«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VII - n° 3 - 30 Giugno 1998

 

l'ultima

Angiò, uomo d'acqua
 

Angiò, sconturbato dall'ira, tesseva sul telaio delle dieci dita il filo delle sue amaritudini: - Dal «Ciotta» la «Ghenga», dalla «Speranza» i malnati, dal «Prigioniero» i vàgeri, sono come lo scorpione in mezzo alla brace, e tutto perché la natura mi ha sacrificato a questo modo nella statura: Viva Nerin Nerone che si scaldò le mani nel sangue di sua madre.

Quando il nano si sprofondava in queste riflessioni ritornava alla capanna col corbello vuoto e l'anima in amaritudine. Nel paese c'era il caffè delle "Regie Stanze" dove solevano recapitare gli altolocati del luogo: il Cursore, il Camarlingo, il Gonfaloniere, il Cerusico, il Festaiolo di cappa e torcia.

-Diavol mai - pensò il nano - che tutta questa gente che sa mettere in carta, voglia levar di rispetto a un vecchio navigante dell'Oceano. Io starò a me adducatamente e se qualcuno mi noia, dove va la barca va il nocchiero.

Il caffè delle "Regie Stanze" era allogato nel Palazzo della Sovrana. Una loggia di colonne tutte di blocco, fiorite di capitelli, coi riccioli all'imperiale, poggiate su dei dadi giganteschi, sosteneva un cornicione a tasselli di marmo e una terrazza spropositatamente alta. Di lassù delle signore, nei giorni chiari, all'ora che il sole si tuffava nel mare, apparivano come uccelli pellegrini. Il Cursore, il Camarlingo, il Gonfaloniere, lo Speziale, il Cerusico, il Festaiolo di cappa e torcia di giù gli facevano le riverenze e parevano piccioni che tubassero. Una sera il nano sciolte le gasse che chiudevano l'orlo di un sacco, si vestì di pamó: si infilò un camiciotto marsigliese abbottonato da una parte, si calcò sul capo il pioppino basco, si accalappiò la vita con la sciarpa laccata presa a Tolone di Francia, si messe i pantaloni vellutati di Barcellona, calzò le spardiglie dei Còrsi con la suola a cordelle incatramate. Quando così arnesato entrò nelle "Regie Stanze", dove le pareti eran tutte damascate di porpora d'oro, col giglio rosso dei Borboni, il cameriere, che avea per camicia un lastrone di marmo col cravattino luttato e camminava come se il calzolaio gli avesse lasciato delle punte di bullette nelle scarpe, si voltò e fe' le sue meraviglie puntando a occhi socchiusi il ferrone Angiò.

- Che il Castrato mi voglia incimentare? - pensò il nano mettendosi a sedere con sussiego sui divani di broccato.

Nelle sale delle «Regie Stanze» che eran basse, a voltini divisi a spicchio d'arancio e sostenuti da colonnette senza base, il nano ebbe l'illusione d'essere cresciuto. I clienti altolocati erano assisi ai tavoli di fondo; il Camarlingo aveva sul naso sobbollito di bulbi e ribulbi, due paia d'occhiali e leggeva su un foglio di carta pecora, il Cerusico taffiava sul tavolo come un orco, gli altri giocavano ai quadrigliati, le carte si sentivano strusciare sull'inceratino e pareva che tutti piallassero il tavolo. Il cameriere era rimasto come agganciato al soffitto, burattino grande al naturale che voltava il capo lentamente, gli occhi e le braccia si muovevano come slacciati, i polsini gli calavano sui nodi delle dita.

- Il Castrato mi vuole incimentare. Se trapelo qualcosa a mio riguardo, ci corre la bara. - Un ponce al vaso - urlò Angiò. - Un cliente, che fino a quell'ora non si era veduto perché pareva dipinto nella spalliera di una poltrona incerata, fe' calare gli occhiali sulla punta del naso e guardò il nano di sopra. Quelli di fondo alzarono tutti il capo calamitato e lo volsero verso un'enorme bussola di noce sulla quale pescava, nel sonno, i ghiozzi il padrone. Il cameriere, sventolò le lembe sulle lacche e camminò verso di loro con l'andatura di chi trabacchi le fosse.

- Ecco da me il Castrato.

- Quei beveraggi - disse gorgheggiando il Castrato - non si servono.

Il nano si alzò intrepido come se avesse mangiato il mestone della polenta: - Tutti gli stronzi fumano e però piove. - Infatti fuori degli scossoni d'acqua verniciavano in piombo il pietrame.

 

Lorenzo Viani

"Angiò, uomo d'acqua", Vallecchi Editore, Firenze, 1955

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