«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 7 - 31 Dicembre 1997

 

Pezzi di Bronx in una città toscana


 

Una folla composita sciama di prima mattina tra le bancarelle del mercatino rionale di Piazza S. Giuliano.

Donne, uomini, ragazze, anziani... a migliaia.

Crocchi che si fanno e si disfanno come gocce di mercurio trascinate da una forza invisibile.

Una folla che osserva, manipola, contratta, compra e intreccia due parole con il vicino di casa, la negoziante, il parente o l'amica.

Da lontano, al venerdì, il Centro storico sembra un formicaio pregno di colorata gioiosità, di un incessante lavorio... carico com'è di abitudini, di gestualità, di voci, di rumori, di odori caratteristici.

Un armonico e caleidoscopico fluire di vita.

Da vicino, gomito a gomito con la gente, però le cose cambiano. Le percezioni diventano altre.

Brevi le soste tra le bancarelle, acquisti ridotti all'osso, qualche commento caustico sui prezzi che salgono all'insù e un umore collettivo che punta decisamente al grigio.

 

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Lo shopping spensierato degli Anni Ottanta è ormai un ricordo sbiadito. Il consumismo ha smesso di fare tendenza. All'economia gonfiata e pasticciona di ieri, il liberal-capitalismo di oggi ne ha sostituita una da rapina.

Ormai basta un «all'erta» di Confindustria, una relazione di Fazio alla Banca d'Italia perché Prodi & compagni si mettano in moto con un altro paio di «finanziarie».

E ogni volta... sono migliaia di miliardi che prendono il volo.

Un flusso enorme di danaro e di ricchezza che si muove in un'unica direzione. Dalle tue mani e dalle tue tasche alle loro. In cambio di niente. Per te, un po' alla volta, ci sono solo abitudini e ritmi che cambiano, c'è una qualità della vita che peggiora.

Che trascina verso il basso le certezze più consolidate, che compromette la serenità della tua famiglia.

E mille preoccupazioni in più. Il lavoro, quell'acciacco che non se ne vuole andare, il figlio che studia e l'altro disoccupato che si sveglia a mezzogiorno e gironzola per casa... la pensione... le bollette da pagare.

 

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Su Piazza S. Giuliano, il primo pomeriggio tra le cassette abbandonate ai camion della nettezza urbana, si aggirano ormai da mesi degli anziani malmessi. Con circospezione, vergognandosene, raccolgono da terra della frutta battuta. I clienti del bar d'angolo dicono che siano dei pensionati al minimo.

Spezzoni di quotidiano, di una povertà che esce sulla strada. Che non ce la fa più a restare rinchiusa nelle pieghe dei bilanci familiari, nell'amara solitudine di una vecchiaia precaria e senza mezzi.

 

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Ai margini del Centro Storico, ormai degradato, un gruppo di spacciatori marocchini distribuisce ai ragazzi del quartiere i soliti quartini cellofanati di eroina.

Cento metri più in là, c'è la pensione «Stella» che pullula di prostitute nere e di malaffare.

Durante l'ultimo anno ci sono stati nella zona tre accoltellamenti e dieci retate della Polizia. La solita irruzione... la schedatura, il foglio di via-carta straccia, un po' di calma piatta per qualche giorno.

Poi... tutto torna come prima. Scene di un ordinario 1997 con una sinistra «rosa» al governo del Paese. Assaggi di neoliberismo reaganiano. Pezzi di un Bronx futuribile.

Mi domando, vi domando: cosa c'è alla fine del tunnel?

È davvero questo che vogliamo per chi verrà dopo di noi?

Mentre tarda una risposta collettiva, forte, al cambiamento, gli uomini autenticamente liberi continuano a lottare. Perché domani è sempre... un altro giorno.

Giancarlo Chetoni

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