«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VII - n° 3 - 30 Giugno 1998

 

appunti di viaggio

Dall'alto della torre Guinigi
 

Sovrasto la città sottostante, libero i miei pensieri e vedo più lontano. Vengo spesso quassù, a crogiolarmi la voglia di partire, per non so dove; da sempre... Qualche attenuante ha da esserci!

Di notevole o brutto, a Lucca, mai cosa alcuna succede; quiete e silenzio ovattano certe viuzze annose, silenzio e quiete adombrano l'umida chiesa del Santo a cavallo, Martino, parata in rosso di seta a maggio ed a settembre. Non può bastarmi...

Nei giorni di festa o processione e di mercato, il popolo del fertile contado accorre gaio entro l'augusto poligono frondoso. Tradizione dei secoli belli, Lucca è pur sempre una repubblica antica ove il benessere riposa sull'amor di tranquillezza medievale, dote toccata in sorte a noi dai vecchi saggi, nelle opere presenti, ed in leggende strane. Non mi basta...

È questo cielo che piace ai forestieri. Luogo comune sembra, a Lucca, il cielo azzurro del turismo solare, non da intenditori. C'è in questa dama austera, invece, una bellezza triste dei giorni piovosi, quando dalla pianura sale verso i bastioni una foschia pesante a ristagnarvi, in attesa d'un vento che la ricacci altrove, laggiù dopo il Serchio, verso la Freddana. Non importa se è inverno, Lucca è sempre bella, di una bellezza schiva, da saper trovare. Qualche volta, la cerco sui tetti delle case, tolte con ardito slancio alla stretta architettura dei vicoli, lontano dai consueti itinerari. Ma non può bastare...

Buie interminabili scale rampano su da screpolate logge, portoni ornati d'insegne religiose o nobiliari testimoniano splendidi trascorsi; duri campanelli da tirare, l'un sopra l'altro in fila, invitano a salire. Ecco i monti di Pisa, là dietro le Mura; ecco i paesi sparsi della Brancoleria; ecco un profilo adunco di montagne, che ricorda il viso di un morto e fa pensare alla supina Ilaria; sullo sfondo, le bianche Apuane. Attorno una distesa di tetti verdi di muschio sembra poggiare sopra silenzio di dormienti, ma fuma alacre la vita delle case. I panni fuori ad asciugare, appesi a lunghe funi, stillano immobili, nunzi di prossima pioggia. Tutto sovrasto, dalla balda Torre dei Signori di Lucca con i suoi lecci in cima, saldati alla pietra dallo scherzo di un se­me che volava in cerca dell'angolo solitario. Torre senza campane, mattoni rossi con poche e piccole aperture, senza marmi; per significare la potenza dei casati scomparsi, delle storie antiche, degl'ideali pure scomparsi. La voglia di partire c'è e resiste; come resiste laggiù, altissimo avanti a noi, sopra i tetti, l'Arcangelo Michele, ritto ad ali aperte sulla magica facciata, spada tesa nell'aria, a proteggere la città sottostante, cioè a cacciarne gl'ignavi, a liberarne gl'irrequieti...

Da sempre avevo sognato d'emigrare, senza conoscere il motivo profondo del forse endemico desiderio. Da anni scrivevo per coloro che mi piaceva chiamar pionieri.

Questo che riproduco è un momento giovanile, che l'irriducibile «asino arpista» mai dimenticherà: nell'economia di questa storia, altri ricordi, sotto forma di citazione integrativa, troveranno spazio allusivo. I vecchi hanno diritto ad un'ultima nostalgia, quella di rileggersi per uso proprio; magari a titolo di testamento spirituale.

D'altra parte, credo che gli asini non amino il grigio della loro pelle, dovuto ad una natura priva di fantasia.

Quando portano coccarde colorate, sono più svelti; il che significa meno tristi. Questa nota, oltre ad illustrare una disposizione innata verso il sogno, vorrebbe essere quello che in musica si chiama «divertimento».

Quand'oggi sono uscito di casa, il mio passo era svelto e sicuro. Il significato complessivo della mia persona fisica doveva essere autorevole e brillante, se ho notato che mi si ascoltava con insoli­ta, cordiale attenzione. Di conseguenza, il portamento morale ne riceveva lustro inconsueto, mentre un fenomeno di simpatia improvvisa mi circondava di visi sorridenti, ben disposti.

La verità è questa, quand'oggi sono uscito di casa, sfoggiavo un'autentica cravatta americana, di quelle dal nodo abbondante, di quelle foderate in seta bianca, quelle che fanno pensare ai quadri di Picasso o al surrealismo di Salvator Dalì; cravatte che mettono il buon umore e costringono la gente a notarti per forza, sia chi tu sia.

Il mio passo era svelto e sicuro anche se gli amici, perplessi, fermavano lo sguardo un palmo sotto il mio naso...

Florio Santini
da "E trovai lo spirito nel mondo"

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