«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VII - n° 2 - 30 Aprile 1998

 

Memoria - Archivio

 

Con quella «conferenza» in Crimea -nel febbraio 1945- gli Stati Uniti, l'Unione Sovietica e la Gran Bretagna vietarono all'Asia e all'Europa il loro diritto al «dialogo» per l'affermazione della Civiltà senza condizionamenti

 

Yalta scatenò il progetto USA di sperimentare
la sua «atomica» nel sol levante

 

Nell'affrontare lo studio sulla cronologia di eventi inerenti le possibilità di dialogo tra l'Occidente europeo, l'Eurasia e l'Oriente asiatico nello svolgimento futuro della Storia, assorbendo le esperienze positive ed escludendo gli effetti paludosi della metamorfosi di diversi cicli epocali, abbiamo di recente rilevato la molteplicità dei suoi aspetti nelle trasformazioni del Pensiero politico, nella rigenerazione delle Rivoluzioni sociali in riflesso all'incisività ed alla capacità di durata etica di grandi Ideologie tra i popoli, all'evoluzione sulle teorie generali delle Religioni, di quelle del Diritto e delle Economie in rapporto alle crescenti entità delle Culture giuridiche e produttive, nonché nell'ambito delle Dottrine filosofiche protese alla reale esegesi di espistemologia (la validità del sapere), di logica kantiana nella capacità di critica ed anche d'antropologia culturale attinenti i vari gruppi umani d'aprirsi ad una evoluzione non soggiogata all'opprimente materialismo di E. H. Haeckel, di K. Marx e di C. R. Darwin. Sulla sintesi delle risultanze costruttive ed emergenti dagli incontri positivi tra la Cultura europea e quella non meno avanzata dell'Asia, favorite altresì dalla redditività di traffici commerciali e mercantili inerenti le materie prime (cotone, seta, spezie ecc.) ed i prodotti finiti per gli empori d'entrambi questi Continenti -sia attraverso le vie marittime di comunicazione quanto le «carovaniere» snodantesi per l'Eurasia e il Medio Oriente- abbiamo evidenziato in precedenza ("Tabularasa", Rubrica Memoria-Archivio, n° 7/1997 e n° 1/1998) la profonda validità di questo dialogo tra le genti evolutesi con la «Pax Augusta», con l'umanesimo di Erasmo sino alla tecnica della libertà esposta -ad esempio- da Boris Mirkin Guetzévitch in materia di Diritto costituzionale e le folle altrettanto emancipate che sulle rive del Gange (in India), a Konglin davanti alla tomba di Confucio (in Cina) ed ai piedi del monte senza pari (il Fushiyama in Giappone) quale nesso intimo d'armonia e cooperazione tra Cielo, Terra e Uomo che le fa tutte inneggiare alla funzione pilota del processo teogonico per la formazione unificante nella scienza di Dio (la teologia in ogni sua espressione) mentre il Medio Oriente, divenuto il maggiore produttore di petrolio sulla Terra, deve soffrire insieme ai Paesi musulmani la speculazione della plutocrazia yankee e britannica sulla gestione d'ogni fonte d'energia, utilizzante in ciò la funzione di gendarme politico per conto dell'ONU nella tutela della pace, ma secondo le convenienze della Wall Street newyorkese.

 

Da Woodrow Wilson a F .D. Roosevelt

È opportuno rammentare che con la finalità di realizzare e di conservare agli USA la funzione di holding -in veste «pacifica» di società-madre nell'economia e nei mercati della Terra e anche di «controllo putativo» nei Paesi-filiale di tutti i Continenti- vennero provocati dalla plutocrazia, nel 1914 e poi nel 1939, prima la Grande Guerra e poi il 2° conflitto mondiale senza minimamente badare alle conseguenze sempre più drammatiche che l'intera Umanità ebbe a soffrire.

Infatti, il presidente yankee T. Woodrow Wilson fece intervenire gli USA nella Grande Guerra soltanto nel 1917 quando l'alta finanza di Wall Street constatò che, mentre le velleità europee si limitavano -a loro avviso- nel correggere aspetti piuttosto trascurabili sul piano economico nell'assestamento degli Stati del vecchio continente, lo sviluppo tecnologico delle industrie, dei mercati e del commercio era venuto meno al controllo delle classi politiche assoggettabili alle ingerenze di New York, dimodoché -contribuendo con l'abbondanza dei mezzi statunitensi al successo militare di Gran Bretagna e di Francia sugli Imperi centrali di Germania e d'Austria- fece ristabilire la loro padronanza e ciò facilitò inoltre il virginiano di Staunton all'edificazione di quella Società delle Nazioni (1919) che, per la sua inefficienza nel conservare gli equilibri diplomatici tra gli Stati, fallì ma senza ostacolare mai però, la fase ascendente della supremazia del dollaro nella giostra internazionale dei mercati d'affari.

Ciò avvenne anche quale riflesso della 2ª rivoluzione industriale verificatasi alla conclusione del XIX secolo con il complesso di trasformazioni realizzate nell'industria in virtù d'innovazioni tecniche eccezionali (R. Stein, "Due secoli d'invenzioni", 1977) ed utilizzate insieme all'assorbimento continuo di aziende ed imprese in cartelli e trust (concentrazioni monopolistiche di capitali, di fabbriche e di dipendenti) che facilitarono l'espansione dell'esclusiva statunitense sul controllo di forniture, di prodotti e di mercati mentre, già all'inizio d'esaurimento del colonialismo, l'Inghilterra -come Regno Unito quanto quale Commonwealth- riconobbe al dollaro la funzione di leader nel sistema monetario.

Soltanto la proclamazione della Repubblica Sovietica nella Russia, e la istituzione della Terza Internazionale promossa da Lenin per l'estensione della rivoluzione comunista negli altri Paesi del mondo, allarmò il capitalismo di Londra e di New York, ma fecero nulla per aiutare la controrivoluzione bianca dei generali Alekseev, Kornilov e Deniken a battere nell'Ucraina e nella Russia asiatica le forze soverchianti dei bolscevichi.

Poi, l'isolazionismo e il proibizionismo negli USA del presidente W. G. Harding (1921-23), quello di C. Coolidga (1923-28) insieme al divieto di produzione e vendita di alcoolici non consentirono ad H. Hoover (192832) di evitare la drammatica crisi finanziaria del 1929 quando -alla borsa di New York- la maggioranza dei titoli industriali vennero quotati assai più del loro valore reale, determinando un collasso economico e sociale spaventoso che si estese in ogni Paese civile con profondi turbamenti nelle finanze, nelle risorse economiche e nelle possibilità di lavoro nel mondo intero.

Nei tre anni successivi, il reddito nazionale USA si ridusse della metà e il numero dei disoccupati salì a circa 15 milioni di lavoratori. Nel 1932, subentrò anche la crisi degli enti di assistenza, tanto che il giornale "Churchman", portavoce della Chiesa episcopale, sostenne che il capitalismo era marcito fino all'osso (L. A. Garraty e G. Gay, "Storia del mondo", vol. 111, 1972) perché il 5% della popolazione incassava da sola un terzo del reddito globale e 25 milioni di famiglie -più dell'87% degli abitanti- vivevano con un reddito annuo inferiore a 2.500 dollari. Nel contempo la rivista "Wall Street Journal" specificava che mai prima d'ora, qui o altrove, un governo si è identificato in modo tanto evidente con il mondo degli affari. Nel contempo, fallirono ben 5.000 banche e coinvolgendo nel loro crollo oltre 9 milioni di conti di risparmio.

 

Il «New Deal» fu l’utopia errata

Su questa tragedia economica venne chiamato ad intervenire F. D. Roosevelt (1933-45) che col New Deal avviò il National Recovery Act per i lavori pubblici, il rapporto padronato-manodopera e sul controllo dei prezzi agricoli, mentre con il Social Security Act venne profilata una bozza di sussidio per disoccupati oppure di pensione per la vecchiaia dei dipendenti più anziani. Sapendo che oggigiorno, molti lustri dopo quel New Deal, negli USA il tormento della disoccupazione e delle pensioni per vecchiaia continua a manifestare episodi sconcertanti quali l'angolo dei poveri di Manhattan in St. Mark Place, nell'East Village trasformato in rifugio antiborghese, i fallimenti ed i renitenti al ricovero sui marciapiedi della Bovery (R. Orlando, "Qui Nuova York", 1971) e che nelle altre metropoli statunitensi sono altrettanto eloquenti, è lecito chiedersi il motivo per cui Roosevelt allora non prese in visione la "Carta del Lavoro e l'organizzazione dello Stato corporativo" promulgato in Italia il 21 aprile 1927 dal Fascismo e da B. Mussolini per le categorie produttrici. In realtà, al democratico Roosevelt ciò non poteva interessare, perché la sua azione politica (come annunciò alla Convention democratica a Chicago nel 1932) accudiva tutte le possibili forme di capitalismo dal volto umano e già nel 1935, mentre iniziava per l'Italia la campagna d'Etiopia, cominciò a predisporre gli USA all'intervento nel 2° conflitto mondiale che nessuno in Europa ipotizzava ed al suo inizio -nel 1939- istituì il Comitato per difendere l'America che appoggiò le notevoli forniture di materie prime e di mezzi bellici -effettuate ovviamente con spirito neutrale- alle forze armate britanniche e a Commonwealth da parte di Wall Street, mentre poi nel 1941 s'illuse su una collaborazione eterna tra USA e URSS, sino a garantire al «compagno» Stalin l'estensione dell'Eurasia sovietica dalla porta berlinese di Brandenburgo alle isole nipponiche Curili e di Sakhalin, e che otterrà la «consacrazione» in Crimea (febbraio 1945) alla Conferenza di Yalta e senza nessuna opposizione di W. Churchill. Quindi, come la Grande Guerra (1914-18) ebbe per pretesto l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Absburgo a Sarajevo, ma scoppiò per evitare accordi pacifici tra l'Austria e la Russia e, in particolare, come auspicavano le plutocrazie di Londra e di New York, per annientare la vittoriosa e pacifica competizione mercantile, marittima e coloniale della Germania guglielmina nei confronti di Francia, Inghilterra ed USA, altrettanto nel 1939 il 2° conflitto mondiale ha la disputa sul corridoio di Danzica, ma per impedire che l'Asse, l'Europa e le genti anelanti alle conquiste di progresso sociale si liberassero dall'egemonia finanziaria di Londra e di New York.

 

Respinto da Washington il vero ideale umano

Il Patto Tripartito del 27 settembre 1940 tra Germania, Italia e Giappone che assicurava all'Impero del Sol Levante la realizzazione della Grande Asia in collaborazione paritaria con Manchukuo, Cina, Indocina, Thailandia, Filippine, Birmania, India e gli altri Paesi vittime del colonialismo, avrebbe impedito agli USA di subentrare col dollaro nell'oligopolio sul Gold Exchange Standard al posto della sterlina, tanto più che la cosiddetta cultura yankee comparava ogni suo principio d'evoluzione soltanto sul rendimento dei mercati finanziari, pertanto parecchio distante da quell'ideale umano che ogni popolo o gruppo di genti preferisce osservare.

Nella capitale ove primeggiano i culti su whisky and soda oppure sulla Coca-cola, il misticismo di K. J. Saunders che nell'opera "Ideals of East and West" pone la domanda: «Qual è l'ideale che ogni gruppo si propone d'imitare?» sembra folle, ma precisa come sulle rive del fiume Potomac ben poco importa dell'Uomo bello e virtuoso (sognato dai Greci dei tempi di Platone), dell'Uomo intellettualmente superiore che si dedica alla contemplazione dell'Universo (il megalopsycos di Aristotile e suoi seguaci), dell'Uomo saggio dotato di autocontrollo (gli Stoici), dell'Uomo regale (il chúntzii dei Cinesi), del Guerriero disciplinato (il Samurai per i Giapponesi), dell'Uomo giusto (v. Salmi, I, e Tobia, per gli Ebrei), dell'Uomo gentiluomo (per gli Inglesi), dell'Uomo che ha il senso della propria dignità (per i Tedeschi), dell'Uomo asceta (il sadhu per gli Indiani), dell'Uomo santo che con lo spirito di Cristo tenta di trasformare il mondo (per i Cristiani) e dell'Uomo completamente sottomesso all'onnipotente Allah di cui è schiavo (cioè, lo abd per i Musulmani) perché, nell'esplosione della sovrappopolazione del XX secolo, le dottrine della Civiltà importano nulla alla società politica che immerse la Terra nei rifiuti tossici della più squallida demagogia.

Ebbene, dalla Cultura nipponica emerge in merito una chiara lezione: il poeta Yamanoeno Omi Okura (sec. VIII) nell'antologia "Manyósyîc", Raccolta d'una miriade di foglie, con 4516 opere in versi -nel libro V, n° 11- precisa: «E argento, e oro, e pietre preziose a che servono? Superiori tesori son davvero i figlioli!». Cioè, l'armonia tra Cielo, Terra e Uomo.

Ma tutto ciò, Roosevelt, MacArtur ed i loro successori non l'hanno capito. Anzi, hanno tentato di cancellare ogni possibilità di dialogo sulle molteplici forme di Civiltà esistenti sulla Terra.

 

Dall’ordito con armi all’intrigo politico

Sugli eventi militari del conflitto esploso nel 1939 è stato narrato parecchio, in molteplici e discordanti versioni, ma soltanto nel futuro -quando sarà possibile intingere la penna per la Storia nel calamaio con l'inchiostro non contraffatto dalla demagogia falsificatrice- diventerà attuabile una sintesi pulita. Comunque, esso si distinse in due fasi: la prima (settembre 1939 - gennaio 1943) con i successi militari dell'Asse e del Tripartito in Europa, nell'Africa e in Asia; la seconda (febbraio 1943 - settembre 1945) con il soverchiamente di mezzi e di truppe reclutate ovunque che travolsero la Repubblica Sociale Italiana, il Terzo Reich e il Giappone.

È stato specificato da Henri Michel nella sua "Storia della Seconda guerra mondiale" (1969) che la «Grande Guerra», quella del 1914-18, fece parecchio risaltare il valore e il sacrificio dei Soldati tra le trincee ed i reticolati insieme alle strategie e tattiche (sia vittoriose che perdenti!) dei generali Foch, Pétain, Hindenburg, Ludendorff, von Below, Cadorna, Diaz, Giardino ecc., mentre quella del 1939-45 (nell'ampiezza della sua tragedia) coinvolse tutti. Politici, militari e civili. Tale conflitto venne comandato da capi di Stato e di governo, da politici e finanzieri che strumentalizzarono gli eserciti con due diverse finalità. Quella degli USA e dei suoi alleati aveva per mèta il congelamento della situazione socio-economica alle condizioni prebelliche (sempre New Deal rooseveltiano negli USA, metamorfosi dell'Impero britannico in collaboratore degli Stati Uniti nel controllo dei mercati mondiali, consolidamento del monopolio di potere staliniano nell'URSS, sfruttamento del colonialismo nell'Asia e sul Pacifico); l'altra, dell'Asse e per la «Grande Asia», avanzava prospettive d'emancipazione civile e sociale tali di vivificare i Paesi quali Nazioni ed i loro Popoli da masse confuse in generazioni, idonee a perfezionare la Civiltà, da inserire trionfanti nel Terzo Millennio, non più vincolate al clientelismo consumistico, all'infezione della droga, a quel genere di decadentismo ormai imperversante ovunque, senza nessuna volontà d'un canto di giovinezza spirituale. Dopo l'invasione nemica sino alla linea Gotica, in seguito all'avanzata di Eisenhower sul Reno, per la calata dei sovietici in Polonia e nei Balcani, il ritorno yankee nelle Filippine e l'attacco inglese alla Birmania, le sconfitte militari del Tripartito indussero le diplomazie di Washington, Londra e Mosca a predisporre la spartizione coloniale ad influsso socioeconomico del mondo e la punizione dei perdenti con un'assurda coreografia da giudizio universale.

 

Quel vae victis! contro il mondo

A Yalta, durante il 4-11 febbraio 1945, i «tre grandi» Roosevelt, Churchill e Stalin -nell'apoteosi dell'ipocrisia- tennero quella conferenza in cui venne battuto l'assetto internazionale alla conclusione delle ostilità.

La pace, quella Pax che Seneca -nell'ideale della superiorità del saggio- esalta nell'opera "De providentia" quale garanzia romana e latina di pace universale nell'armonia di dialogo tra gli Stati e con volontà di concordia, incontrò per sua sventura e per assurdità di contrasto nella più ridente stazione climatica di Crimea i più ostinati rinnovatori di quel Vae victis! che il principe gallico Brenno pronunziò nel 390 a.C. ordinando il saccheggio dell'Urbe, mentre l'irrazionalità politica dei cosiddetti «tre grandi» non venne neppure sfiorata dal sentimento di Pietas italica (per i cristiani è già una virtù) alla quale dovevano richiamarli le spaventose perdite umane provocate dal 2° conflitto mondiale, circa 50 milioni di morti, 35 di feriti e 3 di dispersi.

Ciò si verificò in quanto l'uomo della Casa Bianca, quello della City con sua maestà la banca e il georgiano del Kremlino avevano raggiunto Yalta non per garantire all'Umanità un legittimo periodo di rinascita laboriosa nella serenità con quiete sociale, bensì con finalità parecchio divergenti tra loro, perché le pretese del mondo capitalistico (guidato dagli USA) contrastavano parecchio con quelle del gruppo di Paesi comunisti (con in testa l'URSS) mentre la Gran Bretagna -sebbene più diplomatica degli altri due- doveva scrutare nei cicli della Storia il momento del tramonto del suo impero.

Rimasero, nei processi soprattutto politici di Norimberga (1945-46) e di Tokio (1947), nonché nello scempio barbarico sulle salme di Mussolini e dei suoi collaboratori nella Repubblica Sociale (aprile 1945) in piazzale Loreto a Milano, emerse -per colpire gli sconfitti- uno dei più spietati Vae victis! della Storia sui perdenti e da quelle «esecuzioni capitali» ecco l'esordio di quanto i tre grandi avevano stabilito a Yalta nel condannare la Germania, il Giappone e l'Italia (malgrado il suo voltafaccia dell'8 settembre) ad espiare la «colpa» di essersi ribellate -quali nazioni libere- al giogo finanziario della plutocrazia ed alle assurde imposizioni dispotiche delle internazionali comuniste, colpendo i Paesi indicati con tante gravi restrizioni che nessun «Piano Marshall» in Europa od analogo in Asia riusciva a lenire, avendo soltanto fini d'utilità all'influenza del dollaro.

 

Nel calumet di «pace» il fungo atomico USA

A Yalta -altresì- gli USA non furono molto presuntuosi, perché mancò a Roosevelt la disponibilità della bomba atomica nella strategia militare: allo yankee di Hyde Park importava il suo utilizzo non per stroncare la resistenza Nippon e dell'Asia nazionalista contro le ingerenze anglo-statunitensi nel Pacifico, quanto per fare intendere a Stalin e all'URSS che l'Eurasia sovietica doveva limitare la sua espansione ideologica e politica all'area d'influenza dell'ex-Russia czarista, e poco di più. Lo fece alla conferenza di Potsdam (luglio-agosto 1945) Harry Truman -successore di Roosevelt- in quanto disponeva nell'aerodromo di Tinian di alcuni B29 ciascuno carico di una bomba atomica all'uranio 235 oppure al plutonio; pronti all'uso. Fece di più. Il 6 agosto di quell'anno, un B29 con la «atomica» all'uranio 235 venne spedito su Hiroshima e alle ore 8,16 effettuò il lancio. Il fungo dell'esplosione salì alto più di 17 km, sotto -nella città- decine di migliaia di persone erano già disintegrate… Il 9 agosto su Nagasaki venne sperimentata un'altra «atomica» -quella al plutonio- con nuova strage d'innocenti. In totale, gli USA con circa 200.000 vittime giapponesi della «atomica» dimostravano all'URSS di essere armati per la pace col dollaro.

Nel calumet della «loro» pace, gli USA avevano usato l'erbacea atomica con funghi di fumo all'uranio e al plutonio. Così sbocciò un'altra guerra, quella «fredda», che ebbe riscaldamenti un po' bruciacchianti in Indonesia, Corea, Birmania e in altre aree asiatiche, con grandi quantità di vittime.

Durante il conflitto nell'Oriente asiatico la "Canzone del guerriero" dei soldati nipponici precisava «Se andrò in mare / che il mio cadavere torni spinto dall'onde; / se ai monti mi chiamerà il dovere / che il verde suolo sia il mio mantello di morte; / così, per l'onore dell'imperatore, / che io non muoia in pace nel letto di casa» e risuonò ovunque nell'accompagnare l'epopea del Giappone e il sacrificio di oltre due milioni e mezzo di caduti per la liberazione dell'Asia dall'intromissione anglo-statunitense e dei loro trafficanti nell'acquisire il monopolio delle merci e sulle clientele.

Gli anglo-statunitensi, sebbene abbiano vinto il conflitto contro il Giappone, hanno perduto l'intera Asia (M. Giuglaris, "Storia della guerra del Pacifico", vol. 1, 1973) mentre fu il Sol Levante a rivoluzionare la strategia navale, a combattere le più grandi battaglie navali della Storia, ad essere il vero campione della guerra-lampo nei territori dell'Estremo Oriente, ad avere impiegato le più «pazze» armi da guerra.

Coloro che s'illusero -dopo i massacri atomici di Hiroshima e Nagasaki- di avere abbattuto anche la custodia morale dei Giapponesi ai valori dello Yasukunizinzya (l'altare nipponico della Patria, l'autentica «tranquillità del Paese») hanno ignorato che la saggezza e la virtù rimangono le ruote della coscienza che hanno sempre distinto e valorizzato il dialogo fra l'Occidente europeo e l'Oriente asiatico.

Bruno De Padova

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