«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

da "Rinascita", Mercoledì 25 settembre 2002

 

Ricordo di un eretico. Fu il promotore di “Tabularasa”

Antonio Carli, una voce libera

 

Sono passati già oltre due anni dalla morte di Antonio Carli, eppure la ferita lasciata nel campo delle «voci libere» non sembra rimarginarsi; circondati come siamo da un mare di conformismo e di tacita sottomissione.

In un mondo dell'informazione sotto completa tutela atlantica, dove vorrebbero farci credere, in spregio ad ogni più elementare forma di decenza umana, chela guerra all'Iraq sarà inevitabile perché Bagdad non rispetta le risoluzioni ONU, ossia in base ad un principio che se davvero fosse mai stato applicato avrebbe già comportato la completa distruzione d'Israele e dei tre quarti del territorio americano, una figura come quella di Antonio Carli spicca per l'enorme caratura morale e le qualità umane che distinguono un uomo libero da un gregge addomesticato.

Nato a Smirne il 18 Aprile 1933, non ancora a adolescente falsificò i documenti per partecipare all'epopea della Repubblica Sociale Italiana; milita a lungo nel MSI senza ricoprirne mai, tuttavia, cariche ufficiali, uscendo definitivamente, al tempo della guerra del Golfo, per intraprendere l'avventura di direttore della rivista antagonista "TabulaRasa", già "Eco della Versilia". Quest'ultima testata era stata fondata, infatti, negli anni '80 da Bebbe Niccolai, l'indimenticabile leader della sinistra interna del Movimento Sociale Italiano, di cui Antonio Carli è stato, senza dubbio, erede sia nel campo politico che in quello editoriale. Entrambi toscani; hanno attinto da questa straordinaria terra non solo il sottile umorismo e la sincera schiettezza, ma anche le linee essenziali di quel fascismo­rosso, rivoluzionario, a tratti anarchico, che ha caratterizzato con incredibile coerenza tutta la loro militate politica, facendone due delle intelligenze più vive e originali nel generale clima di subalternità e servilismo che ha caratterizzato oltre cinquant'anni di repubblica democratica.

Un eretico autentico, dunque, lungo quella linea di pensiero che partendo dalle prime forme di socialismo nazionale di un Pisacane e di un Garibaldi, passando attraverso il sindacalismo rivoluzionario e nazionale di Sorel e Corridori, si afferma dapprima nel fascismo sansepolcrista, di tendenze marcatamente repubblicane ed anticlericali, quindi trova il sua definitivo compimento nel crepuscolo eroico e rivoluzionario della Repubblica Sociale Italiana, segnato dal sacrificio di personaggi del calibro di un Nicola Bambocci, tra i fondatori del partito comunista d'Italia e pronto a morire accanto al duce del fascismo al grida di «Viva il socialismo!».

Carli apparteneva insomma a questa schiera di romantici sognatori che, pur avendo rappresentato sempre posizioni di minoranza, avevano capito più e prima degli altri che solo dall'incontro delle esigenze di giustizia sociale con i valori spirituali propri di ogni stirpe e di ogni tradizione, sarebbero potute venire le risposte a quella crisi di civiltà che attanaglia, senza capacità di reazione, il nostro mondo.

Una posizione che egli stesso così definiva dieci anni fa su “l'Eco della Versilia”: «In un mondo di savi dove i più sono corrotti, dove le briciole saziano lo stomaco, dove niente ha più sapore, dove più nessuno guarda alle stelle in cielo e ai fiori sulla terra, dove non viene più accarezzata la testa di un fanciullo, dove il riso delle donne è scomposto ululio, dove le chiese non sono luoghi di preghiera ma d'incontro per precedere l'aperitivo al bar, dove l'amore è soltanto concepito come sesso, dove il quarantenne si preoccupa dei contributi pensionistici, ebbene, noi siamo pazzi».

Forse è proprio così, forse chi, come Antonio Carli o come noi cerca quotidianamente di scalare le alte cime del conformismo, degli steccati ideologici, cercando di unire ciò che il sistema ha deciso debba essere radicalmente diviso e in contrapposizione, magari elaborando nuove sintesi fuori dagli ottocenteschi confini tra destra e sinistra, è un pazzo o al più un innocuo visionario; eppure sono convinto che quei sognatori abbiano visto giusto e che se solo la loro voce fosse stata più ascoltata, facendo di quelle piccale avanguardie il cuore di un grande progetto di liberazione, tanto sangue innocente non sarebbe stato sparso e probabilmente vivremmo tutti in un Paese migliore. Tuttavia è destino degli uomini liberi continuare in silenzio la propria battaglia, senza piangersi addosso, armati di quella pungente ironia che Antonio Carli ha saputo adoperare come pochi; di seguito proponiamo, infatti, il manifesto della sua "Tabularasa", che, probabilmente, riesce a descriverci meglio di quanto possa fare qualsiasi documento programmatico o qualsiasi analista politico, semplicemente perché, come lui, siamo voci libere:

«Noi, Tabularasa, quelli che... un calcio in culo al sistema. Questo è il luogo sacro dell'anticonformismo ideoantroposociopsicologico; il paradiso dei rompiscatole, del politicamente scorretto. Di quelli che non ci stanno; che non credono alla destra o alla sinistra e non sognano neppure il grande centro. Quelli che al sistema preferiscono le due colonne. Quelli che detestano l'America e Dio stramaledica gli Inglesi. Quelli che la tribù è molto meglio del villaggio globale. Quelli che sognano un nuovo disordine mondiale. Quelli che vaffanculo la coca cola e l'hot dog. Quelli che le Borse ce l'hanno sotto gli occhi per l'insonnia e il Pensiero Unico è un nuovo modello di dichiarazione dei redditi e perciò evadono le tasse. Quelli che al diavolo Eurolandia. Quelli che il TUS è un pericolosissimo retrovirus custodito nelle banche centrali e ci vorrebbe un vaccino. Quelli che l'Occidente è un punto cardinale e il Mediterraneo non solo mare. Quelli, infine, che il gendarme planetario lo impalerebbero alla statua della libertà. Si, questo è il sito degli antagonisti, degli antiborghesi, dei non-moderati, degli antiliberisti, degli anarcofascisti, dei camercompagni, del rosso e del nero di origine controllata, degli estremisti del terzo sentiero, dei militanti del cazzimperio. Non c'è bisogno di carte di credito. Frequentaci e te ne pentirai».

In ricordo di Antonio Carli, uno di noi!

Francesco Di Lorenzi