«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VI - n° 7 - 31 Dicembre 1997

 

Perdendoci nel polverone
 

Tutti noi, almeno una volta, camminando al primo piano di una casa di campagna, abbiamo sentito il pavimento oscillare e vibrare, ma nessuno ha pensato alla potenza devastatrice del terremoto. Non è facile, guardando un pizzico di sabbia, immaginare il Sahara e la violenza d'una tempesta che sposta le dune.

È impossibile, esaminando una goccia d'acqua, avere un'idea dell'oceano e concepire il furore dell'uragano.

Se ci perdiamo nella considerazione dei «frammenti», perdiamo di vista l'enormità del «tutto».

Come possono non sapere una cosa tanto semplice coloro che sono bravi, intelligenti, colti, preparati, potenti, addetti ai lavori?

I ragazzini scippano e spacciano la droga ai coetanei per conto di terzi e si parla di delinquenza minorile; tre maniaci sessuali abusano d'un bambino, l'ammazzano e lo fanno sparire ed ecco la piaga della pedofilia; sequestrano un povero diavolo e spunta l'anonima sarda o chi per essa; rapinano una banca e siamo alla delinquenza organizzata; se ricattano e fanno uso della lupara, salta fuori la mafia o roba del genere; se sono furtarelli, borseggi, macchine scassinate, allora è microcriminalità; se sfruttano le ragazze di strada, ecco il racket della prostituzione; se vendono droga è narcotraffico; se massacrano i genitori a bastonate per centomila lire è inefficienza della scuola, della società, della famiglia; se stuprano una donna è violenza sessuale, se corrompono o si fanno corrompere è il malcostume partitocratico della prima repubblica; se gambizzano o accoppano politici e sindacalisti è terrorismo, se diffondono volantini con qualche simbolo allora sono brigate rosse, nere o a pallini... e potrei continuare. Ma i farabutti dove sono?

Quel che ho detto o sono etichette o sono spiegazioni, mai e poi mai sono giustificazioni. Vorrei solo sentir dire una cosa, di lapalissiana verità: la delinquenza è delinquenza, che si presenta a noi con una moltitudine di manifestazioni, ha un solo nome ma numerosi attributi, in tante espressioni ha una sola natura - la aggressività e la sete di potere, di avere, di prendere del più forte a danno del più debole, è la bestia grossa che mangia la più piccola, è il carnivoro che divora l'agnello. Perché il lattante è indifeso di fronte al ragazzino di dieci anni, e questo è inerme dinanzi al ragazzotto del bar di fronte, che è fragile al confronto dell'energumeno, che è a sua volta debole di fronte a uno armato di coltello, che è nulla se contrapposto a quello che impugna il mitra.

Il minorenne colpevole oggi è il delinquente comune di domani, il microcriminale è il germoglio da cui svilupperà il criminale di domani e, unito ad altri, la banda organizzata, la mafia o che altro.

È tutto un insensato tagliare la torta in tanti pezzetti, nel tempo potremmo dire in senso verticale, nel modo potremmo dire in senso trasversale. Disperdiamo le nostre già scarse risorse di controllo, prevenzione e repressione in tanti rivoli, corridoi e strade e la piaga ingigantisce, concentriamo la nostra attenzione sulla goccia, sulla sabbia o sul pavimento e la mareggiata, la tempesta ed il terremoto della bestialità umana distruggono la nostra società, che potrebbe dirsi civile, se non fosse così incivile da tollerare un simile andazzo.

Ma è un andazzo troppo pacchianamente sbagliato per pensare che sia solo sbagliato: a chi giova? Viene preso il vecchio pedofilo ammalato di enfisema e di cuore vattelapesca da quando, e -di ciò morendo con eccezionale tempismo- non dirà mai se nel giro c'era per caso uno troppo grosso per essere coinvolto e disturbato, cui questa morte apparirebbe maledettamente opportuna, così tanto ben localizzata per essere definita -sic et simpliciter- una mera coincidenza.

Zarathustra

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