«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VIII - n° 2 - 31 Luglio 1999

 

Memoria - Archivio

 

Montecassino, cenobio di fede, epicentro di eroismo

 

 

Montecassino subì nel Febbraio 1944 l'astio «alleato» perchè fulcro di civiltà d'Europa.

Allorchè i soldati di Kesserling arrestarono lungo i fiumi Garigliano e Rapido al Monte Santa Croce l'invasione nemica d'Italia, Churchill e Roosevelt non impedirono al generale neozelandese B. C. Freyberg la distruzione inutile della millenaria Abbazia di San Benedetto, patrimonio inestimabile di fede religiosa, di cultura e d'arte.

 

Montecassino, quell'Abbazia d'ugual nome della vetta situata a 519 metri slm che san Benedetto da Norcia fondò nell'anno 529 e che si erge verso il cielo dai rapidi declivi montani snodantisi tra i fiumi Liri, Rapido e Garigliano, con la base a valle solcata dall'antica strada Casilina (già via consolare) conducente dal Campidoglio romano e dal frusinate erpico verso le ubertose terre di Teano e di Capua, quel cenobio che Carlo Magno nell'anno 787 elesse a badia del Sacro Romano Impero per l'autentica osservanza da parte dei frati ivi residenti della Regula monachorum benedettina «Ora et Labora», quel monastero che l'abate Desiderio -facendo costruire e decorare la nuova basilica da esperti artisti bizantini- seppe trasformare nel 1701 in meraviglia d'Europa soprattutto nel confronto con i principali centri intellettuali esistenti sul nostro Continente nel sec. XII (quindi, prevalente sugli altri di St. Victor e di Le Bec in Francia, di St. Hubert, Waulsort e Lobbes in Germania), quella certosa che Napoleone Bonaparte -durante il periodo crescente della sua fortuna quale imperatore dei francesi- visitò nel 1805 e tentò invano di secolarizzare trasformando i monaci del fratello di santa Scolastica in guardiani -con abiti laici- dei tesori di cultura e d'arte lassù raccolti (J. Le Goff, "La Civiltà dell'Occidente medievale", 1969) conobbe e soffrì diversi momenti di tragedia, tra i quali il dramma devastante del 2° conflitto mondiale (1939-45) allorquando, nei mesi successivi alla capitolazione italiana dell'8 settembre 1943, mentre le forze d'invasione anglo-statunitensi condotte dai generali yankee D. D. Eisenhower e M. W. Clark, nonchè dal britannico sir B. L. Montgomery, s'illusero -dopo la non cruenta occupazione della Sicilia, il crollo del regime fascista, la resa incondizionata di casa Savoia e del governo Badoglio al nemico, causa determinante anche la disintegrazione delle FF.AA. regie- di riuscire a conquistare senza difficoltà Roma e l'Italia centrale, poi la valle del Po, per affacciarsi infine sul Terzo Reich dal Brennero e da Tarvisio oppure dai Balcani, sebbene quest'ultimo progetto (tanto auspicato da W. Churchill) non fu recepito, rimase non sentito politicamente da F. D. Roosevelt, in quel tempo parecchio affascinato dalla dialettica operativa di G. Stalin e, contemporaneamente, spronato dalla bramosia di Wall Street di catapultare sull'Impero del Sol Levante e sulla Grande Asia -quella promossa da H. Tojo- l'intera potenza di distruzione degli USA, non tanto per vendicarsi della batosta ricevuta dai nipponici a Pearl Harbour (7.12.1941) bensì per tornare al controllo finanziario dell'economia e dei commerci dell'Estremo Oriente, di ogni bacino asiatico, di tutte le materie prime ivi reperibili.

In merito, proprio W. Churchill -da britannico usitato al criterio inglese d'agire sempre contro il vecchio Continente e come fecero i figli d'Albione dall'epoca di Giulio Cesare a quella di Carlo Magno, di Napoleone, di Bismarck e di Benito Mussolini- nel tomo "La svolta fatale" (vol. IV, pp 241-242 della sua opera "Second World War", 1954) specifica quanta pressione esercitò sul creatore del New Deal, poi leader della Casa Bianca, per attivare nel bacino mediterraneo quel secondo fronte in Europa tanto richiesto dall'URSS, fino ad individuare nell'Italia il «fianco debole» dell'Asse e da colpire senza esitazioni, in particolare dopo che dalla stazione di Heide-Marie (emittente della Wehrmacht in Tunisia) al termine delle battaglie di Kasserine, nel Mareth, di Biserta e di Capo Bon (8-11 maggio) comunicò a Kesserling che le ultime Unità combattenti dell'Africa Korps tedesco guidate da J. von Armin e quelle italiane del gen. G. Messe stavano per essere sopraffatte (250.415 combattenti, dei quali 100.000 italiani), concludendo: «Siamo isolati e circondati. Pronti per saltare. Salutate la Patria. Viva la Germania. Heja Safàri!».

 

Da Salerno martire alla «Linea Gustav»

Indi, con l'operazione Husky (Rugoso), il nemico -sbarcato in Sicilia il 10 luglio, dopo avere sopraffatto senza perdite Lampedusa e Pantelleria- impiegò 39 giorni ad impossessarsi dell'isola di Archimede e di Rosolino Pilo, ma senza realizzare l'ambizioso obiettivo d'annientamento del XIV Corpo d'Armata tedesco del gen. H. V. Hube poichè, dopo il colpo di Stato del 25 luglio e l'imprigionamento contemporaneo di B. Mussolini, in riflesso della crescente disistima dell'OKW (Stato Maggiore della Wehrmacht) verso il governo Badoglio è nei confronti dell'intero Comando Supremo Generale delle FF.AA. regie (parecchio mal pilotato da V. Ambrosio), le truppe e gli armamenti germanici vennero traslocati in Calabria- l'ultimo balzo da Messina si compì il 17 agosto -e quando il 3 settembre la VIIIª Armata inglese prese terra a Reggio Calabria (operazione Bayton) incontrò sul continente i difensori della Xª Armata di H. von Vietinghoff, unità dislocata dalle alture dell'Aspromonte alla chiazza potentina di monte Pagano e fino al castello barese di Federico II, ben decisa ad ostacolare con fermezza il nuovo attacco nemico contro l'Europa mediterranea. In analoga sorte incappò la Vª Armata USA del gen. M. W. Clark quando, nella notte seguente all'8 settembre, dopo l'annuncio di Eisenhower tramite radio Algeri sulla resa incondizionata dell'Italia al nemico, intraprese l'operazione Avalanche (Valanga) nel golfo campano tra la costiera amalfitana, l'antica Paestum e il Cilento, per effettuare con rapidità l'occupazione di Salerno, idonea a realizzare la conquista di Napoli e del suo porto, base di traffico indispensabile agli invasori per garantirsi le forniture sufficienti di riapprovvigionamento complessivo.

Infatti, sulle 332 navi britanniche e sulle 308 unità statunitensi impiegate in tale missione -appoggiata anche da 3127 velivoli da caccia e da bombardamento, col compito di facilitare dal cielo lo sbarco- tutti i nemici diedero fondo alle rispettive riserve di gin e di whiskey «per brindare all'imminente e completa vittoria» (H. Pond, "Salerno!", 1969) senza presagire che, dopo avere martirizzato con le loro artiglierie navali e da campo la città di Salerno ed i centri abitati di Maiori, Vietri, Battipaglia, Persano, Altavilla ecc., coadiuvati in ciò dai bombardamenti e dai mitragliamenti dei velivoli alleati, si scontrarono con le capacità tattiche di A. Kesserling e con la tenacia nel combattimento dei suoi soldati in difesa strategica dell'Europa meridionale, proprio laddove il Feldmaresciallo E. Rommel suggerì di ritirarsi per intraprendere la resistenza più in su dell'Appennino e del Po, mentre la nostra Penisola doveva restare il principale caposaldo politico e militare del Mediterraneo, rafforzato in ciò dalla nascente Repubblica Sociale Italiana e dalle sue Forze Armate, distintesi eroicamente ad Anzio e Nettuno, sulla Linea Gotica, sulle Alpi occidentali, in Venezia Giulia e nella Dalmazia.

 

Cassino divenne un'altra Verdun

Quando le truppe germaniche di Hube, Vietinghoff ed Herr sgomberarono Napoli, Caserta, Benevento e Foggia per assestarsi sull'Appennino, lo stesso W. Churchill suppose che la conquista della capitale italiana fosse imminente, tanto prossima che telegrafò a sir H. Alexander (l'inglese più vicino ad Eisenhower nelle elaborazioni strategiche) per invitarlo -entro la fine dell'ottobre '43- a gustare con lui un cocktail a Roma, tra il Campidoglio e il Tevere, ma l'Organizzazione Todt (struttura tedesca operante a favore della Wehrmacht nell'Europa intera nell'edificazione di fortificazioni e di capisaldi difensivi) stroncò quella speranza perchè, nelle poche settimane successive alla fuga di Badoglio, seppe costruire tra il golfo tirrenico di Gaeta (foci del Volturno e del Garigliano) e sull'estuario adriatico del Sangro (tra San Vito e Vasto) lo sbarramento difensivo, con i trinceramenti Barbara, Reinhard e sul Rapido definiti Linea Gustav nella vastità delle sue articolazioni, su cui infierirono poi le quattro battaglie scatenate dagli invasori tra il 2 dicembre '43 e il 20 maggio '44 per la conquista di Cassino e del monte con l'abbazia di san Benedetto (F. Majdalany, "La battaglia di Cassino", 1976), maturando un'autentica leggenda di sacrifici e il turbine di sentimenti estrinsecati dallo Sturm und Drang (ricchezza di tempesta e di passione) sublimati da F. Schiller e da J. W. Goethe riescono a fare trascendere nell'inno della gloria, reso solennemente melodioso da Richard Wagner nell'Anello del Nibelungo, potenziato nella maggiore interpretazione per la nuova Civiltà -di sangue e di suolo- estasiata da F. Nietzsche per l'autentica aristocrazia morale dell'uomo idoneo a solerti iniziative, quelle con cui Walter Darrè richiamò alla fedeltà nel perfezionamento del ruolo per le genti nell'accrescimento dell'urbanità sociale.

Quindi, le sconvolgenti battaglie di Cassino s'inserirono nella Storia -per capacità di dedizione e per distinzione d'ardimento a beneficio della propria Nazione, di Vaterland per i combattenti di Kesserling, Heidrich, Carnap, Schlegel, Schulenburg e di Heilmann, indomito animatore della resistenza germanica a Rocca Janula, a Onofrio, sul rovescio di Quota 569, al Monte Calvario ecc.- con tale grado d'elezione che si può considerare analogo a quello degli intrepidi delle Termopili (480 a.C., dove Leonida cadde con 300 Spartani per fermare Serse), di Waterloo (1815, quando Cambronne negò la resa agli inglesi col ben noto vocabolo), di Adua (1896, allorchè gli Ascari vennero fatti amputare dal Negus d'una mano e di un piede per la loro dedizione all'Italia), della Marna (1914 e 1918, in cui Joffre e Fayolle -in entrambe le offensive tedesche per conquistare Parigi- bloccarono Moltke e von Boehn), del monte Grappa e del Piave (1918, con l'epopea per il Solstizio e la fine di Baracca) e di Verdun (1916 e 1917, in cui H. P. Pètain salvò la Francia dagli attacchi del Kronprinz) perchè ogni paracadutista, qualsiasi fante, tutti i GebirgsjIiger divennero protagonisti determinanti con quello spirito di giovinezza capace di sorridere anche alla morte per indurla a non avvincerli -almeno in quelle trincee- nel suo abbraccio fatale.

 

… poi l'hostium rabies dirut …

Quando nella Grande Guerra (1914-1918) altrettanto nel 2° conflitto mondiale si riscontrò un'affinità di momenti terribili sulle fronti, simili tra loro: quelli sul Carso e sull'Ortigara -ad esempio- trasmisero con la canzone "Ta-pum, ta-pum" la rievocazione più struggente della lotta in trincea e degli agguati dei «cecchini» (i tiratori scelti), mentre G. A. Shepperd in "La campagna d'Italia, 1943-45" (ed. 1975), D. Graham in "Cassino" (1973), K. Robin in "From Cassino to Trieste" (1957), J. Bielatowiez in "Bitwa o Monte Cassino" (1952) e molti altri hanno descritto come inglesi, statunitensi, francesi, marocchini, polacchi, indiani d'ogni ceto e religione, neozelandesi, sudafricani, australiani, filippini, brasiliani ecc. dovettero ovunque battersi e sacrificarsi parecchio per riuscire ad occupare qualsiasi posizione avversaria dopo lo sbarco a Salerno, ubicazioni difese dalle truppe germaniche con tenacia sorprendente, a volte sostitutrice anche delle carenze d'armamento e di rifornimenti provocate dalla persecuzione dei bombardamenti e mitragliamenti continui delle aviazioni anglo-americane.

In riflesso a ciò, fallirono le battaglie intraprese da Clark nel dicembre 1943 e nel gennaio 1944 per eseguire l'aggiramento dei capisaldi tedeschi sulla fronte di Cassino e nell'Alto Molise (attorno alla Maiella) sir B. Montgomery con I'VIIIª Armata inglese attese con rassegnazione il suo D-Day che il LI Corpo da Montagna germanico (del gen. Feuerstein) e il LXXI Corpo corazzato (gen. Herr) non consentivano di prevedere. Anche l'operazione "Shingle" (Targa) con lo sbarco ad Anzio e Nettuno (22.1.1944) del gen. J. P. Lucas e il suo VI Corpo USA -rinforzato dalla Iª Divisione britannica- non provocò il cedimento della Linea Gustav e costò agli alleati circa 7000 morti e 36.00 feriti. La lunga via per Roma, intrapresa nel luglio 1943 con lo sbarco in Sicilia, anche l'operazione "Shingle" non riuscì a stupire il mondo, come aveva alluso W. Churchill alla sua vigilia (T. R. Fehrenbach, "La battaglia di Anzio", ed. 1968, pag. 18), mentre riuscirono a farlo i primi reparti della Repubblica Sociale (i marò del Btg. Barbarigo, i paracadutisti di Rizzatti, i volontari delle Waffen SS italiane con Degli Oddi) tornati al combattimento per riscattare l'Onore della Patria tradita dai Savoia.

La capacità di combattimento d'ogni Unità operativa tedesca ottiene un'adeguata illustrazione dal loro comandante in Italia, il Feldmaresciallo A. Kesserling, che nell'opera "Soldat bis zum letzten" (Soldato fino all'ultimo) fece comprendere il motivo per cui da sir B. C. Freyberg, capo del Corpo di spedizione neozelandese sulla fronte della Linea Gustav, venne pretesa la distruzione dell'abbazia di Montecassino, sebbene fu sempre provato che mai, sino a quel momento, fu usata come rifugio per le truppe tedesche. Per Freyberg invece il convento di san Benedetto -con la potenza del suo significato morale- rappresentava l'Europa e l'ampiezza della sua cultura in tutte le discipline, specificava quanto ogni esponente del Commonwealth britannico, della City londinese e della Wall Street newyorchese aveva imparato a non amare secondo lo «stile» di Albione e per ciò la mattina del 15 febbraio 1944 ben 142 fortezze volanti «alleate» catapultarono sullo storico cenobio 287 tonnellate di bombe esplosive ed incendiarie, mentre altri 47 velivoli B-25 e ulteriori 40 B-26 sganciarono altre 100 tonnellate di esplosivi ad alto potenziale demolitore. «Hostium rabies diruit» (la rabbia del nemico distrugge) documentarono le Poste della RSI con un'emissione di francobolli inerente i monumenti italiani distrutti dagli anglo-statunitensi, tanto più che poi il gen. sir H. Maitland Wilson nel suo "Report the Combined Chief on the Italian campaign" per il periodo dall'8 gennaio al 10 maggio 1944 con molta impudenza lamentò che dato lo spessore di queste mura (quelle del monastero benedettino) le bombe non le distrussero completamente dall'alto in basso. Già il 17 febbraio (due giorni dopo l'impresa di Freyberg) lo stesso Vaticano ribadì l'inesistenza di prove della presenza di truppe tedesche nell'abbazia e, nel contempo, "L'Osservatore Romano" evidenziò che tale distruzione aveva provocato in tutto il mondo vibrata indignazione.

 

Cassino e il «lied» del buon camerata»

Anche gli uomini del I° Rgrp. Motorizzato del gen. V. Davino impiegati dagli alleati contro la Wehrmacht a Montelungo, le donne di Esperia e dintorni coartate dai Gommiers marocchini del gen. A. Juin appartengono al dramma di Cassino quanto l'opera compiuta dal col. J. Schlegel (Divisione H. Gòring) per condurre in salvo nel territorio vaticano l'intero patrimonio di tesori religiosi, d'arte e di cultura esistente nell'abbazia benedettina, prima della distruzione voluta da Freyberg il 15 febbraio. La missione di Schlegel è stata dettagliata da R. Bòhmer nell'opera "Montecassino" (1964), con la consulenza tecnico-militare di J. V. Borghese, sollecitando la resurrezione della terra di san Benedetto.

Per concludere, è doveroso rammentare che dal Soldatenfriedhof (cimitero militare) di Cassino -da quello ove sono tumulati i resti di 20.047 Caduti germanici della Linea Gustav- s'espande verso gli altri camposanti di tutti gli altri caduti sacrificatisi su questa tremenda fronte, la melodia del «Lied vom guten Kameraden» (Avevo un camerata che migliore non avrò mai...!), quel canto armonizzato da P. F. Silcher nel 1825 in onore di quanti -provvedendo con abnegazione alla tutela della propria Nazione- affrontano anche l'olocausto supremo a fianco di commilitoni autentici, comunque capaci d'eroismo e di valenza civile.

È questa una solidarietà inestinguibile che, come insegnano gli aforismi di J. W. Goethe, nei sacrari di Cassino tutto ciò che è vivente plasma un'atmosfera attorno a sè.

 

Bruno de Padova

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