«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VIII - n° 1 - 15 Maggio 1999

 

«Torna Mussolini, torna: ti perdoniamo tutto»

 

 

«Cosa provaste quando io fui bell'e morto, e la vostra dea, la Libertà, smascherata come donnaccia, si vendette per le strade di Spoon River agli insolenti giganti che venivano a popolare le osterie da lontano?»

Edgar Lee Masters, "Antologia di Spoon River"

 

 

Il titolo non è nostro, ma il desiderio -urlato- che erompeva dai petti degli operai in sciopero che in corteo, sfilavano per le vie di La Spezia in una fredda mattinata invernale dei primi Anni Ottanta. Nella loro disperazione, forse, avevano capito che la libertà di un popolo non la si misura dal potere fittizio del voto: un atto che consente di mandare qualche centinaio di cialtroni e buzzurri, in una o più sale, a discutere e legiferare sulla cosa pubblica. E ad agire impunemente. Un migliaio di maschere cerimoniose che rappresentano la mediocrità e l'avvilimento degli italiani. Dio salvi i vigliacchi e i mediocri a codesta specie di tirannia, che ne ha bisogno per giustificarsene. Tutto è morto e quel po' che respira ancora è vile e bestiale. Materialismo e abulia. L'avevano capito, gli operai di La Spezia: la fine di Mussolini è stata la fine delle speranze. Per tutti. E, comunque la si pensi, con i ganci di piazzale Loreto ci siamo proiettati fuori dalla Memoria. La portata storica di Mussolini, la sua figura, fu un fenomeno universale, non un fatto esclusivamente italiano, o destinato a risolvere situazioni italiane. E cominceremo a rialzare la testa solo il giorno in cui, la figura di Mussolini, la rivendicheremo dinanzi a tutti. Per ora, come popolo, sventoliamo la rassegnazione come bandiera. E come nazione, già nazione civilissima, per un paradossale capovolgimento di valori, rischiamo di essere soverchiati e oscurati dalla bestialità d'oltreoceano.

L'uomo vive di origine, di passato. Il futuro vivifica ma non identifica, se non chi sa di essere sè stesso. Meglio la violenza, piuttosto che obbedire ad uno stato fatiscente dove la legge è il libito dei governati. Vivere è reagire. Occorre innestare un processo spirituale, non meccanico e quantitativo. Le leggi di questo Stato ed il pubblico costume, sono i mandatari della pacifica indifferenza. La «sinistra» al potere non rappresenta più la «rivoluzione», semmai essa sia stata desiderata. Infatti, è degenerata in democrazia, in umiliante e pagliaccesco travestimento scenico.

Tocca ancora a coloro che viva hanno la memoria (come agli inizi del secolo), rivendicare e difendere quell'antichissima civiltà depositaria di tutti i valori spirituali contro questa pseudo nuova, falsa, che si vuole imporre irrobustendola di valori materiali. Chi ha memoria, chi ha radici, non può farsi suggestionare da questo tipo di società. Può, eventualmente, farsi interprete di nuove istanze, purchè non siano borghesi nè plebee. Deve aver fede, credere nella possibilità di veder sorgere una nazione nuova che in sè comprenda la misteriosa fusione di tutte le forme e di tutti i valori della nostra gente. Chi ha radici, ha anche una missione da compiere: operare al fine di restituire, al popolo, la coscienza della propria continuità storica. Che non deve sottostare al ridicolo stato di inferiorità nel confronto delle altre nazioni. Gli italiani non possono più rassegnarsi alla continua umiliazione di sentirsi derisi e disprezzati soltanto perchè, le virtù che gli hanno consentito per venti secoli il primato assoluto, non sono virtù «moderne», quindi, contrarie allo spirito «nuovo» dei tempi.

Il dovere -di chi ha memoria- è quello di ribellarsi, non far dipendere la propria esistenza dalle considerazioni sul grado di sviluppo dell'industria, sul possesso delle materie prime, sulla quantità di produzione, sui giochi e sugli equilibri di borsa, di azienda, di mercato, di banca. Per giustificare la ribellione è sufficiente osservare come la nostra cultura, la nostra civiltà, siano costantemente sgretolate dalla fredda e stupida «ragione», dal prepotere del denaro e succubi di quell'impasto di etnie e razze che sono gli USA. Quell'intruglio melmoso in cui si innesta e attecchisce ogni tipo di violenza -da esportare- per distruggere civiltà millenarie.

Ecco spiegato il desiderio di quegli operai di La Spezia: il «mito», sì, ma anche la certezza. Che ci sia, poi, qualche arrampicatore che proprio e grazie al fatto di avere in passato (per la giocondità dei soliti bischeri chè, per loro, c'è un paradiso a parte) inneggiato a Mussolini per accrescere le proprie fortune (economiche soprattutto), ed oggi, quello stesso Mussolini egli intenda irridere, lascia il tempo che trova. Gli italiani dimostrano di avere più intelligenza di lui (e dei soliti bischeri): sanno che quell'abbaruffio di animali che simboleggiano la compagine politica di cui è presidente, si tramuterà -tempo al tempo- in maleolente vermicaio. In parte lo è già.

 

a.c.

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