«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VII - n° 4 - 30 Settembre 1998

 

In questo mondo di cloni


 

Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po'. E, purtroppo, ancora in tema di bioetica. Questa sorta di immensa zona franca che si annuncia come la nuova frontiera del mercato globale.

Ricordi Dolly, la pecora clonata in Scozia? Sembrava una diva hollywoodiana: ha riempito intere pagine di quotidiani, posato per i fotografi più famosi, belato davanti alle telecamere dei più importanti network. Recentemente ha messo al mondo un'agnellina concepita e partorita per via naturale. Si chiama Bernie, o qualcosa del genere. Anche i cloni brucano l'erba e sanno fare l'amore. E le mucche del Wisconsin, le scimmie, i maiali? Le hai già dimenticate? Memoria corta, amico mio. Ti salverà dal crepacuore. Nei giorni scorsi l'annuncio della nascita (ma è corretto ancora dire così o non bisognerebbe aggiornare il vocabolario?) di Cumulina, un topo che in realtà è un bis clone, clone di clone. L'annuncio è del ricercatore nippoamericano Ryuzo Yanagimachi. Mentre Lee Silver docente di genetica a Princenton e George Seidel della Università del Colorado, novelli profeti, già preparano l'avvento: il 2003 la clonazione umana.

Appena un anno è passato dai primi successi ottenuti sugli animali e già tocca all'uomo.

Hai l'impressione d'esserti infilato nell'ennesimo film di fantascienza e invece è realtà. Di che stupisci, amico mio?

Quando Pilato, mostrando al popolo il volto sofferente del Nazareno, pronunciò il suo ecce homo! non sapeva certo nulla di queste diavolerie ultra moderne, né poteva immaginare che a distanza di 1965 anni un sacerdote in camice bianco da Harvard, laurea in fisica, avrebbe detto con altrettanta enfasi e furbizia: ecce clone! Come avrebbe potuto conoscere il prof. Richard Seed, barbetta grigia ed occhietti spiritati che gli valgono la fama di scienziato «pazzo»? E tuttavia lucidissimo e geniale. Ha progettato di realizzare a Chicago una sorta di fotocopiatrice biologica, una clinica per replicare l'uomo, a partire da una cellula. Ha già selezionato quattro coppie di volontari e s'è messo al lavoro.

Un paio di anni, forse tre e tutto sarà finito: l'ennesima sfida della scienza, la più azzardata, sarà così stata vinta.

Prenota un posto per l'eternità, amico mio.

Le ultime strabilianti conquiste della biotecnologia prendono posto sul treno della posterità, sfavillante di luci e colori. II business, in compagnia del millennio, s'infila dietro l'angolo. Ci voleva proprio una scientifica certezza tra tante paure, fantasmi, fanatismi e misteri. Nella sua bianca dimora il capostazione finge di essere corrucciato, ma intanto ha indossato il berretto delle grandi occasioni, quello col soggolo dorato. La paletta segna il verde: quel treno partirà, ci puoi scommettere. Quand'anche il puritanesimo ipocrita di quelle parti dovesse lanciare i soliti, effimeri strali, invece di Chicago si partirà dal Messico. Che differenza fa?

In Europa non ci stanno? Dai tempo al tempo, mettigli sotto il naso il budget, si convinceranno, altroché! Del resto, può darsi che l'uomo clonato ci sia già, da qualche parte, e stia muovendo i suoi primi passi. Il cicaleccio serve ad annusare l'aria, fa lievitare attese e affari. Guai a chiederti: dove va il mondo? Guai a ripetere che faremo una brutta fine. Catastrofismi da menagramo! Ce l'hai con me, signor Faust? Controlla meglio, hai sbagliato Testamento! Magari è colpa del nome biblico, appiccicato, dopo il primo vagito, da una nonna tutta rosario, camomille e pane cotto. Quello dell'Apocalisse si chiamava Giovanni, nobel per la letteratura, un po' futurista, un po' underground. Bella penna, non c'è che dire.

Ecce clone! E via quegli occhi lucidi! Dov'è il sacrilegio, dov'è il peccato? continua a domandarsi ispirato doctor Seed, cristiano metodista, convinto di lavorare in una delle tante aziende della multinazionale celeste. «Finalmente partecipi della potenza del Padre; ad un passo dal segreto della creazione: è o non è un'altra tappa di avvicinamento dell'uomo al suo Dio?». Già, ma quale Dio? Nella grande mela si moltiplicano sette e trionfano tele-religioni paghi due prendi tre. Se sbagli canale e telepredicatore non ti raccapezzi più. Manda un'offerta a tutti, amico mio. Te l'immagini che fregatura essere spedito all'inferno per uno zapping di troppo o, peggio, «per aver sbagliato a scrivere l'indirizzo di Dio su una busta», come usa ripetere l'eccentrico Mr. Bob Hope, dall'altro mondo di Zucconi.

Ecce clone!, dunque! Ultima eccitante frontiera del progresso tecnologico. Non chiedermi come sarà fatto. Uno, nessuno, centomila? Forse che un replicante può avere aspetto diverso dal suo originale? Fotocopie: una sull'altra, quante ne vuoi: basta pagare. E niente paura! È un modo per esserci anche dopo la morte, ammesso che ci capiterà mai di incontrarla. Dopo la scoperta del gene dell'invecchiamento, l'appuntamento è differito di altri vent'anni. No! niente paura! Tanto qualcuno prima o poi glielo dirà a quel bimbo di quattro anni, anche lui (chissà perché?) scozzese come Dolly, che mentre nel laboratorio gli stregoni giocherellavano con la sua provetta, qualcosa non ha funzionato. È nato ermafrodita: a destra il testicolo, a sinistra un ovaio. Alcuni preferiscono il termine «chimera», più romantico, meno impegnativo. Del resto, errori del genere possono verificarsi anche in natura. Eppoi... l'intervento chirurgico è perfettamente riuscito: non facciamone un dramma. Quanta confusione, amico mio! Ermafroditi, chimere, cloni e, soprattutto: l'anima! Non ci dormo la notte con questa storia dell'anima. Quand'è che il Padreterno ce ne consegna una? E il clone, un'anima ce l'ha? E se non ce l'ha e volesse farsi cristiano? Come faresti a distinguerlo dall'originale, a negargli il battesimo, a rifiutargli il perdono?

Domande che s'inseguono, mentre viene la sera. Sull'autostrada piove a dirotto. Al diavolo gli autogrill. Meglio una sosta vera. Esco. Finalmente posso darmi tregua dai tergicristalli e leggere quel rassicurante cartello con la scritta «casello ad elevata automazione». Non ho la viacard e neppure il telepass. Niente paura! «Inserire il biglietto», mi chiede una voce metallica che sembra provenire da remote galassie. Ubbidisco in silenzio e lei prosegue: «Inserire la banconota». Infilo nell'avida fessura un biglietto da cinquanta e, dopo appena tre secondi: «Prendere il resto, arrivederci, grazie».

Non chiedermi che fine ha fatto il casellante, né come sarà il mondo, quando toccherà a te. S'è fatto stretto e difficile il sentiero dell'uomo. Neanche il clone, se pure c'è da qualche parte, o se mai ci sarà, potrà camminarlo a lungo. Presto tutto sarà di metallo.

... Affascinante e triste, come tutti i tramonti, figlio mio. Ma adesso dormi, ti sveglierò all'alba.

 

Beniamino Donnici

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