«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno VIII - n° 4 - 30 Novembre 1999

 

le interviste impossibili di Benito Brigante

 

Andreotti, in nome del popolo italiano

 

 

 

Di nuovo sugli altari, dopo sette anni vissuti nella polvere con dignità e compostezza, qualità divenute sempre più rare.

Ricordate la sua celeberrima definizione del potere? «Logora chi non ce l'ha». Non trovandolo per niente logorato, anzi ironico e vitale come ai bei tempi, delle due l'una: o quell'affermazione era una bugia, tra le tante, oppure medita di riconquistare il potere perduto.

Dopo l'assoluzione di Perugia, ma soprattutto dopo quella di Palermo «perché il fatto non sussiste», sembra ringiovanito di vent'anni.

Ero in aula il 12 ottobre, quando, prima che il Tribunale si ritirasse per una lunga Camera di consiglio, ha voluto leggere una dichiarazione spontanea. Voce ferma, parole quasi scandite per 36 minuti, 14 cartelle dattiloscritte alle quali ha consegnato l'orgogliosa rivendicazione del suo passato e della sua storia «moralmente integri», definendosi «vittima di un complotto» costruito intorno ad un «fumoso» impianto accusatorio, privo del benché minimo «straccetto di prova». Alle ore 11,15 di quel martedì Andreotti usciva dal Tribunale tra gli applausi dei suoi amici, mentre il Presidente Francesco Ingargiola si chiudeva alle spalle la porta che avrebbe riaperto esattamente undici giorni dopo, alle ore 11,00 di sabato 23 ottobre, per pronunciare la storica sentenza.

 

Perugia, Palermo: presidente Andreotti, quale delle due attese le ha creato più apprensione?

«Francamente quest'ultima. A Perugia l'accusa era più circoscritta ed in un certo senso è stato più facile difendersi. A Palermo invece la situazione era più confusa, i fatti che mi si addebitavano erano vaghi, imprecisi. Devo dire che gli avvocati sono stati eccezionali e i giudici hanno fatto pienamente il loro dovere. È andata bene, sono molto soddisfatto.»

Ha temuto che potesse accadere il contrario?

«Oddio, in cuor mio sapevo di non avere alcuna colpa, ma questo non mi rassicurava del tutto. Quando sono altre persone, sia pure rispettabilissime, a giudicarti non sai mai cosa può accadere. Ho assistito a troppe cose strane in questi anni! Finte rivoluzioni, finti moralizzatori, processi politici, giudizi sommari, procuratori trasformati in soubrette, galantuomini sbattuti in galera. In qualche modo devo ritenermi fortunato per non aver ricevuto peggiore sorte.»

Ma via, si poteva ragionevolmente dubitare che uno come lei fosse il mandante dell'assassinio di un oscuro giornalista? Oppure il vertice della cupola mafiosa? E questa questione del bacio a Riina? La sua segretaria, la mitica signora Enea, raccontava di non averla mai vista baciare neppure suo figlio. Uno come Andreotti che si mette a baciare un boss dietro l'altro! Magari, Presidente, non avrà mai baciato neppure sua moglie?

«Non esageriamo, non avendomi il Padreterno provvisto di labbra posso dare soltanto qualche bacetto, ma ad un uomo non ci ho davvero mai pensato. A un pregiudicato poi!» Ineffabile Giulio! Nel suo studio a Palazzo Giustiniani, tra quadri d'autore e foto d'epoca tra le quali giganteggia quella che lo ritrae, giovanissimo, insieme a De Gasperi, il senatore a vita quasi si confonde con cimeli e oggetti di grande valore, che conserva con cura.

Non si può dire che sciupi energie. Un muscolo per sorriderti appena, un altro per sfiorarti velocemente la mano.

Lo guardo e penso a Cuccia, l'altro grande vecchio d'Italia. Più che fratelli sembrano gemelli. Circondati dallo stesso alone di mistero, il passo felpato, il capo leggermente inclinato su un lato, quasi incassato nel torace («madre natura s'è dimenticata il collo, meglio questa che qualche altra amnesia»), le mani eternamente incrociate dietro la schiena o strette sullo stomaco.

Politica e finanza, trent'anni di storia patria. Tutto il resto quasi da contorno...

«Trent'anni, dice? In verità ho un'anzianità di contribuzione superiore...»

Ha ragione lui, come sempre: sette volte presidente del Consiglio, ministro o vice ministro in una trentina di governi, protagonista indiscusso di quasi mezzo secolo della politica italiana ed internazionale.

Mezzo secolo circa di potere e sospetti, gloria conquistata sul proscenio e fango impastato dietro le quinte. Rispettato e benedetto dai Papi, disegnato dai vignettisti nelle sembianze di Belzebù.

Mezzo secolo! Sempre scandito da ritmi immutabili: la messa alle 8 del mattino, alle 9 già in ufficio, alle 13,30 pranzo a casa, alle 15,30 di nuovo in ufficio.

«In effetti, -sussurra- qualche anno fa avevo ritmi più intensi e pasti meno regolari. Come vede devo ringraziare le Procure per aver messo un po' di ordine nelle mie giornate.»

Ci crede nella giustizia?

«Ci ho sempre creduto e questo mi ha aiutato molto. Credo soprattutto in quella divina, gli uomini possono anche sbagliare. In questo caso non lo hanno fatto e sono contento Sono stati davvero bravi i magistrati giudicanti. Certo, se i loro colleghi inquirenti si fossero arresi prima alla verità mi avrebbero risparmiato qualche anno di inquietudine ...»

E se l'avessero condannata ci crederebbe allo stesso modo? E cosa avrebbe fatto?

«Ci avrei ancora creduto ed avrei fatto appello»

Tornerà in politica?

«Credo di non esserne mai stato fuori»

Comunque sono stati sei anni perduti, sei anni nell'ombra...

«Nella penombra direi. Comunque bisogna saper affrontare ogni prova, soprattutto quelle più difficili. Io, poi, non ho paura delle ombre e dei fantasmi, altrimenti non potrei dirmi cristiano. In quanto agli anni, speriamo che mi vengano risarciti dal Padreterno con una proroga di presenza terrena ...»

Dopo le assoluzioni sembrano tornati i fasti del tempo che fu, giornali, televisioni, interviste esclusive, applausi nei congressi. Al meeting di CL l'hanno portata in trionfo...

«Ma quelli sono ragazzi che mi vogliono bene, mi conoscono da tempo e di me si fidano.»

Che pensa della situazione politica italiana?

(Ci riflette un attimo, consapevole che la sua riabilitazione finirà necessariamente per influenzarla.) «La politica italiana? È ancora molto confusa... tutto cambia e tutto torna come prima... ma il gattopardo non sono io. Questo è oramai certificato da due Tribunali, in nome del popolo italiano»

Il governo è fragile, ce la farà a completare il suo mandato?

«Nonostante le apparenze ritengo di sì. Anche perché nessuno ha interesse a far precipitare le cose. Gli oppositori interni hanno bisogno di tempo per superare litigiosità e smanie di protagonismo. In quanto a Berlusconi credo che tragga vantaggi dall'attesa»

Che opinione ha dell'attuale Presidente del consiglio?

«Mi hanno chiesto a Rimini se fosse un cavallo di razza. Ho risposto che non amo paragonare i politici agli animali. Vedremo se si dimostrerà un bipede di razza. D'Alema è bravo, anche troppo, come ha detto il Presidente del senato, ma non potrà durare a lungo. Ormai i ritmi della storia e della politica sono più accelerati, tre anni, forse cinque, non ci sono più lunghe stagioni come le nostre»

Non sarà che mancano i leader di una volta?

«No, no, eravamo persone normali, forse più temprate dagli avvenimenti di allora. C'era un diverso senso dello Stato e la politica era sì spietata come oggi, ma appassionava di più. C'erano ancora le ideologie, i valori le appartenenze. Quindi, volere o volare, un briciolo di coerenza occorreva conservarlo»

Anche durante l'epoca del CAF c'erano passioni o si facevano soltanto affari?

«Si è detto peste e corna di me, di Craxi, di Forlani. Se mi permette non vorrei parlare di questo. Vede, dottor Brigante, i giudizi della cronaca sono sempre superficiali, influenzati dalle circostanze e, qualche volta, dalle convenienze. Ci sono poi quelli della storia. Tardano a venire, ma spesso rendono giustizia dei torti subiti»

Crede che a Perugia e Palermo si sia tentato di processare insieme con lei la DC e la prima repubblica?

«Per la nostra Costituzione le responsabilità penali sono individuali. I miei avvocati hanno difeso soltanto me dalle accuse ed, infatti, sono stato io a pagare le loro parcelle»

Ma non può negare che...

(Con un pizzico di vanità subito affogata nell'eterna ironia) «Certo è innegabile che vi siano uomini e vicende che si intrecciano con la politica e con la storia di un'epoca, di un Paese»

(Una pausa, una smorfia impercettibile lontana parente di un sorriso) «Dottor Brigante, lei mi sta comunicando la buona notizia che ben due Tribunali italiani avrebbero assolto la DC e la Prima Repubblica? Come esponente di entrambe non posso che rallegrarmi»

(Rido anch'io, di gusto) Presidente, che influenza hanno avuto gli USA nelle vicende della politica italiana, da Mario Chiesa in poi?

«Non saprei... oddio, l'America ha sempre influenzato la politica italiana... è il nostro principale alleato, come potrebbe essere diversamente?»

Lei non era molto amato da quelle parti.

«lo non ho mai avuto questa impressione. Non che ci andassi spessissimo, come usa fare oggi, ma ho sempre avuto dei buoni rapporti. Certo questo non mi ha impedito di esercitare un ruolo autonomo in molte occasioni soprattutto nello scenario mediterraneo e nordafricano, ma se mi permette io di questo sono orgoglioso»

Senatore, è pronto per ridiscendere in campo?

«Queste cose le lasci fare all'on. Berlusconi ed ai tanti autorevoli personaggi che si cimentano per la prima volta con l'arte della politica. lo sono vecchio, anche un po' stanco...»

Farà l'allenatore?

(Ride, mi saluta con grande cortesia) «Brigante, gli allenatori hanno vita così breve, ed io qualche annetto ancora me lo farei...»

 

B.B.

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