«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VIII - n° 3 - 30 Settembre 1999

 

Manuale del giovane politicamente corretto

 

 

 

Dal manuale delle Giovani Marmotte al Manuale del Giovane politicamente corretto. Walter Benjamin (uffa!), che è il più inutile testimone del bel pensare di sinistra, apre con un motto accomodante l'agenda "Stilelibero", il diario scolastico fabbricato da Einaudi a uso dei piccoli giovani pionieri di regime. Incapaci di farsi una giovinezza in proprio, i commissari politici dello Struzzo, ripropongono il giovanissimo vecchio da retrobottega esistenziale tipo «amore e rabbia stanno dalla stessa parte della barricata». Il motto è: «Ho fatto un guaio? Non importa», ma trattandosi di guai senza importanza -polluzioni d'adolescenza finto trasandata, non certo i surreali salami di Jacovitti- si capisce da subito che questa ennesima copia della "Smemoranda" (la prima agenda di identificazione ideologica nell'era del postcomunismo compiuto) è un feticcio di rassicurazione giovanilistica. I guai da fare sono: fermare il mondo (uffa!), andare fuori linea (uffa!), fare la rivoluzione (uffa!), inventare la Beat Generation (uffa!), mettere su una band (uffa!), fare un urlo (uffa!), entrare nella rete (uffa!), creare un mostro (uffa!). Infine, sulla scia dei guai, farsi bocciare e fare un figlio. Ci sono le foto intelligenti, le pubblicità intelligenti, le notazioni intelligenti. Intelligentemente tutte le tappe del calendario esistenziale sono ricalcate sulla parodia del tracciato metropolitano di Londra (uffa!). Da un certo punto di vista si può dire che sia un manuale, un corso per diventare radical-chic nel giro di un anno. Non è un semplice diario di scuola, è propriamente un vademecum, un breviario di edificazione governativa. Come stile libero non ha niente di libero, è solo un prodotto di tendenza. E questa agenda non è infatti diretta al discolo, al disadattato antiborghese di paese, al pendolare fuori sede figlio di tutti i congiuntivi sbagliati, ma al bravo ragazzo dei centri sociali, all'integrato cosmopolita del bar Giamaica (uffa!), al figlio di tutti i cioè e delle misure in cui. Questa agenda è in realtà un lapsus rivelatore dell'ossessione pedagogica della sinistra. È una sorta di «libretto di Mao» senza Mao (senza la grandezza di Mao). Un gadget gruppettaro, un calepino dell'elencazione conformista. Infatti, oltre agli ideatori, Emanuele Bevilacqua, Severino Cesari e Paolo Repetti, nella pagina di presentazione ci sono tutti: c'è Roberto Benigni (uffa!), celebrato testimone dell'Italia fintamente trasgressiva e c'è Vincenzo Cerami (uffa!), il vice testimone dell'Italia fintamente trasgressiva. C'è anche Niccolò Ammaniti (uffa!) e Isabella Santacroce (uffissima!), due nomi della società fintamente antagonista, e c'è Aldo Nove (uffa!) che si firma con il numero nove, per fare lo sperimentalista a una cifra. Certo, c'è anche Antonio Albanese (finalmente!), c'è Marco Giusti (finalmente!), ma c'è il solito Umberto Eco (metauffa!), in forma di citazione straordinaria.

E ci sono appunto i giochini delle frasette incrociate. Qualcuna di Gandhi (uffa!), qualcuna di Allen Ginsberg (uffa!), il solito Marx della solita sorpresa: non Karl (magari!) come tutti potrebbero aspettarsi, bensì Groucho (uffa!). C'è in tutte le salse Jack Kerouac (uffissima!), c'è la solita foto pidocchiosa di Woodstock (muffa-uffa!), e quindi la retorica dei tre giorni di pace, amore e musica, su cui il nostro sano pregiudizio non può che addestrare il più crudele divertimento. Avrebbero fatto meglio a chiamare il generale Celentano, già autore dello Zibaldone della Folgore, come consulente editoriale. L'agenda -carina, fighetta- è infatti quanto di più coatto, nel senso della coazione di regime, si possa immaginare. È peggio della "Smemoranda". In tutti i sensi.

 

Pietrangelo Buttafuoco
"il Giornale", 10 settembre 1999

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