«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

 

da "Linea", Martedì 11 aprile 2000

 

Ricordo di un eretico:

Antonio Carli: un esempio di coerenza

 

Chi di noi non ha percepito in "Tabula Rasa" lo specchio di una nostra cattiva coscienza? Lo spirito critico a tutti i costi di Antonio Carli, a volte è stato fuori luogo, a volte fuori tempo, ma sempre, almeno per me, è stato motivo di verifica e di riflessione.

Nicola Silvestri

 

Chi era Antonio Carli? 50 chili scarsi di corpo e tonnellate di critica. Se Cantimori vivesse e potesse di nuovo estendere "Gli eretici", forse il Carli ne sarebbe personaggio rilevante, anche se uomo di 400 anni dopo. Perché questo addebito o questo complimento (dipende dal punto di vista) di praticante di «eresia»? Perché Antonio era di fede cristallina, pura, intransigente, proiettata nello Stato etico corporativo, e allo stesso tempo non credente, anzi terribilmente ateo verso gli uomini, e soprattutto verso coloro che, tanto nel passato regime fascista che nell'attualità, proclamavano e proclamano il «credere» in tale Stato, e poi lo negavano e lo negano con comportamenti di complicità, ai tempi del clericalismo, del conservatorismo e del grande capitale industriale e agrario, e oggi con il «sistema democratico». Il Carli era credente praticante del fascismo di battaglia, del fascismo politicamente rivoluzionario, del fascismo visto come sintesi completa di tutte le forze costruttive della collettività nazionale, e conseguentemente corporativo e proiettato nell'ambito Europeo.

Il Carli ben sapeva e faceva sapere che lo spirito corporativo rivoluzionario nasce come il dovuto antidoto alle democrazie liberali già putrescenti nel primo Novecento.

Ma il Carli ben sapeva e faceva sapere che il tragitto dello «spirito corporativo» non doveva accettare compromessi o limitazioni; e ben diceva e ben osservava, in riferimento al «concordato» con il conservatorismo, con la mistificazione della pax cristiana, e alla legge istitutiva del Corporativismo del 1934 che fu delusione grande di Spirito, di Bottai stesso, e in parte anche di Gentile e del Suo attualismo, e di tanti altri.

Ebbene, Antonio, così come pensava per i compromessi del passato, forse determinati per il completamento della rivoluzione fascista, procurato proprio da fascisti, e cioè degli uomini, dimostrando così la Sua eresia come sopra specificata, ancora pensava oggi di fronte ai compromessi attuali che altro non sono che elemosine di legittimazione dal sistema democratico e pertanto implicita accettazione. Si potrebbe obiettare che la cultura dell'utopia non può concretizzarsi in una pratica politica conseguente all'antico spirito; è vero, ma è anche vero che la cultura dell'utopia così come tutta la cultura, e ancor più la storia della cultura, sono i luoghi più idonei per comprendere i significati e le figure, in questo caso della nostra utopia. Pertanto ben vengano la cultura politica e la conseguente critica del Carli nella Sua "Tabula Rasa".

Poi è ovvio che se scrivi dalla attuale massificazione della cultura, o anticultura che sia, materializzata e volgarizzata ad «usurn delphini» negli spot, negli slogan, nei pullman, addirittura nelle navi, potremo scegliere strategie pratiche e attuabili, ma con la corazza della immunità che può provenire solo dalla perfetta conoscenza del nostro essere, se è veramente nostro essere. In sintesi, attraverso le feroci critiche di Antonio, verifichiamo in noi stessi la coerenza all'idea, che almeno per me, ora, prima, e sempre rimane lo Stato etico corporativo, morale e non moralistico, nel passato antidoto alle liberaldemocrazie già putrescenti, oggi obbligatorio ed unico antidoto alle democrazie sinistro-capitalistiche-globalizzanti.

Pertanto, grazie Antonio Carli, per avermi fatto pensare, riflettere, per avermi indicato la strada della ricerca introspettiva, per avermi fatto capire, infine, che, anche se non degno, sono nel giusto nel credere all'Idea; e soprattutto per avermi insegnato che l'eresia verso gli uomini da poco che deturpano il loro credere nella stessa nostra idea con i loro compromessi, è l'arma più forte per rimanere coerenti all'Idea e a noi stessi.

 

Nicola Silvestri