«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VII - n° 3 - 30 Giugno 1998

 

Le lettere
 

Caro Carli,

con immutato apprezzamento per l'impegno costantemente profuso da "Tabularasa", ti invio un mio modesto scritto che vorrebbe avere la pretesa di contribuire a fare chiarezza nello stato «confusionale» della politica attuale, evidenziando l'alternativa innovativa della proposta nazionalpopolare.

Destra e Sinistra, categorie obsolete ed esigenza di una politica innovativa

«Destra» e «Sinistra», retaggio della topografia parlamentare ottocentesca, sono palesemente categorie obsolete ed in crescente crisi di identità.

Ciascuna delle due parti, infatti, è solita attribuire provocatoriamente all'altra il «marchio» dell'eversione, in un reciproco attardarsi su vecchi e conclamati pregiudizi, i quali -se pur hanno forse potuto trovare una loro ragion d'essere nell'ottica di una periodica alternanza nella responsabilità di governo- non sono più idonei a gestire l'attuale rapida e complessa evoluzione del divenire sociale dei nostri giorni.

E però, se da un lato la «Destra» ostenta una ricerca di socialità ormai più formale che sostanziale, dall'altro si assiste ad un più recente e meno attendibile approdo della «Sinistra» alla privatizzazione ed all'economia di mercato.

Tali «manovre» evidenziano in realtà, in maniera sempre più netta, una sostanziale omologazione dei ruoli, che di fatto induce confusione e disorientamento negli animi e, ben a ragione, un sempre più esteso senso di sfiducia nella politica.

L'opinione pubblica avverte, in verità, che questi atteggiamenti non sono altro che un reciproco maldestro tentativo di occultare l'unico reale comune obiettivo: quello di occupare -usando spesso i mezzi più subdoli- il potere per il potere, da gestire quindi informa oligarchica e con metodi e percorsi ben lontani dallo spirito di servizio e dalla ricerca del bene superiore della collettività, cui dovrebbe essere improntata una corretta conduzione della Cosa Pubblica.

A realizzare tale corretta conduzione, possono e devono invece legittimamente concorrere i rappresentanti del popolo tutto, detentore Esso della Sovranità solo in quanto produttore di ricchezza, nella variegata articolazione dei suoi impegni operosi.

No quindi ai vecchi partiti ed agli schieramenti, perché questi non producono ricchezza, anzi manifestamente la dilapidano.

Sì invece alle categorie del lavoro, inserite organicamente nelle Assemblee rappresentative e negli Organi di governo, sia a livello centrale che a livello periferico.

In tale prospettiva, operiamo per costruire insieme un sempre più incisivo movimento sociale. Né destra, né sinistra, ma il popolo produttore protagonista!

Prof. Luigi Fichera
 

 
 

Caro Direttore,

dalla Francia, quale lettore assiduo di "Tabularasa", mi consenta di richiamare la sua attenzione su di un fatto d'armi particolarmente efferato, e susseguente alla resa incondizionata dell'Italia, l'8 settembre 1943, episodio che troppa stampa, finora, ha quasi dimenticato o, per lo meno, trascurato.

Si tratta dell'eccidio di Cefalonia, perpetrato dai tedeschi dopo il nefasto «armistizio» deciso dal re e dal governo Badoglio, massacro con il quale vennero barbaramente trucidati circa 8.000 Soldati italiani, compresi i loro 450 e più Ufficiali, di ogni grado, che costituivano i quadri della Divisione "Acqui". Essa, obbedendo alla coerenza del suo comandante, generale Antonio Gandin, già distintosi per valore e capacità militari, in precedenti campagne, su altri fronti, non volle assolutamente cedere alle intimazioni germaniche di deporre le armi.

Il generale Gandin, i suoi Ufficiali ed i Soldati della Divisione "Acqui", osservarono con lodevole senso della disciplina, le disposizioni emanate dal proclama di Badoglio, trasmesso dall'Eiar al tramonto dell'8 settembre, quando egli annunciò la resa incondizionata al nemico, ordinando a tutte le Forze Armate Italiane di «sospendere ogni atto d'ostilità contro le forze anglo-americane» e di «reagire ad eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza, ovunque si manifestassero».

Così, mentre il re, Badoglio, e il loro seguito, fuggivano da Roma e da Ortona per rifugiarsi sotto la protezione dell'ex-nemico, nell'isola di Cefalonia, i responsabili dell'armata tedesca, non ebbero scrupoli nell'eliminare l'intera Divisione "Acqui" colpevole soltanto di italico coraggio e perfettamente in accordo agli ordini ricevuti di «reagire ad eventuali attacchi d'altra provenienza».

Noi della Xª Flottiglia Mas, il cui Comandante M. O. J. V. Borghese pur affrontando a La Spezia, una situazione analoga, ma con la forza che gli derivava dal suo internazionale prestigio per le note imprese belliche e dagli importanti segreti militari da lui stesso custoditi, dichiarò subito al suo interlocutore che «l'Italia della Decima Mas, non ha capitolato» e grazie anche alle sue innegabili doti diplomatiche, riuscì a raggiungere, con il Capitano di Vascello della Marina germanica, Max Berninghaus, un accordo basato sull'Onore Militare.

Per contro, i responsabili tedeschi che si trovavano sull'isola di Cefalonia, in contatta con il generale Gandin, nulla vollero intendere e, la Divisione "Acqui", subì uno dei più spietati sacrifici della storia.

I combattenti della "Decima", si sentono appieno affratellati a quelli della Divisione «Acqui», da passate vicende belliche, da comuni sofferenze e dal sacrificio dei suoi Marò che, su diversi fronti, nel 1944-45, si sono immolati per la redenzione della Nazione e per quell'amor di Patria che li unì, in difesa dell'Onore militare e delle antiche ed eroiche tradizioni del nostro popolo. Con la speranza di poter prossimamente leggere su "Tabularasa", con vivo interesse e immancabile emozione, un servizio su questi fatti che conducono gli italiani a riconoscersi nei valori autentici della Nazione, la ringrazio e le esprimo i migliori sentimenti, con preghiera di voler gradire un fraterno saluto.

Giovanni Savoini

Indice