra» nel quale eravamo stati catapultati. Un mondo dove non ci trovavamo affatto a nostro agio, ma nel quale fummo costretti, volenti o nolenti, a stare. Lo facemmo, insieme a tanti altri camerati, con dignità e coraggio ma anche con un forte e mai nascosto spirito critico. Sentivamo che quel mondo non ci apparteneva.

Fin da quegli anni la nostra eresia fu il dichiararsi né di destra né di sinistra. Fu il dichiarare o, come eravamo soliti fare, che capitalismo e marxismo erano due facce della stessa medaglia. Eravamo e ci consideravamo oltre quegli steccati che oggi mostrano, o hanno mostrato, tutta la loro pericolosità e fallacità. Eravamo «esuli in patria», ghettizzati e aggrediti da una sinistra spocchiosa e trinariciuta, insoddisfatti e insofferenti nell'angusto recinto della destra. Militanti, il sottoscritto e Solinas, in un partito, il MSI, che era nato non certo come destra essendo l'erede dei vinti di Salò e quindi di uno straordinario bagaglio spirituale, culturale, ma soprattutto sociale al di sopra e al di là di fuorvianti etichettature di stampo ottocentesco.

«Destra, quanto l'ho detestata questa parola. Sinistra la schifavo». In queste parole di Solinas è condensato il nostro recente passato. Il nostro essere eretici ieri, ma anche il nostro esserlo oggi. Controcorrente. Sempre e comunque antagonisti. Ieri al dilagante e stucchevole conformismo di sinistra e al mieloso perbenismo di destra, oggi all'invadente e soffocante conformismo liberalcapitalista e liberista. Verso il quale tutti corrono, tutti si inginocchiano, tutti si assoggettano.

«Si è preso atto dell'esistenza di un sistema liberalcapitalista vincente, di un modello occidentale di sviluppo. Si è sostituito il faro sovietico con quello americano e si sono di nuovo chiuse le iscrizioni». Così Solinas.

Siamo al, speriamo momentaneo, trionfo del conformismo ideologico. Al piattume. Tra la cosiddetta destra e la cosiddetta sinistra, entrambe sempre più protese verso il centro moderato, sono ormai evidenti più i punti di contatto che quelli di separazione. E non poteva essere diversamente. Le famose due facce di una stessa medaglia. Siamo al pensiero unico che è, come sostiene Solinas, «una forma raffinata e perfezionata di totalitarismo».

Tutti all'improvviso -ma è poi così?- si sono scoperti strenui seguaci del libero mercato. Libero soprattutto di essere selvaggio e portatore di effetti drammatici per la collettività. La disoccupazione che aumenta a vista d'occhio. Povertà, ingiustizie, emarginazione, valori sono questioni di secondo ordine. Un tempo scuotevano e dividevano le coscienze, agitavano le passioni, provocavano i conflitti. Le «idee sono sangue» diceva Drieu La Rochelle. Oggi sono i parametri, le banche, le borse, le multinazionali, che agitano e talvolta dividono. Lo stato sociale, ardita conquista degli Anni Trenta prima e Cinquanta poi, va, come si afferma ripetutamente, rivisto. Il che significa in definitiva che va abolito. Nella logica del pensiero unico. Tutto può accadere perché non esiste più lo spiraglio di un ideale, ma solo ed esclusivamente il miraggio di un interesse o di una poltrona. L'economia ha vinto sulla politica. L'egoismo sul solidarismo. Viviamo in quella che Weber preconizzava come «gabbia di acciaio». Una gabbia confezionata dalla destra e dalla sinistra sempre più omologhe fra loro.

«Un invisibile filo spinato ideologico isola chi la pensa diversamente, chi non è in linea con il pensiero dominante». Sono ancora parole di Solinas. Un perfido e truffaldino sistema elettorale poi, quello maggioritario all'italiana, ha chiuso il cerchio. Perché è un cinico e vigliacco inganno. Concordato e messo in atto dalla destra e dalla sinistra, asservite ai poteri forti. Ecco perché gli sconfitti e coloro che non ci stanno, gli antagonisti di ieri e di oggi, debbono ritrovarsi e cominciare a pensare, come afferma Solinas, «in modo unitario».

Thierry Maulnier, accademico di Francia, sosteneva molti anni addietro: «Ma non diciamo che la parole destra e sinistra non hanno più significato. Diciamo che se ne hanno ancora uno, bisogna toglierlo. Perché esse significano routine ed utopia, morte per paralisi e morte per decomposizione. Denaro e numero. Tirannidi antagoniste, forse, ma egualmente odiose e d'altronde suscettibili di unirsi a spese dei mistificati. Perché sappiamo che la guerra dei princìpi può essere anche quella degli affari».

Non è forse quanto sta accadendo oggi? Destra e sinistra si fronteggiano, o quanto meno fanno finta di farlo, nel nome di interessi

personali e di gruppo.

Ha ragioni da vendere Stenio Solinas quando grida «per farla finita con la destra», sottintendendo però, e lo si evince chiaramente dalla lettura del suo lavoro, che contemporaneamente bisogna farla finita con la sinistra. Se vogliamo fare «un primo piccolo, ma significativo, passo sulla strada del riscatto. Di questa cara e porca Italia».
 

Gianni Benvenuti

Indice