«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VII - n° 5 - 15 Novembre 1998

 

Vivere con due dollari al giorno

 

 

Il primo governo guidato da un post-comunista è stato messo in cantiere. Le manifestazioni di piazza del popolo di «destra», notoriamente bue, lasceranno spazio e tempo ai ravvedimenti, ai pentimenti, ad una nuova stagione di ammiccamenti ed... inciuci.

Politico di razza questo D'Alema! Quando aveva i calzoni corti era già bravo da meritare addirittura i complimenti di Togliatti. D'accordo! Ma che ci azzecca con la «sinistra» lui e quel suo gabinetto zeppo di tecnocrati, di moderati, di conservatori? A proposito di sinistra, ve n'è tanta, persino troppa in Europa: dall'Inghilterra di Blair, alla Francia di Jospin, alla Germania di Schroeder. Ma quali siano gli obiettivi strategici di quella che già viene battezzata euro-sinistra e che dovrebbe far lievitare una stagione di speranza dopo il fallimento delle politiche neo liberiste, non è dato sapere.

D'altra parte, sempre a proposito di Europa, adesso che la moneta unica è ai nastri di partenza e l'Italia è tra gli undici Paesi che daranno vita al primo conio, tra festeggiamenti, euforie e qualche polemica non ancora sopita, i soliti furbacchioni, mosche cocchiere dei poteri forti, ammanniscono l'evento con teorie sofisticate del tipo: questa fase sarà pure quelle dai banchieri e dei ragionieri, ma poiché l'economia precede sempre la politica, questo è il solo sentiero per giungere all'integrazione politica del vecchio continente: ergo occorre camminarlo. Magari sarà vero, così com'è probabilmente vero che tra qualche mese vacillerà l'egemonia del dollaro, al confronto con valute dietro le quali ci saranno economie ben più robuste e solide di quelle attuali. Ma è davvero questo il problema?

In una lettera al "Corriere" di qualche mese fa, che avevo conservato tra gli appunti al solito disordinati, il signor Giuseppe Pasquini sottolinea come il 20% della popolazione mondiale consumi il 60% degli alimenti, che il 60% della popolazione sia costretta a sopravvivere con un reddito di due dollari al giorno, che ogni minuto il numero dei poveri sale di 50 unità (30 milioni in più ogni anno), che studiosi dell'economia denunciano la consolidata tendenza verso una società con rapporto «20/80»: il 20% potrà ancora lavorare, adattandosi alle profonde trasformazioni ed alla flessibilità di un mercato in continuo divenire, e l'80% sarà escluso; che le Borse valori rispondono con entusiasmo ai piani di licenziamento delle imprese; che quattrocento quarantuno miliardari detengono beni mobili ed immobili per un valore superiore a quello posseduto complessivamente da 2 miliardi di persone. Dati, a ben vedere, generosamente riduttivi, rispetto al quadro d'insieme nel quale si muovono le nostre società consumistiche e le nostre economie globalizzate. Dati che in una affascinante analisi di qualche mese fa Vivianne Forrester ha sistemato con sufficiente rigore per i tipi di "Ponte alle Grazie", facendone la chiave di lettura di prospettive tutt'altro che rassicuranti per i prossimi anni.

È l'Orrore economico: vale davvero la pena di leggerlo.

Da dove origina tutto questo se non dal capitalismo selvaggio, sfrenato ed anarcoide che continua pericolosamente ad avvitarsi su se stesso; che conquista e divora nuovi mercati; che sfrutta milioni di esseri umani; che massacra bambini; che affama; che distrugge risorse; che rade al suolo popoli, identità, differenze, speranze: insensibile ad ogni principio morale, insofferente ad ogni regola?

Che c'è dietro l'angolo di quell'Occidente il quale considera di poter indiscriminatamente disporre delle risorse del pianeta? Samuel P. Hungtington, docente alla Harvard University, nel suo saggio "Lo scontro delle Civiltà e il nuovo ordine mondiale", pubblicato in Italia da Garzanti, non ci vede nulla di buono. Troppi e troppo grandi i problemi di tipo nuovo che si sono affacciati sul proscenio della Storia (tutt'altro che finita) e, contemporaneamente, ben modesta la volontà di affrontarli seriamente, alla radice

Tra questi, la bomba demografica ormai già esplosa. Milioni di persone oggi, miliardi domani che premeranno, si accalcheranno, cercando spazi di libertà e sopravvivenza. Non sarà possibile massacrarli. Arrivano oggi dall'Albania, dal Kosovo, dal Montenegro, dal Kurdistan, dalla Tunisia, dal Marocco.

Domani da ogni dove. Uomini, donne, bambini sbarcano oggi a Bari e Brindisi, a Crotone, ad Agrigento e Lampedusa. Domani in ogni porto, insenatura, baia. Prime avvisaglie di quella grande invasione che secondo una fosca «previsione» dovrebbe verificarsi tra il primo e il secondo decennio del prossimo millennio.

Che fare per evitarla?, per scongiurare la catastrofe?

È persino banale ribadirlo: occorre al più presto costruire un modello di sviluppo più equo, togliere qualcosa a chi continua ad accumulare assai più del superfluo e dare a chi manca del necessario. Cercare e percorrere finalmente una «via» alternativa a quella attuale. Inutile girarci intorno. Non c'è altra soluzione. Ci si può far abbagliare dalla semplicità con cui si accumulano ricchezze, dalle Borse, persino dalla Sisal; dalle tante sirene di un benessere precario: ma, attenzione! il malessere e la miseria, che diventeranno disperazione e, presto, rabbia sono già a due passi da noi, nelle periferie delle nostre metropoli. Impossibile fermarli con le cannonate. Impossibile vivere con due dollari al giorno. Provare, per credere.

 

Beniamino Donnici

Indice