«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VII - n° 1 - 28 Febbraio 1998

 

Per non dimenticare

 

Gli sgoccioli del '67 vennero segnati da una forte effervescenza generazionale che invase università, scuole, strade e piazze d'Italia. La protesta scopre la politica, si organizza, e genera le sue inevitabili appendici di parte. Estendendosi a macchia d'olio, assapora il gusto di travolgere i vecchi equilibri di potere. È un fiume in piena che tracima dagli argini, che spiazza partiti, istituzioni, parlamento e governo. Che allarma i Poteri Forti. Dopo mesi di incertezza e di sbandamento il regime risponde con una strategia già sperimentata con successo in molte aree del Centro America: contenimento, disinformazione, provocazioni, repressione e stabilizzazione. Sotto la supervisione dell'Ufficio Affari Riservati del ministro degli Interni, nasce la pratica globale degli opposti estremismi e delle stragi di Stato. Per colpire a «destra» e a «sinistra». Ma non basta.

Occorre liquidare le aree di consenso di una protesta che si sta rivelando attrezzata e multiforme. Mentre si esfiltrano dal magma le teste più lucide, si veicolano negli aggregati politici dosi di delinquenza comune e di elementi culturali disgreganti. Salgono in cattedra mille cattivi maestri. È l'ora dei negromanti della corrosione sociale, delle facce sporche dei Pannella, delle Faccio, delle Bonino, dei Meciani... e non solo. Foraggiati dalla Grande Finanza, vezzeggiati dagli ambienti bene, osannati dal mondo intellettuale, spinti in alto dai media, ripetono fino alla nausea che fa meno male una canna che un po' di tabacco o un goccio di alcool.

E venne... il tempo dei «figli dei fiori».

Tutto era accattivante, liberatorio... Ci fu così chi fumò la sua erba. Per emulare, per trasgredire... per contestare. Sembrò perfino bello. Allora. In superficie si notava poco ma il cancro attecchì e devastò in silenzio con le sue metastasi le vittime sacrificali più ambite: i giovani. Oggi, li puoi vedere, adulti e ingobbiti, con dei brutti ceffi d'intorno, la mattina presto alla Rotondina del SERT in via Gramsci a prendere metadone. La faccia scavata, sofferente, devastata dall'eroina, portatori infetti di un male senza ritorno. Stanno lì, a fare cerchio, bramando un sorso di droga di Stato. La gente del quartiere gli scivola via accanto, come acqua sul tetto. Ripaga quella presenza scomoda con un silenzio infastidito. Un po' rassegnato e un po' vigliacco. Molto, molto italiano.

C'è ormai tra di loro chi si «fa» davanti ai ragazzini che vanno a scuola. Sul marciapiede rimangono le siringhe usate, la carta stagnola dei quartini. I cartoni ammezzati di acqua minerale. Dall'altro lato della strada (il marcio conserva sempre le sue inossidabili gerarchie) gli «spaccia» aspettano che arrivi... l'astinenza. Con il suo tremore incoercibile, i conati di vomito, la defecazione... dove capita.

Poi... calano come avvoltoi sulle prede da scarnire. Massacratori impuniti di vita. Ingranaggi di un piano diabolico ordito... anni fa.

Dietro il colonnato la siringa gira, lenta come una macina, di mano in mano. Gesti dettati solo da una lucida e fredda volontà di autodistruzione, dalla disperazione di non farcela più a soffrire ancora.

Si lasciano alle spalle una traccia di sporco: gli amici portati nel giro, le famiglie senza lacrime... sul lastrico... la galera, i viaggi da cavallo, la china rapida dell'abiezione fisica.

I furti, gli scippi all'anziano. Altro dolore, inflitto agli altri.

Sempre più giù, nel girone dei dannati, un po' alla volta. Senza scampo. Con un'ultima prevedibile conclusione: la morte. Per overdose. Banalizzante lapidarietà made in usa per corpi rattrappiti, quasi fetali, incastrati tra la parete e il cesso di un bar di quartiere con un ultimo fiotto di bava verdastra incollata alla bocca. Pannella intanto a Piazza Navona continua il suo... lavoro, vestito da Babbo Natale giallo. Giallo come il lungo braccio dei Soros. Rami da recidere. Un Pannella, ghandiano, polista, liberale e liberista oggi. E ieri di sinistra. Un percorso di vergogna spacciato per libertà.
 

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Nella Metropolitana di Mosca un'umanità lacera e disperata di bambini dai capelli biondi già aspira la «colla». Sulle ceneri del comunismo prospera ora... il mostro del liberal-capitalismo. Dei bordelli, della nuova mafia, dei nuovi ricchi. Ricchi a palate, a milioni di dollari.

Sulla pelle di milioni di anime... alla fame. Sulla via Arbat, Tania, la pensionata della fabbrica di trattori Ursus, sta spendendo i suoi ultimi rubli per comprare un pugno di carote marcite da bollire.

Da un'egemonia spietata ad un'altra. Ovattata e criminale.

Altri Continenti e altri Popoli da ingoiare.

Giancarlo Chetoni

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