«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VII - n° 3 - 30 Giugno 1998

 

la Società civile

Le nuove povertà

 

La vita di Vittorio, operaio della Cromofer, da 26 anni al reparto montaggi, subisce un brusco cambiamento nel giugno '94 al termine di un incontro tra Direzione e Sindacati quando in un breve comunicato la Direzione dichiara lo stato di crisi alla C.I.G.

Le commesse -è la stringata spiegazione- sono in «rosso» e esistono dei «surplus» di produzione da smaltire. L'annuncio cala come una tegola sulla testa dei lavoratori, gela ogni speranza di ripresa ed ha un sapore sinistramente beffardo. Berlusconi e il centrodestra hanno appena finito di promettere agli italiani un milione di posti di lavoro. Corre insistente a mensa e al bar la voce che degli industriali del Nord-Est hanno trasferito in Romania capitali, esperienze e tecnologia, per produrre nella nicchia della Cromofer i semilavorati a un costo cinque volte inferiore. Inizia la trafila degli scioperi di un'ora a fine turno, delle assemblee, dei volantinaggi davanti ai cancelli, dei cortei in città. Arrivano stampa e televisione, partono i titoloni strillati, le cronache irrispettose e invadenti delle telecamere. Qualche mese ancora e già si parla di diversi licenziamenti per salvare... l'Azienda. Le notizie non smettono di rincorrersi, di accavallarsi. Da Roma filtrano indiscrezioni, mezze verità e in fabbrica squarci di speranze si alternano a cocenti delusioni.

Si mette in moto la macchina della «solidarietà», scattano gli inviti alla mobilitazione. Ma è solo del rumore lanciato contro un muro di gomma. È il solito gioco sporco di Azienda e Sindacati sulla pelle dei lavoratori. Una recita da teatrino logora, nauseante e intollerabile per mantenere nel solco della «legalità» l'impatto dei licenziamenti, e far rientrare nelle «istituzioni» la protesta sociale che può nascere da una dismissione industriale senza fine.

Ad agosto '96, dopo un ultimo, svogliato, inconcludente tentativo di accordo tra Intersind, Comuni, Regione e task-force di Borghini, la Cromofer chiude definitivamente i cancelli. L'Ulivo di Prodi e Treu ormai ha imparato ad applicare le ricette neo-liberiste del Polo senza rossori né imbarazzi. Si spengono i riflettori della cronaca. La parola d'ordine è... dimenticare e in fretta. Trecento capifamiglia in più stanno ora sulla strada, come altri milioni.

Con lo scorrere delle settimane, dei mesi la disoccupazione trascina Vittorio in un vissuto che fa balenare domande assillanti, che alimenta l'incertezza e ingigantisce la sofferenza. Ci sono necessità piccole e grandi destinate a rimanere senza risposta. Vittorio piomba nello sconcerto, è disilluso, ha paura. Paura di non farcela. La testa è piena solo di un'enorme, paralizzante confusione... I ragazzi all'università, la moglie, i parenti, chi conosci, gli impegni che hai, con te stesso, con gli altri... Sensazioni che ti scavano «dentro» e ti tolgono il respiro. Vittorio è tornato all'anno zero ma la forza non è più quella di una volta, dei 22 anni, quando entrò alla Cromofer con tanti sogni nel cassetto. La casa, il matrimonio, i figli... Allora era tutto più facile, onesto, fraterno. Quando un padre di famiglia perdeva il lavoro, alla botteguccia sotto casa ti facevano credito finché non passava. I vicini salutavano tua moglie per strada con benevolenza e al pomeriggio c'era sempre gente che invitava i tuoi ragazzi, con la scusa dell'amicizia con i loro, a fare merenda. Ora non più. Al supermercato devi pagare «cash» e ognuno pensa agli affari suoi. Le persone sono cambiate, una dose micidiale di egoismo ha spazzato via anche le ultime briciole di ogni vera, reciproca disponibilità civile. Vittorio oggi di anni ne ha 53. Dal '97 è in cerca di un lavoro che non trova, come quello che aveva e che ha perso. Sopravvive ingegnandosi a riparare biciclette e motorini in un piccolo fondo in affitto, con le mani sporche di grasso e di miscela per le quattro lire che non bastano mai. La moglie Gina pulisce le scale nei condomini, dei due figli uno ha finito l'università e lo aiuta nel «suo» nuovo «lavoro», l'altro è in Germania. Ha sposato una ragazza di Amburgo e insieme hanno aperto una pizzeria. Qualche volta d'estate torna. Le belle speranze se ne sono andate. Resta la realtà, dura come la pietra. Quel licenziamento alla Cromofer ha cambiato per sempre la sua vita e quella della sua famiglia, ma Vittorio non si è arreso. La domenica mattina come presidente degli «over 40» riunisce nella piccola sede autogestita i «disoccupati anziani» della città per organizzare delle manifestazioni di protesta. Sono un bel gruppo, troppo giovani per non cercare più lavoro e troppo vecchi per averne uno nuovo. Ieri hanno «occupato» rumorosamente il Consiglio comunale incatenandosi alle balaustre.

Non si fanno illusioni ma... esistono e tengono bene a mente che l'Ulivo li ha venduti alle regole del «mercato» e della globalizzazione senza darsi troppa pena.

Sacche di miseria, campi trincerati che in Europa un «illuminato» riformismo si lascia alle spalle.

Giancarlo Chetoni

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