«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VII - n° 4 - 30 Settembre 1998

 

Porgere l'orecchio ad antichi richiami

 

 


«Osserva ogni essere che cade sotto i tuoi occhi e consideralo nel suo dissolversi (…) Guardalo quando mangia, quando si dà delle arie e insuperbisce o quando si adira e ti aggrava della sua superiorità. E poco fa di quanti padroni e per quali motivi egli era servo».

Marco Aurelio Antonino, "Pensieri", Libro X

 

 

Immense quantità di incenso sono state ridotte in fumo sugli altari di una democrazia che favoleggiava di un sistema che avrebbe rieducato l'uomo, tracciandogli il cammino da percorrere verso la méta fondamentale di libertà nella vita; che gli avrebbe fatto assaporare il gusto della libertà inteso come uguaglianza, nonché la promessa di realizzare quella giustizia sociale grazie alla quale anche i deboli, privi dei mezzi atti alla contesa, potessero egualmente pervenire al raggiungimento di un decoroso tenore di vita sì da considerarsi, senza subire umiliazioni, parte integrante della società. Gli ingenui, credettero che questa democrazia avesse come scopo non tanto quello di abbassare l'abilità all'inabilità, quanto invece ad ottenere il consenso spontaneo dei più intelligenti -o più abili- alle necessità dei meno intelligenti - o meno abili. Fumo e cenere il risultato.

Cinquant'anni trascorsi nella fretta di vivere per perdersi nel nulla. Con l'assillo della costrizione a partecipare alle sempre più frequenti tornate elettorali, fidenti negli uomini prodighi di promesse e, quasi sempre, estranei alla comunità. Con l'obbligo di adattamento per l'insistente richiamo alla competitività e totale subordinazione ai ritmi di vita imposti dalla «legge» per la sopravvivenza dei più idonei.

E l'uomo? Entità inutile in questa democrazia. Il suo pensiero coartato e se egli ne chiede il riconoscimento, vien detto che è folle pretesa nella società del libero mercato - eufemisticamente così definita per non chiamarla con il suo vero nome: società capitalistica. All'uomo è vietato coltivare relazioni disinteressate, perdere tempo con gli amici, rifuggire da quei prodotti che la società consumistica riesce a farlo sentire persino inferiore agli oggetti che essa produce. La libertà è soltanto uno slogan. Purtuttavia efficace. Ma c'è da chiedersi se non sia, invece, questa libertà in contrasto con quanto l'ordinamento di questo sistema esiga ed obblighi e quanto, e in che misura, esso sistema reprima la libertà. Libertà dell'uomo, della sua autonomia spirituale -e pratica- e senza alcuna speranza che essa possa mai tradursi nel concreto. Le forme crude che vi si incontrano, e che sono di tipo manageriale, sono insite nel sistema politico e nelle sue teorie per cui non vi sono più partiti politici o sindacati, ma elementi «politici». Che autonomamente o riuniti in gruppi, sanno fra loro allearsi e concordarsi e, anziché esprimere idee, si fondono in associazioni di individui i quali, secondo i casi, mutano opinione o raggruppamento. Nell'estenuazione delle idee, nell'assenza di programmi, ecco l'irrobustirsi di sette e di cosche che portano inevitabilmente allo smarrimento della dignità del costume politico e all'accentuazione di alcuni poteri che l'ignoranza popolare ritiene ancora credibili. Valga, ad esempio, il caso della magistratura. Accade -e ciò è ancora peggio- che l'innato desiderio di ordine dei creduli imbecilli (ma poi non tanto, avendo a cuore la cura del proprio orticello), dei vili che abitualmente stanno dietro le persiane ad osservare ciò che sta avvenendo sulle piazze, intenda demandare alla cosiddetta Destra l'incarico non di dirimere, ma di vietare le contese. Non si rendono conto, i finti imbecilli e i certamente vili, che questa Destra -in particolare quella marrana, composta da ex ragazzi di bottega e da maneggioni riciclati- mira soltanto all'esclusivo ed autoritario possesso del potere. La sua interessata e totale conversione alle leggi del libero mercato, ne ha disseccato le radici già molto deboli. Essa farebbe gravare la sua arrogante e becera «autorità» sulla moltitudine degli inconsci e degli ignari. È una Destra, dalla oltremodo dimostrata e pregressa pochezza, che brama la rivincita nei confronti di una Sinistra -anch'essa solerte ed entusiastica seguace del libero mercato- altrettanto immeritevole della responsabilità di gestire la cosa pubblica. Ed ecco, allora, presentarsi impellente la necessità, la forte motivazione per cui bisogna porgere l'orecchio agli antichi richiami. Che non sono il passato, sono il ritorno al futuro. A quanto era stato già scritto. Scritti sbiaditi dal tempo, ma sempre vivi nella memoria. Ha ragione Vito Veneziano: è stata creata la «prigione dello spirito» per impedire lo svolgersi di quel grande progetto che il fascismo, con altri uomini, avrebbe dovuto portare a compimento. Ed io aggiungo che è tempo di riprendere quei sempre verdi ideali che agli inizi del secolo diedero speranza e vita ad una nuova fede. Con la serenità della ragione, senza abiure o ripensamenti.

a.c.

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